Libero scambio: la Svizzera vuole un nuovo accordo con il Messico
Il presidente della Confederazione Johann Schneider-Ammann ha compiuto una visita di Stato in Messico il 3 e 4 novembre. In un'intervista a swissinfo.ch, Schneider-Ammann fa il punto sulle relazioni bilaterali, tra cui la prevista revisione dell'accordo di libero scambio (ALS), e si sofferma sulle sfide che la Svizzera deve affrontare a livello economico e in ambito di migrazione.
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Andrea Ornelas, Città del Messico
Deutsch
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Freihandel: Schweiz hofft auf neues Abkommen mit Mexiko
swissinfo.ch: Presidente, uno dei momenti salienti della sua visitaCollegamento esterno è stata l’inaugurazione della Camera di commercio e industria svizzero-messicana: riunirà 35 grandi imprese elvetiche che generano 35’000 posti di lavoro diretti in Messico. Finora la Svizzera aveva già camere di commercio in Argentina, Perù, Colombia e Venezuela, ma non in Messico, nonostante l’importanza delle relazioni economiche bilaterali. Come mai?
Johann Schneider-Ammann: Le aziende svizzere lavorano già da anni intensamente in Messico, in modo autonomo. Lavorano dall’alba al tramonto per sopravvivere e crescere. Ma non avevano cercato, fino ad ora, di sviluppare una base per lavorare congiuntamente.
Sono state le imprese più piccole a promuovere questa iniziativa e a fare in modo che possa crescere e prendere forma. È stata però indispensabile la partecipazione delle imprese più grandi, affinché la Camera di commercio e industria svizzero-messicana possa acquisire maggiore forza e visibilità.
Personalmente, sono molto contento del fatto che abbiano imboccato questa strada.
swissinfo.ch: Gli investimenti diretti da parte delle imprese svizzere in Messico superano i 9 miliardi di dollari e evidenziano già da decenni una grande solidità. Cosa cambierà in pratica con la Camera di commercio?
J.S.A.: Posso menzionarle la mia esperienza personale. Ho partecipato, quando ero imprenditore, a varie camere di commercio bilaterali. In che modo approfittiamo, quali imprenditori? Ci incontriamo regolarmente e questo ci offre la possibilità, di fronte a un problema o una questione sconosciuta, di consultare i colleghi per raccogliere la loro opinione o per imparare dalla loro esperienza.
Ma, soprattutto, queste camere ci permettono di prendere una posizione comune su questioni vitali. Ad esempio, qualche tempo fa, le imprese elvetiche si sono espresse energicamente presso la Camera di commercio franco-svizzera – a cui ho partecipato per diversi anni – contro una serie di riforme del diritto del lavoro francese che avrebbe toccato anche la Svizzera.
A volte, siamo stati ascoltati. In altre occasioni, un po’ meno. Ma, per le imprese svizzere, è sempre importante poter disporre di una sola voce per esprimere interessi e preoccupazioni comuni.
swissinfo.ch: Tre anni fa, la Svizzera ha espresso la volontà di rinegoziare l’accordo di libero scambio (ALS) con il Messico, concluso da parte elvetica nel quadro dell’Associazione europea di libero scambio (AELS). Questa intenzione è stata formalizzata nel mese di gennaio 2016 durante il Forum economico di Davos e sono già stati tenuti due cicli di negoziati: a Ginevra, in maggio, e a Città del Messico, in agosto. Cosa si aspetta la Svizzera da un nuovo ALS?
J.S.A:. La Svizzera si aspetta un accordo moderno in tutti i sensi: un accordo che rispetti i principi fondamentali per i quattro membri dell’AELS (Svizzera, Islanda, Liechtenstein e Norvegia), compresi gli aspetti sociali e ambientali.
Siamo inoltre particolarmente interessati alla questione dei diritti di proprietà intellettuale. A livello generale auspichiamo che l’accordo sia adeguato alle esigenze del XXI secolo, che non sono più le stesse di quelle del 2001, quando il trattato attuale è entrato in vigore.
