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Tempi duri per i casari

L'industria lattiera svizzera è di fronte ad una radicale ristrutturazione. Keystone Archive

Uno studio pronostica un futuro catastrofico per le piccole aziende casearie. Nove su dieci dovrebbero sparire nei prossimi anni.

Ma gli operatori del settore sono meno pessimisti e ripongono molte speranze in una produzione di qualità.

«Brutale»: così Ernst Schläfli, consigliere d’amministrazione di Cremo, l’azienda leader nei latticini della Svizzera francese, definisce le conclusioni del rapporto commissionato alla fiduciaria Visura.

Il documento – che dovrebbe servire alla definizione della strategia del gigante friburghese – afferma che nove produttori di formaggio su dieci dovrebbero scomparire dal panorama elvetico nei prossimi tre o quattro anni.

Dei circa 1050 produttori attuali, solo un centinaio sarebbe destinato a sopravvivere. Per gli altri, Visura non vede alcun futuro.

Solo i giganti sopravvivranno

Ma come interpretare questa cifra, in un paese dove poche aziende di grandi dimensioni sono affiancate da una moltitudine di piccoli produttori?

In Svizzera, le 34 più grandi aziende casearie lavorano il 30% del latte prodotto in un anno. All’altra estremità del panorama dell’industria dei latticini, 600 piccole aziende lavorano un altro 30% della produzione.

È evidente che la chiusura dei nove decimi delle aziende casearie condurrebbe ad un’ulteriore concentrazione, a tutto vantaggio dei giganti del settore.

Negli ultimi 10 anni, il numero di produttori di latticini in Svizzera è diminuito di circa un terzo. Nel 2000 e nel 2001 hanno chiuso i battenti 100 aziende l’anno.

Studio contestato

Ma lo studio commissionato da Cremo, i cui risultati sono stati messi in grande evidenza venerdì dal quotidiano Blick, è oggetto di critiche da più parti.

Ingrid Schmid, portavoce della Emmi di Lucerna, azienda leader nel settore del formaggio in Svizzera (con una quota di mercato del 50%), ritiene eccessive le stime di Visura. Solo un terzo delle aziende casearie sarebbero destinate a sparire a lungo termine.

È dello stesso avviso Cristophe Darbellay, vice-direttore dell’Ufficio federale dell’agricoltura (UFA): “Credo che nei prossimi anni circa un terzo delle aziende che producono artigianalmente del formaggio si troveranno in difficoltà.”

Certo, anche Darbellay pensa che la ristrutturazione del settore sia inevitabile. “Ma è un’evoluzione che prenderà una dozzina d’anni.”

L’Ufa vuole evitare terapie choc: “Vogliamo una politica agricola che tenga conto non solo degli aspetti economici, ma anche di quelli sociali e ambientali.”

Ragioni di speranza

D’altro canto, gli operatori del settore non vedono solo nubi nere all’orizzonte. “Naturalmente dobbiamo adattare la nostra produzione ai gusti dei consumatori”, osserva Anton Schmutz, direttore della federazione delle aziende lattiere Fromarte. “Ma in Svizzera abbiamo degli ottimi formaggi e penso che in futuro continueremo ad aver bisogno di più di 500 aziende produttrici.”

Un relativo ottimismo che è condiviso da Cristophe Darbellay, a condizione che gli operatori del settore ripensino la loro posizione sul mercato, soprattutto su quello europeo: “Gli austriaci hanno un grande successo con i loro formaggi, non vedo perché non dovremmo riuscire a fare altrettanto.”

Esempi positivi già ci sono. È il caso della cooperativa di produttori di formaggi d’alpe di L’Etivaz, che nel 2000 è riuscita ad ottenere il marchio europeo di origine controllata per i suoi prodotti.

Qualità o quantità?

Jacques Henchoz, amministratore della cooperativa, osserva: “Noi oggi abbiamo la scelta tra la produzione industriale, razionalizzata e a basso costo, e i prodotti di nicchia, di alta qualità.”

La scelta? Non proprio, ammette Henchoz. “Per le regioni di montagna, solo la seconda soluzione è praticabile.”

Al di là dell’opzione puramente industriale dello studio di Cremo/Visura, il settore caseario svizzero potrebbe dunque muoversi verso una situazione bipolare: grandi produttori industriali da un lato, piccole aziende artigianali che puntano alla qualità dall’altro.

Andrea Tognina, swissinfo

Giro d’affari del settore lattiero: più di 1 miliardo di franchi l’anno
Produzione: 100’000 t, 40’000 per il mercato Ue, 10’000 per il resto del mondo
Posti di lavoro: 3’500
Indotto: 17’000 produttori di latte

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