Carenza di alloggi: quali misure funzionano e quali no
Quando lo spazio abitativo scarseggia e i prezzi esplodono, si invoca l’intervento dello Stato. Ma quali misure sono davvero efficaci? Sette esempi, da Basilea a Singapore.
Lo scorso dicembre, dieci metropoli europee hanno lanciato l’allarme: in una lettera aperta, hanno esortato l’UE a fare della crisi abitativa una priorità.
La Commissione europea ha risposto promettendo l’elaborazione di un piano per alloggi a prezzi accessibili e ha nominato un commissario europeo per le questioni abitative.
Ciò che si riflette su larga scala è quello che la città di Zurigo sta vivendo su scala ridotta: la metropoli economica svizzera ha già nominato lo scorso anno un “delegato per l’alloggio”. Il suo compito è gestire la crisi in una città in cui attualmente solo lo 0,07% di tutti gli appartamenti è sfitto.
Gli esempi dimostrano che la politica è consapevole del problema. La grande domanda è: conosce anche la soluzione? Non tutti gli interventi sul mercato immobiliare, infatti, si rivelano efficaci. Sette esempi e cosa possiamo imparare da essi.
Basilea: rischi ed effetti collaterali del controllo degli affitti
A Basilea, una commissione per la protezione degli alloggi stabilisce l’importo massimo degli affitti in seguito a ristrutturazioni, aumenti o nuove costruzioni sostitutive. È quanto ha deciso la popolazione locale, che nel 2021 ha approvato un’apposita iniziativa popolare.
Il controllo statale mira a porre fine alla pratica di aumentare drasticamente gli affitti, ad esempio dopo interventi di rinnovamento. Tuttavia, la misura non è priva di effetti collaterali: prospettive di rendimento più basse sembrano aver scoraggiato gli investitori.
Come ha evidenziato un’analisi della società di consulenza Wüest PartnerCollegamento esterno, le richieste di nuove costruzioni e ampliamenti a Basilea sono diminuite sensibilmente dopo la votazione, in controtendenza rispetto a città svizzere comparabili.
Che i tetti agli affitti possano frenare l’attività edilizia e di ristrutturazione non è una novità. Esempi recenti provengono anche da Parigi e Berlino.
A Berlino, il limite agli affitti ha spinto molti proprietari a vendere gli appartamenti in affitto come abitazioni di proprietà, prima che la Corte costituzionale federale annullasse la regolamentazione. Nella capitale francese, invece, si è sviluppato un mercato nero di appartamenti affittati in modo informale.
Barcellona: misteriosi appartamenti sfitti nel sud Europa
Nelle località turistiche come Barcellona, il dibattito sull’impatto degli appartamenti per vacanze sugli affitti è acceso. Tuttavia, si tende a dimenticare che un numero significativamente maggiore di abitazioni è sottratto al mercato a causa degli appartamenti sfitti.
A lamentarsene è anche Airbnb, spesso al centro delle critiche, che cita dati dell’Ufficio statistico spagnolo secondo cui “il numero di appartamenti sfitti a Barcellona è quasi otto volte superiore al numero di licenze per appartamenti turistici”.
Il fenomeno non riguarda solo Barcellona: anche a Lisbona, Parigi e Atene, il numero di appartamenti sfitti supera di gran lunga quello degli alloggi destinati alle vacanze.
Le cause sono molteplici. In alcuni casi manca il denaro necessario per la manutenzione. In altri, dietro ci sono eredità condivise tra più persone che non hanno ancora trovato un accordo sulla divisione o sull’utilizzo dell’immobile.
Anche la regolamentazione gioca un ruolo importante. In un articolo della HandelszeitungCollegamento esterno, Juan Velayos, docente presso la IE Business School di Madrid, individua una causa rilevante nella nuova legge spagnola sugli alloggi, che garantisce a inquilini e inquiline contratti di affitto validi per almeno cinque anni.
“Chi possiede un appartamento che i figli intendono utilizzare per gli studi tra tre anni, non può affittarlo nel frattempo. È assurdo”, afferma Velayos.
