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“La Svizzera potrebbe fare molto di più” sulla governance globale dell’IA

Donna sistema robot umanoide con aspetto femminile
La Svizzera potrebbe avere un ruolo centrale nel contribuire a rendere l'uso e l'applicazione dell'IA più sicuri, trasparenti ed etici. Ma la questione non è ancora abbastanza in cima alla sua agenda. Afp Or Licensors

In cima all'agenda del WEF, in corso a Davos, ci sono le discussioni su come gestire l'intelligenza artificiale. La Svizzera potrebbe fare da mediatrice per spingere verso una regolamentazione più inclusiva, sostengono due esperte del settore digitale. 

Il Forum economico mondiale (WEF), che si tiene a Davos dal 15 al 19 gennaio, è un’importante piattaforma per le grandi aziende tecnologiche e per il settore privato per promuovere la loro agenda sulla governance globale dell’intelligenza artificiale (IA). 

Ma per smuovere davvero le acque, anche la società civile e i Paesi del Sud del mondo dovrebbero sedere al tavolo delle discussioni. Questi gruppi di interesse non sono sufficientemente rappresentati al WEF, che rimane un evento poco inclusivo secondo le esperte di etica e di economia digitale Niniane Paeffgen e Salomé Eggler.

Le due esperte ritengono che la Svizzera possa svolgere un ruolo attivo centrale nel plasmare il dibattito sulla gestione globale dell’IA e renderlo più inclusivo. In quanto democrazia diretta e Paese noto come mediatore diplomatico e neutrale, la Svizzera può dare voce ai cittadini e alle cittadine di tutto il mondo. Ma la governance dell’IA non è ancora abbastanza in cima alla sua agenda. 

Salomé Eggler è responsabile del Digital Transformation Centre Kenya, un’iniziativa finanziata dall’UE e dalla Germania. Collabora anche con il think tank Foraus, specializzato nella politica estera svizzera. In precedenza, è stata consulente del Governo federale tedesco come esperta digitale e ha lavorato anche per le Nazioni Unite a New York e Ginevra.

Niniane Paeffgen è membro del consiglio di amministrazione di Foraus e cofondatrice di Office for Audacity, una società di consulenza filantropica che sostiene progetti innovativi. In passato è stata direttrice generale della Swiss Digital Initiative a Ginevra.

SWI swissinfo.ch: La governance globale dell’intelligenza artificiale è uno dei temi centrali del WEF di quest’anno. Perché?

Foto Niniane Paeffgen
Niniane Paeffgen è membro del consiglio di amministrazione di Foraus e cofondatrice di Office for Audacity. Copyright 2020 Headshot Factory

Niniane Paeffgen: L’introduzione di ChatGPT ha cambiato le carte in tavola nel dibattito globale. Ha innescato una nuova urgenza e un crescente consenso internazionale sulla necessità di fare di più per gestire attivamente lo sviluppo e l’uso dell’IA. I governi di tutto il mondo si sono resi conto che devono agire per rendere l’uso e l’applicazione dell’IA più sicuri, trasparenti ed etici. È diventato chiaro che più si aspetta a stabilire tali principi comuni e vincolanti, più sarà difficile implementarli a livello internazionale.

Salomé Eggler: Nell’ultimo trimestre del 2023 c’è stata una raffica di iniziative riguardanti la governance globale dell’IA. L’attenzione del dibattito si è spostata maggiormente verso una regolamentazione vincolante. Ma il punto di svolta è stato l’emanazione dell’Ordine esecutivoCollegamento esterno sullo sviluppo e l’uso sicuro e affidabile dell’IA da parte degli Stati Uniti. È un passo che non mi aspettavo di vedere così rapidamente. In passato, gli Stati Uniti sono stati piuttosto cauti nell’adottare normative che toccassero gli interessi dei loro giganti tecnologici. 

Con l’accelerazione della corsa alla regolamentazione dell’IA, al WEF c’è ampio spazio per discutere di come i diversi regimi di governance si intreccino e possano essere armonizzati in un quadro globale.

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Dove si colloca la Svizzera in questa corsa? In un recente articoloCollegamento esterno per il think tank di politica estera Foraus, avete scritto che la Svizzera dovrebbe fare di più per promuovere la governance globale dell’IA.

N.P.: Sì è così. La Svizzera osserva e già oggi contribuisce al dibattito, ma potrebbe fare molto di più. Da un punto di vista politico, la questione dovrebbe essere più in alto nell’agenda e una delle massime priorità del Paese per quanto riguarda i suoi sforzi nel campo del digitale

In quanto Paese non membro dell’Unione europea, la Svizzera non ha partecipato alla definizione del regolamento europeo sull’IA (AI Act). Tuttavia, la Svizzera partecipa attivamente a diversi forum internazionali e processi di governance sull’IA. Ad esempio, presiede il Comitato sull’IA del Consiglio d’Europa (CAI), che sta attualmente elaborando una convenzione globale giuridicamente vincolante sull’intelligenza artificiale, i diritti umani, la democrazia e lo Stato di diritto.

La Svizzera coorganizza inoltre, insieme all’Unione internazionale delle telecomunicazioni (ITU) e ad altre organizzazioni delle Nazioni Unite, il vertice AI for Good, che si tiene ogni anno a Ginevra. All’inizio di novembre, il consigliere federale Albert Rösti ha partecipato al primo vertice internazionale sulla sicurezza dell’IA organizzato dal Regno Unito e ha discusso la questione con ministri e ministre di vari Paesi.

