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Soffre ma resiste bene la piazza finanziaria ticinese

Lugano: i recenti scandali non sembrano turbare troppo l'immagine della piazza finanziaria. picswiss.ch

I recenti scandali che hanno coinvolto note personalità non sembrano avere scalfito l'immagine della piazza finanziaria ticinese.

La crisi attuale deriva dalle difficoltà comuni a tutti i mercati mondiali e in parte allo scudo fiscale italiano.

Da diversi mesi la Svizzera italiana è scossa da arresti eccellenti di dirigenti sportivi, avvocati, operatori finanziari, politici, funzionari pubblici. Tra le varie accuse: corruzione, malversazione, bancarotta e fallimenti fraudolenti.

Alcuni casi: un dirigente sportivo, Helios Jermini, si è suicidato nel 2002, dopo aver rubato milioni di franchi a suoi clienti, tra cui diversi italiani, per mantenere a improbabili livelli europei il Lugano Calcio.

Stesso sistema di finanziamento del Lugano Basket, ossia con soldi rubati, da parte di un noto avvocato. Recente anche l’accusa di tentato assassinio a carico di un controverso politico, appena rieletto nel parlamento ticinese. Infine, un noto avvocato sospettato di essere stato “il cassiere” di Saddam.

Quale immagine?

Quali le ricadute negative sulla piazza finanziaria della Svizzera italiana, terza per importanza nel Paese?

“Non eccessive”, risponde Franco Citterio, direttore dell’Associazione bancaria ticinese. “Gli attuali problemi della piazza ticinese non sono imputabili agli scandali.”

La crisi, secondo Citterio, è comune a tutti i mercati mondiali, che soffrono da almeno 3 anni.

“In generale”, afferma Citterio a swissinfo, “da un punto di vista bancario e fiduciario nella Svizzera italiana c’è un’ottima professionalità. Le banche ticinesi lavorano bene; utili e risultati 2002 sono positivi.”

Un’immagine sostanzialmente positiva, quindi. “Gli scandali non ci fanno bene ma si tratta di casi isolati.”

Echi fuori dal Cantone

Anche fuori dal Ticino, “questi scandali non fanno certo bene”, conferma a swissinfo Lino Terlizzi, responsabile del TG Economia della TSI, la televisione della Svizzera italiana e corrispondente de “Il Sole-24 ore” per la Svizzera.

“Tuttavia proprio perché il volume di affari tra il mercato italiano e la piazza finanziaria ticinese è rilevante, questi episodi fortunatamente – a mio parere – non hanno cambiato il giudizio di fondo positivo che da parte italiana si ha della piazza finanziaria ticinese.”

E questo grazie alla professionalità e alla capacità di operare sui mercati internazionali.

“Su questo ultimo punto insisto”, prosegue Terlizzi, “perché uno dei motivi per cui dall’Italia si guarda alla piazza finanziaria svizzera e a quella ticinese in particolare, è proprio la capacità di operare sui mercati mondiali.”

Lo scandalo non ci tocca

“Questi scandali in Italia sono visti semplicemente come problemi interni, ininfluenti sugli affari col Ticino”, afferma a swissinfo Ettore Pietrabissa, già Vice direttore generale dell’Associazione bancaria italiana ed ora presidente della società di consulenza strategica Venture Consulting.

Il problema della piazza finanziaria ticinese è piuttosto quello di non essere più in grado di attirare capitali come una volta. “Perché oggi l’evoluzione della legislazione non permette più di considerare la Svizzera come classico rifugio per ogni tipo di capitale estero.”

In più, molti istituti di credito italiani stanno aprendo filiali in Svizzera a completamento dei propri servizi. Quindi “se la piazza finanziaria ticinese vuole restare in piedi, deve riqualificarsi.”

Capitali in fuga ma non troppo

Più che gli scandali, sulla crisi della piazza finanziaria ticinese può pesare lo scudo fiscale italiano (ora siamo al bis) ideato dal Governo Berlusconi per riportare alla luce capitali italiani nascosti all’estero.

Tuttavia, spiega Lino Terlizzi, “le previsioni iniziali italiane indicavano masse di patrimoni in uscita dal Ticino ben più rilevanti di quelle poi registrate.”

Secondo l’Ufficio italiano cambi, durante il primo scudo fiscale – novembre 2001, giugno 2002 – sono riemersi 55 miliardi di euro. Si tratta di capitali rimpatriati in Italia dall’estero e di capitali regolarizzati, ossia dichiarati e però lasciati nelle casseforti all’estero. Il 58% dei capitali riemersi, ossia 31 miliardi di euro, era in Svizzera.

“Faccio notare che una parte non piccola di questi patrimoni tornati in Italia è andata in gestione a filiali di banche svizzere e ticinesi, come Banca della Svizzera italiana e Banca del Gottardo.”

Ma quanto incide sul Ticino lo scudo? “Su 31 miliardi di euro riemersi in Svizzera, 20 erano in Ticino.” Se si pensa che la somma totale dei capitali italiani gestiti in Ticino – non ci sono ovviamente cifre ufficiali – è stimata in 200 miliardi di euro, allora si può facilmente dedurre che la Svizzera italiana non ha perso la gestione di grandi somme.

Scandali, crisi di immagine e scudi fiscali? In definitiva il problema è circoscritto. Anche se alla piazza finanziaria della Svizzera italiana conviene mantenere alta e ben chiara la qualità dei servizi bancari e di gestione patrimoniale.

swissinfo, Maddalena Guareschi, Lugano

La piazza finanziaria ticinese, in periodo di stanca, è stata colpita da una serie di scandali.

Restano tuttavia positivamente determinanti decenni di serio lavoro di banche, società finanziarie e professionisti della finanza, che hanno guadagnato fiducia a livello nazionale e internazionale, in particolare sul mercato italiano.

Questa professionalità sta contenendo anche le ricadute dello scudo fiscale italiano.

Il primo scudo fiscale ha fatto riemergere 55 miliardi di euro
31 miliardi si trovavano in Svizzera
20 miliardi sono riemersi in Ticino
Parte è rimasta in Ticino, parte è gestita in Italia da banche svizzere

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