Messico-Svizzera: 70 anni di relazioni
Il presidente della Confederazione Johann Schneider-Ammann, ha effettuato una visita di lavoro in Messico, il 3 e 4 novembre.
L’obiettivo principale era di rafforzare le relazioni bilaterali con la seconda più grande economia dell’America latina, che figura tra i membri del G20.
Schneider-Ammann, che svolge anche l’incarico di ministro dell’economia, ha pure incontrato il suo omologo messicano, Guajardo Villarreal. Assieme hanno aperto la Camera di commercio e industria svizzero-messicana.
Il presidente della Confederazione ha inoltre incontrato il ministro delle finanze messicano, Jose Antonio Meade, per discutere dell’accordo di libero scambio che la Svizzera, quale membro della Associazione europea di libero scambio (AELS), sta rinegoziando con il Messico.
Con il ministro messicano della pubblica istruzione, Aurelio Nuño, Schneider-Ammann ha inaugurato un’alleanza per la formazione duale, che prevede un programma di formazione nelle scuole e in 10 aziende svizzere presenti in Messico.
Schneider-Ammann è stato ricevuto anche dal presidente del Messico, Enrique Peña Nieto, nel Palazzo Nazionale, dove è stata espressa la volontà comune di rafforzare i legami dopo 70 anni di relazioni diplomatiche tra i due paesi.
Alcuni anni fa, il Messico aveva deciso di non avviare la revisione dell’accordo di libero scambio con l’AELS. Comprendo perfettamente le sue ragioni. Il Messico stava negoziando l’accordo di Partenariato Trans-Pacifico, che considerava prioritario.
Ora, però, i negoziati con la Svizzera e gli altri membri dell’AELS sono in corso e speriamo di raggiungere un buon risultato. Speriamo che la versione aggiornata dell’ALS possa essere firmata nel 2017.
swissinfo.ch: Vi sono temi sensibili, per i quali la Svizzera non è disposta a compromessi nel commercio con il Messico?
J.S.A: Il tema dell’agricoltura è sempre fondamentale per noi e la Svizzera si sforza per gestirlo con grande cautela. Dato che siamo stati però in grado di trovare soluzioni in questo settore con un paese come la Cina, sono sicuro che troveremo il modo per raggiungere accordi costruttivi anche con il Messico.
swissinfo.ch: Nel corso di questa visita è stato posto un chiaro accento anche sulla formazione. È stato annunciato il lancio di un accordo sulla formazione duale. Che collaborazione è prevista in questo settore?
J.S.A:. In effetti, un’alleanza nell’ambito della formazione duale è stata presentata presso la Scuola svizzera in Messico. Personalmente sostengo con grande fierezza il sistema di formazione duale in vigore in Svizzera, che unisce formazione teorica e pratica.
Credo che, ad eccezione di Svizzera, Germania, Austria e alcuni paesi scandinavi, il resto del mondo sottovaluti la formazione professionale, un fatto per me catastrofico. La formazione professionale deve beneficare del prestigio e del riconoscimento che merita. La formazione duale è molto importante.
Noto spesso che, in molti paesi, i genitori non vogliono che i loro figli seguano questo tipo di formazione. E gli insegnanti non apprezzano l’idea che i loro allievi non aspirino ad andare all’università.
Vi deve essere invece un giusto equilibrio, dato che abbiamo bisogno di studenti universitari ma anche di professionisti altamente qualificati e con competenze pratiche. E credo che il sistema svizzero sia il migliore per preparare questi giovani lavoratori. In Svizzera, i giovani sono molto orgogliosi di seguire questo tipo di formazione, poiché è socialmente accettata e riconosciuta.
In Messico, ci sono già una decina le imprese svizzere hanno introdotto programmi di formazione duale per i giovani messicani. La Svizzera si rallegra di poter condividere il meglio della sua esperienza.
swissinfo.ch: La Svizzera è uno dei leader mondiali nel settore finanziario, come pure nell’istruzione e l’innovazione. Ma, in questi ambiti, deve anche affrontare anche delle difficolta. La forza del franco ha colpito le sue aziende ed è previsto un freno all’immigrazione. Quali sono le principali sfide nel 2017?
