«L’opposizione si rafforzerà a Cuba»
La svolta nelle relazioni tra Stati Uniti e Cuba avrà ripercussioni che vanno oltre i semplici rapporti bilaterali tra due paesi. Per un vero cambiamento, è però necessario che l’embargo imposto oltre mezzo secolo fa venga soppresso, ritengono gli esperti contattati da swissinfo.ch.
«L’idea di un riavvicinamento già avanzata da Kennedy si è finalmente concretizzata. Si tratta di un evento storico per tutti i cubani», commenta a swissinfo.ch l’editore ginevrino Orlando Blanco, che tra il 1964 e il 1967 ha lavorato quale incaricato d’affari presso l’ambasciata di Cuba a Berna. Il suo auspicio è che il popolo cubano possa ora «esprimersi più liberamente e che il sistema di repressione venga abolito».
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Cuba-USA: «La cosa giusta da fare»
In accordo con il suo omologo cubano Raul castro, il presidente statunitense Barack Obama ha annunciato mercoledì l’intenzione di normalizzare le relazioni tra i due paesi, congelate dal 1961.
Gli Stati Uniti toglieranno Cuba dalla lista delle nazioni che sostengono il terrorismo e sopprimeranno alcune restrizioni sui viaggi, il commercio e il trasferimento di denaro. Cuba, dal canto suo, ha annunciato la liberazione di una cinquantina di prigionieri politici e una maggiore apertura nei confronti degli esperti dell’ONU e del Comitato internazionale della Croce Rossa.
Una svolta che era nell’aria
Per l’ex parlamentare socialista Franco CavalliCollegamento esterno, profondo conoscitore di Cuba, l’annuncio di Obama è una mezza sorpresa. «Mi aspettavo come primo passo uno scambio dei prigionieri. Obama si è invece spinto più in là», afferma. La svolta era comunque nell’aria, prosegue il medico, tra i fondatori di mediCuba-SvizzeraCollegamento esterno, un’organizzazione non governativa che si occupa di progetti di cooperazione in ambito sanitario.
«Ultimamente ci sono stati diversi segnali, tra cui alcuni editoriali del New York Times, che andavano in questa direzione. John Kerry aveva ad esempio lodato il lavoro svolto dai cubani in Africa per contrastare l’ebola. Ci sono poi state le visite a Cuba di diversi parlamentari americani e di grossi personaggi del mondo economico», spiega Franco Cavalli.
A spingere verso un cambiamento è stata ovviamente anche Cuba, osserva Claude AuroiCollegamento esterno, professore onorario all’Istituto universitario di studi internazionali e dello sviluppo di Ginevra. «Il regime era insostenibile e Raul Castro aveva bisogno di soldi», dice.
Un’opinione condivisa da Michael Parmly, a capo della Sezione degli interessi americani a L’Avana dal 2005 al 2008. Raul Castro, si legge in un’intervista al quotidiano Le Temps, ha avviato delle riforme che tardano però a dare i frutti. «Con questo gesto, spera di poter rilanciare l’economia», sostiene l’ex diplomatico.
Difficile resistere alla democratizzazione
Dal punto di vista politico e psicologico, Cuba è senza dubbio la vincitrice, come testimonia anche l’esultanza del popolo, ritiene Franco Cavalli. «È la vittoria di Davide contro Golia, che nonostante 50 anni di tentativi, non si è mai fatto strozzare».
Il ruolo «un po’ passivo» della Svizzera
La Svizzera rappresenta gli interessi americani a Cuba, e quelli cubani negli Stati Uniti, dal 1961. In seguito a un accordo del 1977 tra il presidente americano Jimmy Carter e il governo di Castro, il ruolo della Confederazione è diventato più marginale.
Secondo Franco Cavalli, ex deputato in parlamento per il Partito socialista, il ruolo della Svizzera è più teorico che pratico. «Quando c’era un vero problema tra L’Avana e Washington, i due paesi trovavano sempre un modo per parlarsi. Quella svizzera è stata un’intermediazione un po’ passiva», afferma.
Di tutt’altro avviso, Orlando Blanco sostiene che il sistema cubano è «un fallimento». Privato del sostegno forte della Cina e della Russia, il governo cubano è obbligato a prendere un’altra strada. «Per questo intende seguire il modello cinese, ovvero adottare un capitalismo come negli anni 1920 basato su salari e costi di produzione bassi, conservando nel contempo la struttura rigida di un sistema comunista», afferma.
