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Piccole aziende ticinesi tra i grandi del mondo

È vero, tira aria di crisi. Le difficoltà si sentono, si pagano. Ma il Ticino è fatto anche di piccole realtà aziendali che si misurano con autentici colossi. Sono un capitale prezioso, come sottolinea Luca Albertoni.

Giovane, dinamico, tante idee per la testa al servizio di uno stile manageriale pragmatico. Luca Albertoni, direttore della Camera del commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino (Cc-Ti), presiede la Commissione tripartita in materia di libera circolazione delle persone. Un tasto, come noto, assai dolente.

Alla crisi che impone a tutti attenzione e preoccupazione, Luca Albertoni risponde moltiplicando gli sforzi affinché le aziende non abbassino le braccia. Reagire, insomma, si può. Intervista.

swissinfo: Alla guida della Commissione tripartita un esponente dell’economia prende il posto di un sindacalista. Come interpreterà il ruolo di presidente?

Luca Albertoni: Si tratta di una posizione che richiede la comprensione delle esigenze delle parte sociali. Il presidente funge pertanto da coordinatore, il cui compito è quello di elaborare una sintesi di tutte le sensibilità e comunicarle alle autorità politiche e alla popolazione.

swissinfo: Sul tema dei bilaterali qualcosa si sta muovendo, giusto?

L.A.: Le autorità federali sono state sensibilizzate sulle oggettive difficoltà del Ticino. Ora si tratta di vedere come risponderanno concretamente alle nostre segnalazioni. Una prima verifica sull’approccio verso la realtà italiana è stata possibile lo scorso sei maggio quando la consigliera federale Doris Leuthard è tornata in Ticino.

swissinfo: E che approccio si dovrebbe avere con l’Italia?

L.A.: Per Berna era ed è difficile comprendere che la realtà italiana è profondamente diversa, in particolare, da quella tedesca. Al di là della questione burocratica, quella italiana è un’economia molto dinamica e aggressiva. Le due regioni a ridosso del Ticino, Lombardia e Piemonte, sono insomma due giganti.

Come direttore della Cc-Ti, cerco di promuovere molto i contatti diretti con le aziende italiane, affinché le nostre possano trovare dei partner con cui collaborare e/o creare società comuni o consorzi.

Credo che questa sia la direzione da seguire, perché nessuno potrà risolvere in modo definitivo il problema burocratico, neppure gli italiani stessi. Dobbiamo pertanto imparare a convivere con questa situazione, sfruttando al contempo le potenzialità che ci offre il mercato.

swissinfo: L’accompagnamento delle aziende è sufficiente?

L.A.: Uno sportello che sostiene le aziende nei contatti o nello sbrigare questioni burocratiche può essere di aiuto, ma ad essere decisiva è l’iniziativa dell’azienda che aggredisce il mercato.

swissinfo: A Milano ha sede la Camera di commercio svizzera in Italia. Non sarebbe opportuno sfruttare meglio le sinergie?

L.A.: Certamente, del resto i contatti tra le due Camere stanno diventando più stretti e regolari. Lo “Swiss value matching”, una nuova modalità di fare interagire aziende svizzere e italiane, è stato un primo progetto concreto di collaborazione. L’intenzione è di proseguire su questa strada.

swissinfo: Come sta reagendo l’economia ticinese a questa crisi?

L.A.: C’è una grande voglia di lottare e come direttore della Cc-Ti mi fa molto piacere. Tanto più che questa energia si sprigiona in un momento di grande incertezza, che genera naturalmente molte preoccupazioni. Sono molte le aziende che cercano di resistere andando a cercare nuovi mercati. Uno spirito di iniziativa che come Cc-Ti cerchiamo di promuovere e sostenere in modo massiccio per permettere alle aziende di trovare i contatti utili.

swissinfo: Quali carte hanno da giocare le aziende ticinesi?

L.A.: Intanto bisogna ricordare che il mercato interno e quello votato all’esportazione hanno dinamiche diverse. Il mercato interno, generalmente, è meno permeabile alle novità e quindi ha maggiori difficoltà di adattamento. La flessibilità, inoltre, è relativamente ridotta per motivi diversi.

