Poli Losanna: elettrostimolazione per migliore recupero da ictus

(Keystone-ATS) Un gruppo di ricerca guidato dal Politecnico federale di Losanna (EPFL) ha sviluppato un nuovo protocollo di stimolazione elettrica per le vittime di ictus.
Il metodo è promettente in termini di riabilitazione, in particolare per pazienti cronici ritenuti non più reattivi ai trattamenti.
Nell’Unione europea, gli ictus sono la principale causa di disabilità tra gli adulti, e il Covid-19 ha peggiorato le cose, come dimostra una pubblicazione dello scorso aprile di ricercatori dell’università di Oxford (GB) su The Lancet Psychiatry, citata in un comunicato odierno dell’EPFL. Dall’inizio della pandemia, c’è stato un aumento significativo del numero di pazienti con ictus che hanno bisogno di assistenza e riabilitazione a lungo termine. Anche se una parte si riprende, l’insufficienza degli arti superiori può diventare cronica e influenzare gravemente il comportamento di più del 75% delle vittime di attacco cerebrale.
La metodologia
Ricercatori dell’EPFL, dell’ospedale universitario vodese (CHUV) di Losanna e del Centro di riabilitazione Villa Beretta di Costa Masnaga (Provincia di Lecco, Italia) hanno testato un protocollo di stimolazione elettrica neuromuscolare (NMES) su 45 pazienti cronici colpiti da ictus. Ognuno di loro è stato sottoposto a 27 sessioni di NMES per un periodo di nove settimane.
Ogni sessione durava 90 minuti, di cui 60 minuti erano dedicati alla riabilitazione fisioterapica convenzionale e 30 minuti a un trattamento con un guanto robotico o con una NMES personalizzati. I pazienti sono stati divisi in tre gruppi con proporzioni variabili di riabilitazione convenzionale e NMES. Il primo gruppo ha usato un guanto robotico per tutta la mezz’ora con l’obiettivo di svolgere esercizi con obiettivi particolari; il secondo gruppo durante queste sessioni ha fatto capo esclusivamente alla NMES; e il terzo si è servito del guanto robotico per un quarto d’ora e della NMES per l’altro quarto d’ora.
Progressi con la stimolazione elettrica
Stando ai risultati dello studio, pubblicati sulla rivista MED, i pazienti hanno recuperato più velocemente con la NMES che con il guanto robotico. Alla fine del trattamento, i miglioramenti motori più marcati sono stati rilevati nei gruppi che hanno usato la NMES esclusivamente o parzialmente.
Come spiega nel comunicato Andrea Crema, primo autore dello studio e ricercatore al laboratorio di neuroingegneria traslazionale dell’EPFL (in medicina la nozione di traslazionalità fa riferimento alla complementarità tra attività di ricerca, coinvolgimento del paziente e dialogo con la collettività), i miglioramenti, accanto agli aspetti prettamente motori, hanno riguardato anche le capacità somatosensoriali (percezione del corpo) e la rappresentazione corporea.
Pazienti cronici
Lo studio è stato condotto su pazienti cronici, che dopo l’ictus sono stati sottoposti a interventi multipli. Avevano raggiunto quello che era considerato un apice nel loro recupero, sottolineano i ricercatori.
I risultati mostrano invece che una terapia intensa e mirata, soprattutto con NMES, può spingere più lontano i limiti della riabilitazione, scrive l’EPFL. I dati dello studio suggeriscono anche che i pazienti vittime di un ictus subacuto e che hanno subito un solo attacco cerebrale potrebbero pure beneficiare di una NMES. Ma questo resta da verificare, si legge nella nota.
Deficit sensoriali ridotti
Una delle principali novità dello studio è la valutazione non solo del recupero motorio, ma anche dai deficit sensoriali e dalle rappresentazioni corporee compromesse. Le vittime di ictus presentano una lunga lista di sintomi, come l’incapacità di controllare i muscoli del braccio e della mano o di usare la loro forza con finezza quando maneggiano un oggetto. Senza trattamento, questi deficit possono indurre i pazienti a percepire il loro arto come più corto, meno sensibile, meno reattivo, o addirittura a dimenticarlo.
“Questo studio dimostra che è importante valutare più dimensioni dopo l’ictus, e apre la strada a protocolli di riabilitazione clinica più efficaci”, conclude, sempre citato nel comunicato, Silvestro Micera, direttore laboratorio di neuroingegneria traslazionale.