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Swissmem: un no all’UE sarebbe un disastro

Schneider-Ammann, presidente di Swissmem, fiducioso ma con moderazione Keystone

Il settore metalmeccanico svizzero, settore di primaria importanza per l'impiego, è soddisfatto del 2004, ma rimane cauto per l'anno cruciale 2005.

Johann Schneider-Amman, presidente degli industriali del settore, lancia un appello: un «no» agli accordi bilaterali con l’Unione europea potrebbe portare ad un «disastro» economico.

Visi soddisfatti alla conferenza annuale delle 290 aziende attive nel settore meccanico, elettrico e metallurgico, riunite in Swissmem; il 2004 ha visto una crescita del 7,1% delle ordinazioni.

Le vendite sono aumentare del 5,8%, le esportazioni addirittura dell’8,3%. Il livello degli impieghi è rimasto invariato: con 306’888 salariati, il settore si attesta come primo datore di lavoro in Svizzera, tre volte più del settore finanziario.

Il presidente di Swissmem, Johann Schneider-Amman localizza nell’intervista a swissinfo le priorità per l’anno in corso per un settore che mantiene un suo ruolo strategico nell’economia svizzera.

Un «sì» popolare alla seconda tornata di accordi bilaterali con l’Unione Europea e l’introduzione di una nuova legge sul rischio all’esportazione sono due elementi centrali per garantire il futuro del settore e mantenere così i posti di lavoro.

swissinfo: Il 2004 sembra essere stato un anno eccezionale per i membri di Swissmem. Si può essere altrettanto ottimisti per l’anno in corso?

Johann Schneider-Amman: Sono fiducioso: l’anno in corso si prospetta positivo come il 2004. Riteniamo che la concorrenza internazionale rimarrà agguerrita, ma vogliamo riaffermare la nostra posizione; in altre parole, mi aspetto un giro d’affari paragonabile a quello dell’anno scorso.

Il volume d’affari è però una cosa e il margine di guadagno è un’altra. È in questo campo che dobbiamo ancora migliorare: ridurre i costi, aumentare la produttività, rafforzare l’innovazione, ecc…

swissinfo: Quali conseguenze si aspetta il settore, nel caso l’estensione dell’accordo sulla libera circolazione delle persone non dovesse venir accettato dal popolo?

J.S.A.: Sarebbe una catastrofe. Al momento del voto in settembre, il popolo svizzero deve sapere qual’è la sfida. Non si tratta di importare mano d’opera a basso prezzo dalla Polonia o dall’Ungheria. Ma si tratta dell’accesso dell’industria svizzera a quei mercati di fondamentale importanza. Due terzi delle nostre esportazioni nel 2004 sono andate nei paesi dell’Unione europea.

Questo accordo è parte di un pacchetto con sette argomenti, se dovessimo rifiutare il blocco, dobbiamo aspettarci delle misure di ritorsione da parte europea. Senza la libera circolazione delle persone non ci sarà libera circolazione delle merci.

Soffriremmo inoltre dell’esclusione dai programmi europei di ricerca e sviluppo, delle barriere burocratiche e saremo svantaggiati nell’attribuzione degli appalti pubblici. Questo vuol dire perdere molti posti di lavoro.

E poi: quale imprenditore accorto investirebbe in un paese senza accesso ai suoi mercati principali? Davvero non ho voglia di pensare a questo scenario.

swissinfo: Parte dell’appuntamento con le urne è la firma degli accordi di Schengen e Dublino. Anche questi hanno la stessa importanza?

J.S.A.: Non è altrettanto rilevante, perché non fa parte del pacchetto dei bilaterali bis. Ma noi sosteniamo l’integrazione all’Europa, dunque – noi come industriali – combatteremo per il «sì» anche per questo dossier.

swissinfo: Un altro campo che interessa da vicino l’industria metalmeccanica è la nuova legge sulle garanzie all’esportazione. Che importanza ha questo progetto politico?

J.S.A.: Anche questo è importante. L’attuale legge non corrisponde più agli standard internazionali, perché non copre i rischi degli acquirenti privati di beni svizzeri. Gli esportatori svizzeri si trovano davanti a svantaggi notevoli; alcuni contratti con dei privati non possono essere firmati, perché ci sono delle falle nel sistema di copertura o i costi assicurativi rincarano l’operazione fino all’80%. Una volta accettata dal parlamento, la nuova legge eliminerà anche queste lacune.

swissinfo: Cosa ci dice a proposito del rinnovo del contratto collettivo che scade nel 2005? Che significato ha ancora questo strumento?

J.S.A.: lLaccordo fra parti sociali nell’industria, come per tutto il paese, è molto importante. In un paese con i salari alti e dove mancano le materie prime come la Svizzera, un impiego ottimale della risorsa lavoro è fondamentale per mantenere la competitività.

Noi abbiamo un’alta flessibilità garantita dalla fiducia reciproca. Vogliamo continuare su questa strada della collaborazione con i partner sociali. Solo con regole chiare potremo disporre di orari di lavoro più lunghi, su base settimanale o annuale, possiamo disporre della necessaria flessibilità e c’è anche lo spazio per degli elementi salariali individuali.

Le soluzioni su misura per ogni settore sono uno dei punti che rendono l’industria svizzera competitiva.

Intervista swissinfo, Chris Lewis, Zurigo

Il risultato 2004 del settore meccanico, elettrico e metallurgico: ordinazioni per 89,5 miliardi di franchi (+7,2%); vendite per 90,7 miliardi di franchi (+5,8%); esportazioni per 59,06 miliardi (+8,3%)
Impiegati in Svizzera: 306’888 (quasi 3’000 in più del 2003)

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