J.S.A:. Prima di tutto, dobbiamo trovare una soluzione con l’Unione Europea (UE). Gli accordi bilaterali in vigore con l’UE sono molto importanti per noi. Questi accordi contemplano la libera circolazione delle persone che sarà probabilmente rimessa in questione dalla decisione adottata dal popolo svizzero il 9 febbraio 2014.
I cittadini svizzeri hanno infatti votato a favore dell’introduzione di quote in materia di immigrazione. Questa decisione sta costringendo il nostro governo ad essere molto creativo. Abbiamo avuto tre anni per cercare una soluzione e speriamo di trovarla entro la scadenza del febbraio 2017.
swissinfo.ch: Per quanto riguarda il franco, l’economia svizzera è già riuscita a trovare un nuovo equilibrio, quasi due anni dopo che la banca centrale ha eliminato il tasso di cambio minimo con l’euro?
J.S.A: Sono molto orgoglioso del fatto che le imprese svizzere, tra cui anche quelle dell’industria classica, siano riuscite ad adeguarsi alla decisione della Banca nazionale svizzera (BNS), ritendendo che è inutile continuare a lamentarsi. La decisione è presa ed è irreversibile. Così ora stanno puntando sulla digitalizzazione economica, l’industria 4.0.
Le imprese svizzere sanno di essere in grado di trovare nuovi sbocchi attraverso l’innovazione e lo faranno anche in futuro.
Traduzione di Armando Mombelli
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Un anno dopo la sua entrata in vigore, l’accordo di libero scambio tra Svizzera e Cina sembra poter mantenere le sue promesse. Ma di fronte a un’economia cinese in rallentamento e in mutazione, gli esportatori elvetici faticano a prevedere i benefici supplementari che potranno trarre dall’enorme mercato.
Tra il primo luglio 2014 e l’aprile di quest’anno, le esportazioni svizzere verso la Cina sono aumentate del 3,5%. Le merci cinesi importate in Svizzera hanno dal canto loro segnato un incremento del 5,7%. Questa crescita è superiore a quella delle esportazioni (+1,7%) e delle importazioni svizzere (+2,6%) a livello globale, indica la Segreteria di Stato dell’economia (SECO).
In che misura questo incremento è da imputare all’accordo di libero scambio (ALS) tra Berna e Pechino, che necessiterà ancora di diversi anni prima di diventare pienamente operativo?
«Per ora, l’impatto principale è psicologico», risponde a swissinfo.ch Nicolas Musy, cofondatore di China Integrated, un’agenzia di consulenza con sede a Shanghai. «I dazi delle merci che più contano per la Svizzera diminuiranno lentamente. Ci potrebbero volere dieci anni», prevede.
«L’ALS ha però avuto un impatto immediato per ciò che concerne le dinamiche nelle relazioni commerciali tra i due paesi. Le aziende svizzere e cinesi hanno un incentivo ad accrescere ulteriormente la loro attività», puntualizza Nicolas Musy.
In Svizzera, a beneficiare maggiormente delle riduzioni dei dazi doganali dovrebbero essere i settori delle macchine, degli strumenti di precisione, dell’orologeria, della farmaceutica e della chimica.
Ci sono tuttavia diversi aspetti da risolvere prima che le esportazioni di beni e servizi verso la Cina aumentino del 63% rispetto al 2010, per un risparmio annuo di 290 milioni di franchi, come pronosticava uno studio svizzero di fattibilità realizzato cinque anni fa.
A questo si aggiunge l’incertezza sul futuro andamento dell’economia cinese, che in seguito al rallentamento della crescita del Pil si trova in una fase di profonda trasformazione. L’intenzione del governo di Pechino è di passare da una crescita guidata dagli investimenti statali a un’economia basata sul settore privato e sui consumi.