Cuba è tuttavia troppo piccola e non dispone della potenza della Cina, sottolinea Claude Auroi. «Appena le imprese americane saranno di ritorno, sarà difficile resistere alla democratizzazione. Il sistema non resisterà senza i fratelli Castro siccome non c’è alcun ricambio politico serio».
Malgrado le affermazioni di Raul Castro, mostratosi inflessibile in materia di apertura politica e di rispetto dei diritti umani, il riavvicinamento con gli Stati Uniti avrà effetti sulla società cubana, prevede l’esperto di America latina. «Con l’apertura delle frontiere e la diffusione delle informazioni, diverse influenze modificheranno la società e il movimento di opposizione diventerà più grande», sostiene Claude Auroi.
Ritorno impossibile
Seppur significative, le sole misure annunciate mercoledì non avranno un impatto cruciale per Cuba, ritiene Franco Cavalli. «Ci saranno più turisti americani e per gli americani di origine cubana sarà più facile mandare soldi. Il vero cambiamento, quello che comporterà grossi effetti economici, avverrà soltanto con la soppressione dell’embargo».
Anche in materia di politica interna, sottolinea Franco Cavalli, è l’embargo a fare stato. «Tutti i responsabili cubani con cui ho parlato in questi anni hanno detto che la condizione per aprirsi maggiormente è l’abolizione del blocco economico. Fino ad allora non cambierà molto».
Come comunicato dal portavoce della Casa Bianca, il presidente americano vuole giungere alla fine dell’embargo contro Cuba entro il termine del suo mandato nel 2016. Dovrà però per questo superare lo scoglio del Congresso, dominato dalla maggioranza repubblicana.
Dopo il disgelo di mercoledì, un passo all’indietro appare comunque improbabile. «Oggi, il movimento verso la liberalizzazione dell’economia è irreversibile. Un ritorno è impossibile», ritiene Claude Auroi. Presto o tardi, aggiunge, l’embargo verrà tolto siccome sono gli interessi economici a prevalere nei settori del turismo, dell’agricoltura e dell’industria.
«Buona parte del mondo economico statunitense è interessata a sviluppare contatti con Cuba, anche perché Cuba ha da offrire risorse umane, soprattutto a livello accademico, estremamente qualificate», osserva Franco Cavalli. «Ci sarà una spinta oggettiva ad andare in avanti in questo riavvicinamento. Sarebbe illogico volere relazioni normali, mantenendo però il blocco economico».
Guerra fredda tra Cuba e Stati Uniti
1961: Washington rompe le relazioni diplomatiche con L’Aavana dopo l’avvicinamento dei rivoluzionari castristi all’Unione sovietica. Il tentativo di rovesciare il governo di Fidel Castro da parte di esuli cubani sostenuti dagli Stati Uniti, la cosiddetta invasione della Baia dei Porci, fallisce.
1962: il presidente americano John F. Kennedy decreta un embargo commerciale nei confronti di Cuba. La crisi si accentua dopo l’installazione di missili nucleari sovietici su Cuba.
1977: apertura dell’Ufficio degli interessi americani a L’Avana sotto la presidenza di Jimmy Carter, che allenta l’embargo.
1995: Cuba e Stati Uniti firmano degli accordi migratori.
1996: rafforzamento dell’embargo americano con la legge Helms-Burton.
2001: il presidente americano George W. Bush inasprisce l’embargo limitando ulteriormente i viaggi e gli invii di denaro verso l’isola.
2004: Cuba annuncia la fine delle sue transazioni commerciali in dollari.
2008: i paesi dell’America latina reclamano la revoca dell’embargo contro Cuba.
2009: Barack Obama sopprime tutte le restrizioni sui viaggi e sugli invii di denaro. Rappresentanti dei due paesi avviano discussioni informali per rilanciare il dialogo.
2011: l’americano Alan Gross, arrestato a Cuba, viene condannato a 15 anni di prigione per spionaggio.
2013: storica stretta di mano tra Barack Obama e Raul Castro durante i funerali di Nelson Mandela in Sudafrica.
2014: il 17 dicembre, Alan Gross viene liberato per ragioni umanitarie e Barack Obama annuncia «un nuovo capitolo» delle relazioni con Cuba.
Fonte: ATS
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