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Non buttiamo i vecchi PC

Un container pieno di vecchi pc pronti per l'Africa (foto Ritter) (Bild: Adrian Ritter)

Lo sviluppo informatico ha raggiunto ritmi frenetici. Sempre più spesso computer ancora funzionanti vengono sostituiti da macchine più veloci e sofisticate.

Anche in Svizzera c’è chi ha iniziato ad allungare la vita degli ordinatori attraverso una gestione più efficiente del software con grandi vantaggi economici, ambientali e sociali.

Se negli anni settanta un computer aveva una vita media di 10 anni, oggi essa si è ridotta a 3-4 anni al massimo. Le grandi multinazionali dell’informatica, per soddisfare le richieste dei consumatori, immettono sul mercato programmi sempre più sofisticati, modelli più efficienti, meno ingombranti e dal design più raffinato.

La tecnologia informatica viene così sostituita in tempi sempre più brevi aumentando a dismisura la mole di rifiuti elettrici ed elettronici (e-waste) e il conseguente problema del loro smaltimento.

Per contrastare il consumismo informatico sono nate numerose iniziative di trashware, una pratica il cui obiettivo è recuperare vecchi PC e distribuirli a categorie sociali che non possono permettersi l’acquisto di computer nuovi.

Il progetto di Gideon Chonia

Con questo spirito ha preso avvio il progetto di Gideon Chonia, informatico dell’Università di Zurigo che negli anni ’80 ha iniziato a raccogliere vecchi computer e a spedirli in Ghana, suo paese natale.

Sulle macchine dismesse – donazioni di banche, università ma anche di privati – viene installato Software Open Source. Una volta imballati e sistemati in container, i computer, da Zurigo arrivano in Ghana in nave. Da allora fino ad oggi sono stati spediti 8 container – altri 2 sono pronti a partire – ognuno dei quali conteneva tra i 200 e i 300 computer.

Il progetto Chonia, un esempio perfetto di trashware, è appoggiato dall’Università di Zurigo e si muove in accordo con l’Open Society Initiative for West Africa (OSIWA). Non avendo un partner ufficiale, i costi sono sostenuti grazie a donazioni di privati. In Africa, comunque, i computer sono distribuiti gratuitamente.

Hardware e software in continua rincorsa

I computer che finiscono nelle discariche sono, molto spesso, macchine ancora funzionanti. Ciò che le rende vecchie e apparentemente non più utilizzabili è la loro inadeguatezza con i nuovi software.

Infatti, tra la macchina e le istruzioni necessarie a farla funzionare si crea un circolo vizioso: ogni nuovo software applicativo è progettato per un determinato hardware ma non per i precedenti, cosicché per accedere alle nuove funzioni di un sistema si è costretti a sostituire anche la macchina.

Software non ottimizzati e inutilmente sofisticati costringono l’utente medio, che ha bisogno di semplici programmi di scrittura, calcolo, navigazione in internet e grafica, all’acquisto di macchine più potenti sulle quali, molto spesso, svolge le stesse funzioni di 10 anni fa.

Contro spreco e divario informatico

Per sfruttare al massimo le potenzialità tecnologiche degli hardware, sui computer recuperati viene installato Software Open Source perché riesce a gestire in maniera più efficiente anche macchine obsolete.

Con Open Source si ha il diritto legale di copiare, studiare, modificare e ridistribuire il software. Grazie alla natura aperta del codice sorgente, il Software può essere modellato alle esigenze dell’hardware. Proponendo un modello cooperativo basato sulla condivisione delle conoscenze, anche le versioni modificate sono poi messe a disposizione di altri. Inoltre le applicazioni Open Source più diffuse sono distribuite gratuitamente.

Se il recupero dei vecchi PC permette di ridurre la crescita di e-waste, la ridistribuzione consente anche di combattere il divario digitale che tiene escluse dalla società dell’informazione realtà più svantaggiate.

Open Source apre prospettive all’Africa

“Open Source Software è l’elemento più importante quando si tratta di dare l’accesso equiparato alle informazioni e alla tecnologia d’informazione ai paesi in via di sviluppo – afferma Chonia – soprattutto perché la possibilità di sviluppare ulteriormente il Software, apre prospettive nuove ai giovani. In Africa, dove la migrazione spesso e l’unica alternativa, questo è particolarmente importante.”

Una rete di collaboratori africani con sede ad Accra distribuisce i computer a scuole, università, ospedali e organizzazioni umanitarie. Nel 1994 è stato fondato il “Free and open source software ressource center” (Fossrec) dove informatici volontari provenienti da Europa e USA rimangono un mese e si occupano della formazione di personale locale.

Obiettivo del centro è creare, in loco, una rete di supporto che consenta ai giovani una preparazione informatica e uno scambio reciproco delle conoscenze acquisite. “In questo modo – aggiunge Chonia – i giovani talenti non sono costretti a venire in Europa a studiare, da dove probabilmente non farebbero più ritorno.”

swissinfo, Paola Beltrame

Sono definiti Software Open Source tutti i programmi informatici rilasciati secondo licenze che ne consentano l’utilizzo, lo studio, la modifica e la ridistribuzione.

Il concetto di Open Source discende naturalmente da quello di libertà di scambio di idee e di informazioni, quindi le implicazioni del suo uso non sono soltanto tecniche ed economiche.

Come le idee, Open Source può influenzare il tessuto sociale, producendo effetti etici, economici, politici e in un senso più generale culturali.

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