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Alptransit non può accontentarsi di una «mulattiera» a sud

Keystone

I treni merci che dal 2016 viaggeranno attraverso la nuova e fiammante galleria del San Gottardo, qualche chilometro più a sud transiteranno lungo una linea d’inizio secolo… scorso. La Svizzera vuole eliminare questo imbuto ed è pronta a finanziare i lavori anche in Italia. Resta da convincere Roma.


Il balletto delle gru gialle è incessante. Su e giù, su e giù. Coi loro artigli afferrano i semirimorchi da diverse tonnellate e li sollevano come se fossero piccole scatole di cartone.

«Impieghiamo circa tre ore per caricare e scaricare un treno», ci spiega Luca Corio, responsabile operativo del terminal della Hupac di Busto Arsizio-Gallarate. In media, da quello che è uno dei più grandi centri intermodali d’Europa per il trasbordo del traffico merci dalla strada alla rotaia transitano 45 treni al giorno. «Settimanalmente effettuiamo 8’000 spedizioni [ndr. una spedizione corrisponde alla capacità di carico di un autotreno]», precisa Corio.

Tra tre anni, quando sarà messa in servizio la nuova galleria ferroviaria di base del San Gottardo, la mole di lavoro per le quasi 200 persone impiegate nel terminal dovrebbe velocemente aumentare.

A Busto Arsizio-Gallarate le capacità per far fronte a questa crescita ci sono. «A breve porteremo la capacità a 33 coppie di treni al giorno», osserva il responsabile operativo del terminal.

Il terminal Hupac di Busto Arsizio-Gallarate è uno dei più importanti d’Europa Daniele Mariani/swissinfo.ch

Inoltre, questo terminal è solo uno fra i tanti del Nord Italia. «Quello di Novara può essere ingrandito. A Mortara, Piacenza e Brescia le capacità ci sono. A Milano Smistamento è previsto un ampliamento, cofinanziato dalla Svizzera, per il quale è stato già firmato un accordo. Anche in caso di raddoppiamento del traffico, nei prossimi dieci anni siamo coperti», ci assicura Bernhard Kunz, direttore della Hupac.

Il problema urgente si situa un po’ più a nord. Per la precisione sulla linea Bellinzona-Luino-Gallarate-Novara, che assorbe il 70-75% del trasporto combinato che transita lungo l’asse del San Gottardo da e per l’Italia

Perdita di redditività

«È un po’ come se per entrare e uscire da un’autostrada si dovesse percorrere una mulattiera», ha riassunto il presidente della Camera di commercio di Varese Renato Scapolan, in occasione di un convegno intitolato «La risposta italiana ad Alptransit», organizzato a fine novembre nel capoluogo lombardo.

Oltre ad essere parzialmente a binario unico, la tratta presenta un grosso inconveniente: le sagome di ponti e gallerie non permettono ai convogli di un’altezza di quattro metri di transitare. È però proprio in questa direzione che il settore della logistica si sta sviluppando in tutta Europa: semirimorchi con una dimensione standardizzata di appunto 4 metri, che presentano tutta una serie di vantaggi rispetto ai camion con strutture fisse o ai container.

Il governo svizzero prevede che l’apertura della Nuova ferrovia transalpina (NFTA) permetterà nel 2020 di diminuire di 70’000 unità il numero di automezzi pesanti che circolano attraverso le Alpi svizzere e di aumentare di 105’000 unità le spedizioni nel trasporto combinato.

Se alla NFTA si aggiungerà anche il corridoio da 4 metri, la diminuzione di camion sarà invece più consistente (-210’000 unità) e il trasporto combinato crescerà in maniera molto più forte (+250’000).

Nel 2030, le cifre saranno di -80’000 e +115’000 solo con la NFTA e di -240’000 e +250’000 con il corridoio da 4 metri.

