Sindacati a confronto sulla nuova legge sul personale pubblico
Il sindacato cristiano del personale dei servizi pubblici e le associazioni del personale militare e dei quadri della Confederazione e dei trasporti pubblici, dicono sì alla legge sul personale federale, in votazione popolare il prossimo 26 novembre.
La nuova normativa, che sopprime lo statuto dei funzionari (giudicato “sorpassato e desueto”), era stata approvata a grande maggioranza dal parlamento federale nel marzo scorso. L’Unione federativa del personale delle amministrazioni e delle imprese pubbliche (organizzazione aderente all’Unione sindacale svizzera), non volle invece accettare la nuova legge e lanciò il referendum per abrogarla.
Le quattro organizzazioni sindacali hanno tenuto, martedì a Berna, una conferenza stampa per spiegare le ragioni del loro consenso alla legge che introduce criteri privatistici nella gestione del personale pubblico.
I punti centrali delle nuove disposizioni sono: l’introduzione della possibilità di licenziamento (anche se moderata da condizione di protezione, come la giusta causa e i piani sociali di ricollocamento), il sistema salariale commisurato alle prestazioni, i contratti di lavoro individuali e la contrattazione collettiva con le parti sociali.
La nuova disciplina, che fa della Confederazione un datore di lavoro moderno, piace ai quadri dirigenti, che – ha dichiarato il presidente della loro associazione, Martin Bolliger – ne “appoggiano senza riserve gli obiettivi”. In particolare vengono apprezzati la valorizzazione della cooperazione tra partner sociali e l’incoraggiamento agli scambi tra settore pubblico e privato sul mercato del lavoro.
Inoltre, la libertà salariale viene considerata “una grande chance per i quadri della Confederazione”. Argomenti simili sono stati adoperati anche dalle altre organizzazioni. Il sindacato cristiano del personale dei servizi pubblici ha detto, per esempio, di apprezzare una maggiore competenza sul mercato del lavoro “invece della sedicente sicurezza dell’impiego”; e di preferire che vengano “onorate le prestazioni al posto di veder cementate le ingiustizie”.
L’associazione del personale militare – cioè dei dipendenti delle aziende pubbliche che lavorano per l’esercito e che più di altri settori hanno subito le riduzioni di posti di lavoro – ha detto che “lo “status quo”, tanto caro ai sostenitori del referendum, non è stato un ostacolo insormontabile contro la soppressione di circa ottomila posti di lavoro nel solo ambito del Dipartimento della difesa”.
Anche l’associazione dei quadri del trasporto pubblico condivide l’introduzione di “condizioni di lavoro moderne” ed il criterio di remunerazione sulla base delle prestazioni. Ritiene però che siano “questioni fondamentali lo scarto tra massimi e minimi salariali ed il modo di misurare tali prestazioni”.
Va tuttavia ricordato che i sostenitori del referendum contro la nuova legge del personale federale temono che la sua applicazione “apra le porte all’arbitrio” in materia di stipendio, orari di lavoro ed assegni sociali. La protezione dai licenziamenti sarebbe “insufficiente” e verrebbero previsti anche i licenziamenti in massa. Il divario tra i salari bassi e quelli alti aumenterebbe ancora. Infine, la legge metterebbe in questione la compensazione al rincaro e non offrirebbe “nessuna garanzia a migliaia di ausiliari”.
Silvano De Pietro
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