L’anno scorso, la seconda economia del mondo è cresciuta del 7,4%, il tasso più basso dal 1990. L’espansione dovrebbe ulteriormente ridursi quest’anno e attestarsi al 7%.
Vincent Affolter, responsabile del mercato Asia-Pacifico del fabbricante svizzero di ingranaggi Affolter Group, rileva che le ordinazioni dalla Cina sono in calo rispetto all’anno scorso. Le aziende, spiega, preferiscono attendere gli effetti delle riforme.
«Le carte sono state ridistribuite e nessuno sa se il vincitore sarà il settore privato o quello pubblico», afferma Affolter. «Ho la sensazione che le imprese statali credano che le cose non cambieranno. La Cina sembra però seria nella sua intenzione di portare la sua economia su un nuovo livello. Potrebbero emergere opportunità per il settore privato, ma c’è un certo sentimento di insicurezza».
«La strada per riequilibrare l’economia cinese sarà probabilmente lunga e difficile», ha pronosticato a inizio giugno Kamel Mellahi, professore di strategia d’impresa alla Warwick Business School.
La ristrutturazione dell’economia cinese potrebbe però portare molti benefici alle aziende svizzere. «Nel 2008, le aziende che ho visitato disponevano per lo più di vecchi macchinari. Questo sta ora cambiando», indica Vincent Affolter. «È l’unico grande mercato nel mondo che sta passando dai macchinari superati a processi manifatturieri automatizzati».
Lotta alla corruzione
Una seconda ondata di riforme in Cina - la lotta alla corruzione e ai regali ai funzionari - sta gravando sul settore dei beni di lusso e dell’orologeria. Un quarto di tutte le esportazioni orologiere svizzere sono dirette in Cina o a Hong Kong, dove le minori tasse sui prodotti di lusso attirano consumatori dal continente.
L’anno scorso, le esportazioni orologiere svizzere verso la Cina sono scese del 3,6% (-27% negli ultimi due mesi del 2014) e sono rimaste stabili in direzione di Hong Kong. I primi cinque mesi di quest’anno si sono dimostrati volatili, con una riduzione del 19,2% a Hong Kong e un incremento dell’8,4% in Cina.
Secondo Nicolas Musy, l’ALS non avrà molte ripercussioni sull’esportazione di orologi svizzeri verso la Cina continentale. L’accordo prevede la riduzione di alcuni dazi, ma non dice nulla sulla tassa locale applicata sui beni di lusso. Per la Federazione orologiera svizzera, la Cina rimarrà comunque un mercato prioritario a lungo termine. Il suo auspicio è che in futuro si possa negoziare un abbassamento della tassa sul lusso.
Se l’ALS non ha ancora mostrato i suoi effetti positivi è anche perché l’adozione di nuove procedure burocratiche necessita di tempo. L’accordo è complesso e verrà attuato in modo graduale nel corso del prossimo decennio.
A creare problemi, ad esempio, sono state le imbarcazioni partite dai porti europei e che trasportavano merci svizzeri e dell’Unione europea. I responsabili svizzeri e cinesi hanno dovuto ridurre i ritardi causati da ispettori doganali che tentavano di stabilire l’origine dei prodotti elvetici.
Simon Evenett, esperto di commercio internazionale all’Università di San Gallo, ritiene che i vantaggi non tariffali, come appunto delle procedure doganali più rapide, siano stati «lodati eccessivamente» dai sostenitori dell’ALS. «La Cina ha predisposto delle procedure per permettere agli esportatori svizzeri di esporre le proprie lamentele. Ma è ancora da vedere se questo sistema si rivelerà davvero efficace», dice a swissinfo.ch.
Ciononostante, l’accordo di libero scambio tra Svizzera e Cina porterà alcuni benefici per gli esportatori svizzeri, riconosce Simon Evenett. «Si sta andando nella giusta direzione, ma non tutti sono contenti della velocità con cui si avanza», dice.
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