L’adattamento del corridoio ai parametri europei permetterebbe di far circolare fino in Italia treni lunghi 750 metri al posto dei 550-570 attuali e di passare da 1’600 a 2’000 tonnellate di carico.

In altre parole, il costo per ogni spedizione diminuirebbe. «Questa differenza di 200 metri causa una perdita di redditività del 33%, che oggi è compensata dalle sovvenzioni della Confederazione [ndr.: 160 milioni di franchi nel 2012]. Eliminando questo ostacolo, il trasporto combinato può essere concorrenziale con la strada e fare a meno dei sussidi», sottolinea Bernhard Kunz.

Per ovviare al problema di avere una sorta di imbuto in entrata e uscita di quella che sarà una delle più importanti infrastrutture ferroviarie di inizio millennio – imbuto che di fatto allontanerebbe l’obiettivo di trasferire il traffico merci dalla strada alla rotaia – governo e parlamento elvetici sono corsi ai ripari. A inizio dicembre hanno varato un credito di 990 milioni di franchi per adattare ai nuovi standard le linee d’accesso alle gallerie di base del San Gottardo e del Sempione.

Altri sviluppi

280 milioni per l’Italia

Buona parte della somma sarà investita in Svizzera. Un quarto dell’importo (280 milioni) servirà invece a finanziare gli interventi in Italia. La tratta di Luino dovrebbe assorbire oltre la metà della somma (150 milioni di franchi). Il finanziamento avverrà sotto forma di mutuo e potrà essere trasformato in versamento a fondo perso «in caso di interessi preponderanti della Svizzera», come deciso dal parlamento.

Ma perché dovrebbe essere la Confederazione a pagare per i lavori effettuati all’estero? «L’Italia si è sì detta disposta a finanziare gli interventi. Se vogliamo però che questi lavori siano intrapresi più o meno in linea con l’apertura delle gallerie di base del San Gottardo e del Ceneri dobbiamo aiutare a finanziarli», ha dichiarato la ministra dei trasporti Doris Leuthard, difendendo la proposta davanti alla Camera dei cantoni.

I soldi però non sono tutto. Per Roma, che punta soprattutto sulla Chiasso-Milano e su altri progetti come la TAV, la tratta di Luino gioca un ruolo secondario. Inoltre, Rete Ferroviaria Italiana (RFI), la società che gestisce l’infrastruttura nella Penisola, non ha una strategia di investimenti a favore del trasporto ferroviario analoga a quella applicata in Svizzera, osserva il direttore della Hupac.

«Ci vuole un po’ di comprensione per il punto di vista italiano. Una volta entrati in territorio italiano i camion ritornano sulle strade. Quindi, per RFI non è una grande priorità investire centinaia di milioni per poche decine di chilometri», fa notare Bernhard Kunz.

Una chance anche per l’Italia

Anche l’Italia, e in particolare il suo più importante polmone economico, la Lombardia, avrebbe però tutto da guadagnare da questa prima vera ferrovia di pianura (la linea Chiasso-Milano ha pendenze superiori) sul corridoio Genova-Rotterdam.

«L’attivazione graduale del corridoio di 4 metri porterebbe a risparmi di trasporto di oltre 1,9 miliardi di euro, a cui vanno aggiunti benefici ambientali stimati a quasi 700 milioni e fino a un massimo di 4’000 nuovi posti di lavoro nella logistica», ha sottolineato durante il congresso organizzato a Varese Lanfranco Senn, professore alla Bocconi di Milano e autore di uno studio sull’impatto che avrà in Italia la nuova linea del San Gottardo.

Risparmi che si ripercuoterebbero su tutta la catena economica fino al consumatore, a tutto vantaggio delle imprese della regione, che hanno una forte vocazione all’export.

Un appuntamento da non mancare

«La logistica è la spina dorsale di un’economia che vuole essere concorrenziale. La Germania lo ha capito benissimo. Non per nulla là si parla già di treni di un chilometro», osserva Bernhard Kunz. «Quello che noi sottolineiamo sempre è che questo corridoio non viene fatto per gli operatori intermodali come la Hupac o la Cemat, bensì per l’economia nel suo insieme, poiché ogni azienda può approfittarne».

