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Frontalieri meno pagati e sempre meno qualificati

Nel 2015 l’immigrazione dai paesi dell’UE è leggermente calata. Non però nelle regioni di confine, dove l’impiego dei frontalieri continua a rimanere elevato. In Ticino, i frontalieri guadagnano il 6% in meno dei lavoratori residenti.

L’anno scorso, il saldo migratorio dall’Unione Europea ha raggiunto le 47’800 unità, 3’000 in meno rispetto al 2015, stando al RapportoCollegamento esterno annuale dell’Osservatorio sulla libera circolazione delle persone tra Svizzera e UE, presentato martedì.

Nel documento, la Segreteria di Stato dell’economia (Seco), rileva però un aumento del numero di immigrati poco qualificati, meno pagati e più toccati dal deterioramento del mercato del lavoro. Pur ritenendo positivo il bilancio degli effetti della libera circolazione, la Seco consiglia quindi di tener d’occhio gli sviluppi dell’immigrazione, in particolare nelle regioni di confine.

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Dall’analisi emerge che in Ticino i frontalieri, che rappresentano il 28% degli attivi, guadagnano il 6% in meno dei lavoratori residenti.

Per la direttrice della SECO Marie-Gabrielle Ineichen-Fleisch, il quadro non è preoccupante: «Il 6% non è dumping salariale, e non abbiamo prove che ci sia sostituzione sistematica della manodopera residente con frontalieri».

Il ministro ticinese dell’economia Christian Vitta non è però dello stesso avviso: la realtà dietro ai numeri non è sempre rosea. Basti pensare ai 15 contratti normali di lavoro introdotti dove urgevano salari minimi. Il Ticino detiene il primato svizzero, come per le 3’000 multe alle aziende e i 1’200 divieti a padroncini e distaccati.

Resta il dato dei lavoratori «meno qualificati». Per il sindacato UNIA, non si tratta di un reale peggioramento della qualità della manodopera: spesso le competenze ci sono, ma non sono riconosciute e pagate.

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