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Zero emissioni per la casa del futuro

Casa del futuro presso il Politecnico federale di Zurigo sulla collina di Höngg swissinfo.ch

Una termopompa di nuova generazione, combinata a una serie di accorgimenti per immagazzinare il calore d’estate e riutilizzarlo durante l’inverno. Questa tecnologia, sperimentata da un professore del Politecnico di Zurigo, permetterebbe di rinunciare al risanamento delle case male isolate.

Specializzato nell’insegnamento di tecnica edilizia presso il dipartimento di architettura al Politecnico federale di Zurigo, il professor Hansjürg Leibundgut è inoltre imprenditore a tempo parziale. In tal modo può facilmente combinare aspetti teorici e pratici della sua passione.

Negli ultimi anni ha elaborato tra l’altro un prototipo d’abitazione plurifamiliare (ribattezzato “Progetto B35”) che riesce, mediante la combinazione di diverse tecniche, a stoccare calore sottoterra durante la bella stagione, per poi recuperarlo quando fa freddo. Un prototipo che è attualmente in costruzione a Zurigo sulla collina di Höngg, vicino al Politecnico.

Tutto ruota attorno a una termopompa di nuova generazione, costituita da una sonda che penetra nel terreno fino a una profondità di circa 400 metri. “A quel livello – spiega Leibundgut – la temperatura media nel sottosuolo della Svizzera interna è di circa venti gradi”. All’interno del tubo della sonda corre acqua, che in estate viene riscaldata col calore che colpisce il tetto, dove si arriva a 30 gradi, tramite pannelli fotovoltaici che producono elettricità e per i quali l’acqua viene utilizzata come sistema di raffreddamento.

L’acqua così riscaldata scende quindi nel sottosuolo e giorno dopo giorno lo scalda, finché – a fine estate – le rocce raggiungono una temperatura di circa 22 gradi, due più del normale. A quel punto il ciclo si inverte: fuori comincia a fare freddo e dunque la stessa acqua viene fatta risalire in superficie alla temperatura di 22 gradi, grazie al calore accumulato. Questo pian piano si esaurisce fino all’arrivo della primavera.

Ticino avvantaggiato

Un sistema particolarmente adatto per il sud della Svizzera. “Il Ticino ha due grossi vantaggi rispetto alla Svizzera centrale – osserva Leibundgut – c’è più sole e quindi più calore da immagazzinare d’estate. Inoltre la temperatura del sottosuolo è di due gradi più elevata, quindi il sistema parte avvantaggiato”.

Ovviamente bisogna calcolare l’applicabilità caso per caso: per esempio il sistema è adatto e redditizio per una palazzina di 5-6 appartamenti, sarebbe invece troppo costoso per un’abitazione singola. I costi di una sonda di questo tipo si aggirano infatti sul centinaio di franchi al metro, cui bisogna aggiungere le spese per i pannelli fotovoltaici e, se si vuole, quelle per altri accorgimenti che aiutano ad accumulare calore.

Per esempio, nel cantiere della palazzina di Höngg, il professore ci mostra alcune curiose scatolette di metallo, pronte per essere inserite nei pavimenti in costruzione, con sbocchi sulle pareti esterne. Serviranno al sistema d’aerazione: capteranno l’aria calda dall’esterno in estate per poi farla raffreddare al loro interno, “cedendo” anch’esse calore alla sonda e diffondendo quindi l’aria raffreddata negli ambienti, con un effetto simile all’aria condizionata. Parallelamente, il calore “ceduto” andrà a riscaldare ulteriormente il sottosuolo, pronto per essere riutilizzato durante l’inverno.

Musica del futuro

“La conseguenza  di tutto il sistema – conclude Leibundgut – è che il rivestimento esterno non sarà più decisivo: potranno bastare 12 o addirittura 4 centimetri di materiale isolante, tanto dal sottosuolo, d’inverno, mi arriverà tutta l’energia pulita che voglio per riscaldare la casa”.

Si potrà insomma anche sprecarla con pareti poco isolate, e questo fa apparire superflui gli sforzi che si intraprendono oggi in Svizzera per promuovere il risanamento di quel milione e mezzo di case che, si calcola, siano poco o male isolate.

Una posizione che però non convince l’Ufficio federale dell’ambiente, almeno per lo stato attuale delle tecnologie. “A tutt’oggi produrre energia rinnovabile in Svizzera è molto costoso – dice il portavoce dell’UFAM Michael Kaufmann – sprecarla non ha senso e per questo pensiamo che isolare bene le abitazioni resti importante”.

Per la Confederazione, dunque, efficienza ed energie pulite devono andare di pari passo, visioni come quella del professor Leibundgut possono essere interessanti, ma restano musica del futuro.

Fondato nel 1855, il Politecnico federale di Zurigo (ETH Zürich) figura tra le scuole superiori più rinomate e innovative a livello mondiale in campo scientifico.

Attualmente oltre 15’000 studenti provenienti da un’ottantina di paesi studiano al Politecnico di Zurigo, che impiega circa 400 professori e più di 9’000 dipendenti, tra personale amministrativo, ricercatori, ecc.

L’istituto scolastico zurighese è finanziato dalla Confederazione con oltre 1 miliardo di franchi all’anno. I fondi privati corrispondono a circa 260 milioni di franchi all’anno.

Ben 21 ricercatori del Politecnico di Zurigo hanno ricevuto il Premio Nobel nel corso dell’ultimo secolo.

Il dipartimento di architettura del Politecnico di Zurigo si occupa tra l’altro di attivamente di edilizia sostenibile.

Per questo promuove lo studio di un particolare tipo di architettura, chiamata “Zero-Emissions Architecture”, che negli edifici mette al primo posto non più il risparmio energetico, ma l’assenza totale di emissioni nocive per l’ambiente.

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