«Con tutti i soldi che butta via l’Italia, trovo sconcertante che sia la Svizzera a doversi sobbarcare i costi per la tratta Bellinzona-Luino-Gallarate», ci dice Dario Balotta, responsabile trasporti di Legambiente Lombardia.

«È vero che il maggior fruitore è un operatore svizzero, Hupac. È però anche vero che la regione Lombardia ha un interesse diretto ad evitare un congestionamento di TIR sulle sue strade. Da parte nostra cerchiamo – senza gran successo finora – di spingere affinché vengano portate avanti delle politiche di disincentivo per l’attraversamento del territorio su gomma e di rafforzamento della rete ferroviaria affinché i treni possano continuare anche oltre Gallarate».

Ciò che Legambiente vuole evitare, è che i comuni che si trovano lungo la tratta facciano resistenza, chiedendo delle compensazioni per il rumore causato dai treni supplementari e ritardando così i lavori.

Dubbi, questi, che il sindaco di Luino Andrea Pellicini non ha fugato durante il congresso su Alptransit organizzato a Varese. «Non vogliamo creare impedimenti. Il rumore però aumenterà e l’unica cosa che chiediamo sono delle compensazioni, come ad esempio la realizzazione di sottopassi per evitare che la città sia tagliata in due».

Un discorso che sembra iniziare a far breccia, perlomeno in Lombardia. «È un appuntamento che non possiamo e non dobbiamo assolutamente mancare. Alptransit è un progetto strategico epocale e il minimo che possiamo fare è di arrivare in tempo con queste opere. Non ci sono in gioco le relazioni istituzionali tra i due paesi, bensì la vita delle nostre società e dei nostri operatori», ha dichiarato durante il congresso a Varese l’assessore alle infrastrutture della regione Lombardia Maurizio Del Tenno. «A breve avremo garanzie sui tempi di lavoro italiani. Non deve assolutamente succedere come per l’Arcisate-Stabio», ha inoltre cercato di rassicurare.

Giorgio Botti, direttore territoriale per il Nord Italia di Rete Ferroviaria Italiana, ha dal canto suo precisato che la pianificazione è in corso e che nei prossimi mesi partiranno delle gare d’appalto per alcuni lavori, al fine di permettere il transito di treni più lunghi. «Si tratta di lavori molto complicati, poiché devono essere eseguiti mantenendo la linea in esercizio», ha sottolineato Botti.

L’ultima parola spetta però a Roma. A Varese la poltrona sulla quale avrebbe dovuto accomodarsi il capo dipartimento del Ministero delle infrastrutture, è rimasta vuota. Paolo Signorini era impegnato in un incontro col ministro Maurizio Lupi.

La prassi di sovvenzionare opere infrastrutturali all’estero non è nuova per la Svizzera. Già nel 1982, la Confederazione ha investito 60 milioni di franchi per la costruzione della galleria ferroviaria di Monte Olimpino II, tra Como e Chiasso.

Berna ha poi partecipato finanziariamente anche all’ingrandimento del terminal di Busto Arsizio-Gallarate nel 2005, con 75 milioni, e ha investito negli interporti di Anversa (Belgio), Singen e Duisburg (Germania).

Sempre nel 2005, il parlamento ha deciso di versare contributi di diverse decine di milioni di franchi per dei progetti ferroviari in Germania e in Francia, destinati a ridurre i tempi di percorso tra la Svizzera e le principali città di questi due paesi. Ad esempio ha partecipato con 110 milioni di euro alla riabilitazione della tratta Bellegarde-Bourg-en-Bresse, ciò che ha permesso di ridurre a poco più di tre ore il tempo di percorrenza tra Ginevra e Parigi.

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