La Svizzera si è sempre espressa contro un regolamento vincolante sull’IA. A fine novembre, tuttavia, il governo svizzero ha annunciato che avrebbe esaminato approcci normativi in linea con la legislazione europea e la Convenzione del Consiglio d’Europa sull’IA.

Può farci qualche esempio? Quali risorse uniche potrebbe sfruttare la Svizzera per dare un contributo decisivo alla definizione delle linee guida globali sull’IA?  

Foto Salomé Eggler.
Salomé Eggler è autrice per il think tank svizzero di politica estera Foraus e responsabile del Digital Transformation Centre Kenya, un’iniziativa finanziata dall’UE e dalla Germania. Salomé Eggler

S.E: La Svizzera ha diversi assi nella manica. Dato che l’IA è una tecnologia come nessun’altra, gli approcci di governance tradizionali non sono in grado di affrontare le sfide poste dall’IA. È necessario un pensiero innovativo. Dobbiamo delineare un quadro normativo che affronti i rischi concreti dell’IA e al contempo sia abbastanza agile da poter essere applicato a una tecnologia in continua evoluzione e con molte incognite. Non è un compito facile. Ma la Svizzera è un ecosistema ricco di innovazione e nuove idee e la sua diplomazia ha i mezzi per percorrere sentieri inesplorati.

Ad esempio, basandosi sulla sua nota immagine di democrazia diretta, la Svizzera potrebbe rendere più partecipativo il dibattito sulla governance globale dell’IA e dare voce ai cittadini e alle cittadine su come, da chi e per cosa vengono utilizzati i sistemi di IA. Perché anche se la società civile – in quanto utenza finale – è la più toccata dalla tecnologia, finora è rimasta in gran parte inascoltata. 

N.P: Il Paese potrebbe anche fornire una piattaforma neutrale per il dibattito sulla governance dell’IA, soprattutto quando si tratta di argomenti controversi, in cui le motivazioni geopolitiche legate alla supremazia dell’IA giocano un ruolo, ad esempio tra Stati Uniti e Cina. In quanto Paese neutrale, la Svizzera è già nota in tutto il mondo come mediatrice tra parti e interessi diversi. Potrebbe assumere questo ruolo anche nel contesto dell’IA, mediando tra gruppi di interesse, ma anche tra Paesi con opinioni differenti su come la tecnologia dovrebbe essere governata.

Grazie alla sua storia e al fatto di ospitare a Ginevra un ampio spettro di organizzazioni internazionali, come le Nazioni Unite, ma anche molte ONG, la Svizzera potrebbe anche adoperarsi per posizionare la Ginevra internazionale come punto di snodo per una governance dell’IA multi-stakeholder a livello internazionale.

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Oltre a Ginevra, tuttavia, anche Davos, con il WEF, sta cercando di posizionarsi come centro della governance dell’IA. L’anno scorso il WEF ha fondato l’AI Governance Alliance e ha organizzato diversi eventi con questo obiettivo. C’è una competizione tra il mondo delle organizzazioni internazionali a Ginevra e il mondo delle imprese che si riunisce a Davos per dare forma all’IA del futuro?

N.P: Si tratta di due approcci complementari. A Ginevra ci sono organizzazioni internazionali, ONG e attori accademici che lavorano sulla governance dell’IA. E poi c’è il WEF, anch’esso con sede a Ginevra, il cui incontro annuale si svolge a Davos e che riunisce soprattutto rappresentanti del settore privato e dei governi.

Ecco perché ritengo che il WEF possa svolgere un ruolo cruciale nel plasmare e far progredire la governance globale di una tecnologia il cui sviluppo è nelle mani di grandi aziende tecnologiche e lontano dalla portata dei governi centrali. Le aziende di IA devono essere coinvolte nella conversazione sulla governance della tecnologia che sviluppano e diffondono. Devono fare la loro parte per garantire un uso responsabile e trasparente dell’IA. L’incontro annuale di Davos serve a esaminare soluzioni molto concrete e a discutere il ruolo e le responsabilità del settore privato.

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Eppure il WEF continua ad attirare molte critiche, soprattutto perché viene visto come un evento “elitario” per pochi magnati dell’economia e ricchi/e leader provenienti soprattutto dai Paesi sviluppati. Possiamo quindi aspettarci dei veri progressi sulla governance globale dell’IA al WEF?

S.E.: È vero, in passato il WEF non è stato abbastanza inclusivo. Se vogliamo parlare di responsabilità, dobbiamo farlo nei confronti di tutti i cittadini e di tutte le cittadine del mondo e non solo di una parte. 

Per quanto riguarda i progressi che ci si può aspettare dal WEF di quest’anno: non risolveremo il problema della governance dell’IA a Davos, questo è certo. Il WEF è solo un piccolo pezzo del puzzle; è altamente improbabile che emerga presto una soluzione o uno strumento unico per governare questa tecnologia su scala internazionale.

N.P.: Le critiche sono giustificate. In un mondo fratturato da molteplici crisi, dal cambiamento climatico ai conflitti e alla polarizzazione, fino allo stallo del nostro sistema multilaterale, le questioni non vengono affrontate con la dovuta rapidità. Il fatto che diversi attori chiave si riuniscano al WEF è potente, ma un vero cambiamento richiede l’inclusione di tutte le prospettive e la volontà politica di agire. Altrimenti si tratta solo di belle parole senza alcuna conseguenza. 

A cura di Virginie Mangin

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