Vienna: il segreto della città modello europea
A Vienna, gli affitti medi sono pari a un terzo di quelli di Londra, Parigi o Dublino. È quanto emerge da un rapportoCollegamento esterno pubblicato nel 2024 dalla società di consulenza Deloitte, che conferma la reputazione della capitale austriaca come enfant prodige della politica abitativa europea.
La principale ragione di questa posizione privilegiata risiede nell’edilizia pubblica e sovvenzionata. A Vienna, oltre la metà della popolazione vive in appartamenti comunali o cooperativi, sottratti alle logiche del libero mercato.
Questo è stato possibile grazie a una politica fondiaria lungimirante. Dopo la fine della monarchia asburgica nel 1918, molti ex beni imperiali passarono alla Repubblica e, in parte, anche alla città di Vienna.
A differenza di molte altre città, Vienna non ha successivamente privatizzato i propri terreni. Al contrario: grazie a diritti di prelazione e a un fondo fondiario istituito negli anni Ottanta, la città ha ampliato sistematicamente il proprio patrimonio immobiliare.
Tuttavia, il modello viennese non è esente da critiche. Circa il 40% degli appartamenti sul mercato privato è soggetto a una spirale dei prezzi simile a quella osservata in altre città europee.
Singapore: dove un appartamento di proprietà è la norma
Il mercato immobiliare di Singapore rappresenta un’eccezione a livello globale. Nella città-Stato del sud-est asiatico, oltre il 70% degli immobili è costituito da appartamenti di proprietà costruiti nell’ambito del “Programma abitativo”. Secondo i dati ufficiali, più dell’80% della popolazione vive in queste abitazioni.
Di fatto, si tratta di una nazionalizzazione su vasta scala dell’edilizia residenziale, gestita dall’Housing Development BoardCollegamento esterno. Questa politica è stata resa possibile da ampie acquisizioni di terreni avviate negli anni Sessanta, che hanno incluso anche espropri e acquisti al di sotto del valore di mercato.
A Singapore, lo Stato mantiene il controllo del suolo in modo permanente, poiché – a rigor di termini – gli appartamenti vengono concessi in affitto alla popolazione per una durata di 99 anni.
I critici del modello di Singapore accusano lo Stato di utilizzare l’edilizia abitativa per fini politici, in particolare per promuovere la propria politica familiare. Le giovani coppie eterosessuali sposate, ad esempio, godono di trattamenti preferenziali nel processo di assegnazione degli appartamenti.
Viene criticato anche il crescente commercio di questi immobili, nonostante le restrizioni vigenti. Le abitazioni situate in zone centrali e molto richieste risultano costose sul mercato secondario e spesso inaccessibili per le giovani generazioni.
Tokyo: densificazione e liberalizzazione
Fin dagli anni Sessanta, Tokyo ha adottato una politica di forte densificazione per rispondere alla crescente domanda di alloggi. A tal fine, le norme edilizie sono state più volte allentate e sono stati ridefiniti i limiti massimi di altezza per le costruzioni.
Un passaggio normativo cruciale è rappresentato dalla legge del 2002 per la promozione della ricostruzione di appartamenti di proprietà. Essa ha ridotto la quota minima di proprietari necessaria per approvare la demolizione e la ricostruzione di edifici, consentendo al contempo una maggiore densità edilizia nelle nuove costruzioni sostitutive.
La durata media degli edifici a Tokyo è relativamente bassa nel confronto internazionale. Uno studio pubblicato all’inizio dell’anno dalla società immobiliare Housing JapanCollegamento esterno la stima in 47 anni per le costruzioni in cemento armato e in appena 21 anni per quelle con struttura in legno.
Grazie alla densificazione, Tokyo è riuscita negli ultimi decenni a gestire una crescita demografica massiccia, affidandosi in larga parte al mercato privato. L’edilizia sociale o di pubblica utilità è presente solo in misura limitata. Tuttavia, di recente, i prezzi degli immobili e gli affitti nelle zone centrali sono aumentati sensibilmente.
Monaco di Baviera: un sistema modulare per il recupero del plusvalore
La riclassificazione dei terreni edificabili e la possibilità di costruire in altezza generano notevoli plusvalori. In molti Paesi, è prassi consolidata destinare parte di questi guadagni alla copertura dei costi per l’ampliamento delle infrastrutture pubbliche, come scuole e trasporti.
