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La Svizzera vista da Milano

Keystone

Il Centro svizzero di Milano festeggia 50 anni. Un'occasione per fare il punto sulla presenza svizzera nel Nord Italia con il console generale Marco Cameroni.

Le relazioni tra Svizzera e Italia e in particolare tra Svizzera e Milano hanno lunghe radici nella storia. Una storia fatta di scambi culturali e commerciali, di emigranti e imprenditori, di esuli e finanzieri.

Oggi la Lombardia è fra le più ricche e dinamiche regioni d’Europa. “Da sola produce oltre un terzo di tutte le esportazioni italiane e acquista oltre la metà dei beni svizzeri venduti sul mercato italiano”, ricorda il console generale di Svizzera a Milano, Marco Cameroni.

Non stupisce perciò che alla realtà lombarda e norditaliana la Svizzera continui a guardare con interesse. Tanto più che nell’area dell’Italia settentrionale che fa riferimento al Consolato generale di Milano vivono 24’000 svizzere e svizzeri, più della metà dei cittadini elvetici residenti in Italia (6000 svizzeri abitano nella sola provincia di Milano).

A loro in primo luogo si rivolge l’attività del Consolato generale, il più grande d’Italia, con una circoscrizione che si estende a sette regioni e 39 province, dove abitano 24 milioni di persone. “Però un Consolato come il nostro, in una realtà importante come questa, deve poter anche agire in campo politico, economico e culturale – spiega Cameroni – per promuovere gli interessi della Svizzera.”

Tra queste attività di promozione rientra anche l’organizzazione delle manifestazioni per il 50esimo anniversario del Centro svizzero a Milano, iniziate lunedì con la visita del consigliere federale Joseph Deiss e che si concludono sabato con una festa aperta a tutti.

Il Centro svizzero, che oltre al Consolato ospita altre istituzioni elvetiche tra cui il Centro culturale svizzero, la Camera di commercio svizzera in Italia, Svizzera Turismo e la RTSI, è un po’ il centro simbolico e operativo della presenza svizzera a Milano.

“Noi con la Settimana svizzera, ideata e coordinata dal Consolato generale, non vogliamo celebrare”, spiega Cameroni. “Cinquant’anni per un edificio, benché conosciutissimo e parte integrante del patrimonio architettonico milanese, non sono poi molto importanti. Vogliamo invece offrire a Milano e alla Lombardia una sorta di specchio di una realtà più sfumata di quanto possa apparire a chi guarda alla Confederazione attraverso gli occhiali di certi luoghi comuni.”

L’immagine della Svizzera è del resto fra le preoccupazioni principali del console Cameroni. “A Milano c’è un’immagine estremamente positiva, di una Svizzera efficiente, organizzata, stabile e soprattutto di una Svizzera che attraverso il federalismo offre ai suoi cittadini partecipazione ai processi decisionali. Ma c’è anche un’altra immagine, che affiora qua e là, talvolta pure nei media, di una Svizzera forziere d’Europa, ricettacolo dei soldi sporchi, paese che funziona ma piuttosto noioso.”

Per Cameroni si tratta di correggere questa immagine, non per costruire l’illusione di una Svizzera perfetta, ma per evitare i luoghi comuni. “Mi stupisco sempre come anche qui a Milano, anche in ambienti che dovrebbero conoscere il nostro paese, la conoscenza della cultura e della realtà elvetiche sia a volte insufficiente.” E qui l’attività di animazione culturale può avere un ruolo fondamentale. Mostrando il volto di una svizzera moderna, “senza orologi a cucù, cioccolato e gigantografie di Heidi.”

Andrea Tognina, Milano

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