Frontalieri raddoppiati dal 1996, proporzione più alta è in Ticino
(Keystone-ATS) Tra il 1996 e il 2020, ovvero negli ultimi 25 anni, i lavoratori frontalieri in Svizzera sono raddoppiati, salendo fino a quota 343’000.
Il canton Ginevra è quello che registra il numero assoluto più alto (oltre 90’000), mentre in Ticino si osserva il tasso maggiore rispetto all’occupazione totale (29%).
Lo indicano cifre pubblicate oggi dall’Ufficio federale di statistica (UST). I frontalieri che lavoravano in Svizzera alla fine del 2020 rappresentavano il 6,7% delle persone occupate nel Paese, viene sottolineato in una nota odierna.
Secondo logica, essi sono fortemente concentrati nelle regioni di frontiera, dove hanno un notevole impatto sul mercato del lavoro: quasi tutti provengono da una delle nazioni limitrofe e sono impiegati in un Cantone di confine. Dall’inizio del periodo di osservazione (1996), il totale è passato da 140’000 a 343’000, nonostante una leggera diminuzione nei primissimi anni.
A partire dal 1998, ogni anno i pendolari verso la Svizzera sono costantemente aumentati. Dal 2004, quando è iniziata la liberalizzazione del mercato del lavoro per le persone con un permesso per frontalieri, l’incremento ha ulteriormente accelerato. Se prima infatti la progressione media annuale era del 2,7%, negli ultimi 16 anni è stata del 4,4%. Nel complesso, tra il 1996 e il 2020, il numero di frontalieri si è ampliato del 143%. Tale evoluzione è dipesa da svariati fattori, fra cui la crescita economica.
Come detto, il numero più alto è quello di Ginevra, ma se si considera la percentuale di frontalieri sull’insieme dei lavoratori passa in testa il Ticino (29%), davanti proprio al cantone romando (24%). Seguono Giura (19%), Basilea Città (18%), Basilea Campagna (14%) e Neuchâtel (12%).
Più della metà (55%) dei frontalieri è domiciliata in Francia, quasi un quarto (23%) in Italia e poco meno di un quinto (18%) in Germania. Meno del 3% fa il pendolare dai confinanti Austria e Liechtenstein, mentre il restante 0,7% arriva da altri Paesi, soprattutto Polonia (640), Slovacchia (400) e Ungheria (360).
Stando ai dati dell’UST, nel quarto trimestre 2020 i frontalieri erano impiegati nel settore dell’industria più frequentemente rispetto agli occupati di nazionalità svizzera. Della manodopera indigena, solo il 21% lavorava nel secondario, contro il 33% di quella straniera.
Tuttavia, in entrambe le categorie, seppur con proporzioni diverse, la maggioranza della forza lavoro era attiva nel terziario. Si tratta del 77% degli svizzeri e del 67% dei frontalieri. Infine, operava nell’agricoltura solo lo 0,7% degli stranieri e il 2,3% degli occupati con passaporto rossocrociato.