Altro discorso,invece, per il mercato dell’esportazione. Anche se al momento, per le dinamiche internazionali, questo settore soffre di più, le aziende abituate a lavorare in un contesto internazionale hanno molti assi nella manica. A cominciare dalla flessibilità dal punto di vista strutturale.

swissinfo: Può fare un esempio?

L.A.: Qualche mese una delegazione del costruttore aeronautico francese Dassault Aviation ha visitato le nostre aziende attive nei settori elettronico e meccanico. Ebbene sono stati estremamente impressionati dal “know how” di altissimo livello concentrato in microstrutture.

Sono piccole imprese (magari di una decina di persone) che hanno un livello di conoscenze e flessibilità tali, che un gruppo di decine di migliaia di dipendenti in tutto il mondo come Dassault fatica ad avere.

Ci sono inoltre piccole aziende, molto agili e dinamiche, che hanno un portafoglio di clienti distribuito su trenta paesi in tutto il mondo, per cui hanno una grande capacità di adattamento a situazioni molto diverse. Il rovescio della medaglia delle microimprese è invece che hanno un peso specifico in termini assoluti molto relativo, con una certa dispersione di forze sul territorio ticinese.

Proprio per non disperdere un capitale tanto straordinario, da circa un anno la Cc-Ti sta tessendo una trama per mettere queste aziende in rete. Lavorando assieme possono esplorare nuovi mercati. Questa rete ha del resto già dato i primi frutti con l’acquisizione di mandati concreti, anche con Dassault Aviation.

swissinfo: Ma allora la crisi in che termini si sente?

L.A.: E’ difficile dirlo. Ci sono evidentemente certi settori in difficoltà, ma siamo lontani da uno scenario dove tutto si blocca. E’ vero che le cifre delle esportazioni sono calate del 20% rispetto al 2008, ma il 2008 è stato un anno eccezionale, completamente fuori da ogni parametro, come capita ogni due o tre decenni.

Restiamo per il momento sui livelli del 2007, che erano già comunque molto buoni. E’ chiaro che dal profilo occupazionale ci sono stati dei contraccolpi e ce ne saranno altri. Credo oggettivamente che ci siano delle buone basi per riprendersi quando la situazione si calmerà. E quando il barometro economico segnerà la ripresa, occorrerà essere pronti. Perché la sfida inizierà proprio da lì.

swissinfo, Françoise Gehring, Lugano

Crisi economica, reciprocità degli accordi bilaterali, formazione e ricerca. Sono alcuni dei temi su cui la consigliera federale Doris Leuthard ha discusso, lo scorso sei maggio, con il Consiglio di Stato ticinese e i rappresentanti delle associazioni economiche e sindacali.

La ministra dell’economia ha dichiarato di prendere sul serio il sentimento ostile ai bilaterali prevalente in Ticino.

Dopo aver sottolineato che il commercio tra Svizzera e Italia funziona sempre meglio, ha aggiunto che andranno prese misure per evitare che a trarre beneficio dagli accordi bilaterali sulla libera circolazione delle persone, siano solo le multinazionali o le grosse aziende.

Nelle prossime settimane la Confederazione promuoverà un’azione di sensibilizzazione a Varese.

I dati sull’indagine congiunturale concernente le attività manifatturiere( gennaio e IV trimestre 2008) indicano un rallentamento dell’economia, da collegare in larga misura alle difficoltà che stanno vivendo le aziende ticinesi attive prevalentemente sui mercati di esportazione, maggiormente esposte alla crisi dei mercati internazionali.

Le prospettive di breve e medio periodo tracciano uno scenario chiaramente negativo, con ulteriori cali delle ordinazioni, della produzione e dell’occupazione.

Le aziende attive in prevalenza sul mercato interno appaiono meno esposte alla difficile congiuntura in corso. La situazione generale dell’impresa è giudicata nel complesso soddisfacente. L’occupazione è ritenuta soddisfacente dal 76% degli intervistati ed eccessiva dai rimanenti.

In base al Censimento delle aziende dell’Ufficio federale di statistica, in Ticino nel 2005 erano attive 20 mila 449 aziende: 1’331 nel settore primario, 3’482 nel settore secondario e 15’636 nel settore terziario.

Poco meno di 14 mila aziende occupano tra 1 e 4 persone, poco più di 2’000 danno lavoro a 5-9 persone. In Ticino le aziende che danno lavoro a più di 50 dipendenti rappresentano pertanto una minoranza.

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