A questo meccanismo di recupero del plusvalore si aggiunge spesso una quota obbligatoria di alloggi di pubblica utilità. In Svizzera, ad esempio, una regolamentazione simile è in vigore nella città di Berna. Negli Stati Uniti, città come New York, Boston e Washington D.C. applicano politiche di “Inclusionary Zoning” o “Inclusionary Housing”.
Particolarmente interessante è l’approccio adottato da Monaco di Baviera, città alle prese con una grave carenza di alloggi. Nel 2021, l’amministrazione ha ampliato e reso più flessibile il proprio strumento di intervento: il cosiddetto “Uso socialmente equo del suolo”, noto con l’acronimo SoBoN.
Il nuovo modello si basa su un sistema modulare che offre agli investitori diverse opzioni, lasciando loro una certa libertà di scelta. In questo modo, la città cerca di bilanciare gli interessi pubblici con quelli privati, incentivando la costruzione di alloggi accessibili senza scoraggiare lo sviluppo edilizio.
Vancouver: il Canada scopre tardi il divieto di acquisto per stranieri
Per anni, Vancouver ha assistito a un afflusso crescente di capitali stranieri nel mercato immobiliare locale. Investitori, soprattutto dalla Cina e dal Medio Oriente, hanno acquistato immobili in posizioni centrali, spesso come puro investimento. Molti di questi appartamenti sono rimasti vuoti, mentre per la classe media l’accesso alla proprietà è diventato sempre più difficile.
Circa dieci anni fa, le critiche sono diventate così forti che la città non ha più potuto ignorarle. Nel 2016, Vancouver ha introdotto una tassa per gli acquirenti stranieriCollegamento esterno, seguita da un’imposta sugli appartamenti sfitti.
Nel 2023, anche il Governo federale canadese è intervenuto, introducendo un Foreign Buyer Ban, un divieto di acquisto per stranieri, valido su tutto il territorio nazionale, seppur con alcune eccezioni.
La Svizzera, con la Lex Koller, applica una misura simile già dal 1985 e può essere considerata un esempio dell’efficacia di questo tipo di regolamentazione. È vero che anche nei centri urbani elvetici la carenza di alloggi è marcata. Tuttavia, rispetto a città come Londra – dove in quartieri come Kensington si registrano numerosi appartamenti sfitti – a Zurigo o Ginevra il fenomeno degli appartamenti “freddi” è molto più contenuto.
Cosa si può imparare dagli esempi?
I prezzi degli alloggi non possono essere controllati in modo sostenibile solo attraverso la regolamentazione del settore privato, come tetti agli affitti o protezioni contro gli sfratti. Questi strumenti, infatti, spesso generano elusioni oppure spingono il capitale verso settori più redditizi, riducendo l’attività edilizia e aggravando la carenza di alloggi.
Se la politica limita l’iniziativa privata, deve assumersi direttamente il compito di costruire abitazioni. Ma ciò presuppone la disponibilità di terreni edificabili, risorsa scarsa in molte grandi città.
In un contesto di stato di diritto, progressi significativi sono possibili solo se accompagnati da una politica fondiaria ad alta intensità di capitale e perseguita con coerenza nel corso di decenni.
L’alternativa è semplificare le normative edilizie e incentivare la densificazione urbana, promuovendo così la costruzione di nuove abitazioni e la sostituzione di edifici obsoleti. Tuttavia, questo approccio solleva non solo conflitti urbanistici, ma anche delicate questioni distributive.
Una pratica diffusa a livello globale consiste nell’assegnare alla collettività una parte del plusvalore generato dalla densificazione, imponendo alle città una quota obbligatoria di alloggi di pubblica utilità.
Uno svantaggio di questa politica è la creazione di mercati paralleli. Se il settore pubblico esagera con il recupero del plusvalore, frena l’attività edilizia privata. È quindi necessario un consenso tra politica e settore edile.
Per evitare appartamenti sfitti in località richieste a livello internazionale, i divieti di acquisto per stranieri senza permesso di soggiorno sono una misura efficiente e inoltre popolare.
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Articolo a cura di Balz Rigendinger
Tradotto dal tedesco da Riccardo Franciolli con l’aiuto dell’AI
In conformità con gli standard di JTI
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