
«Esplora, impara, agisci»: il credo di Mike Horn

Mike Horn, protagonista di molteplici imprese estreme, racconta a swissinfo.ch la sua filosofia, le sue sfide e in particolare l'operazione Pangaea, un lungo viaggio che toccherà tutti i continenti in compagnia di giovani esploratori guidati dal suo stesso spirito.
Pangaea è il nome del grande battello costruito per l’occasione nonché quello del mitico continente che riuniva tutte le terre emerse 250 milioni di anni or sono. Mike Horn è partito da Ushuaia, nella Terra del Fuoco, nell’ottobre del 2008. Da allora ha già percorso 59’000 miglia nautiche, ossia due volte e mezzo il giro del mondo.
Le prossime tappe di questo periplo saranno il Bangladesh e l’India. Tutto questo per aggiungere una nuova impresa alla sua collezione, peraltro già impressionante? No, stavolta il fulcro della sfida è un altro: la condivisione. Nel corso del viaggio, alla spedizione si aggiungono infatti dei giovani esploratori provenienti da tutto il mondo che condividono la filosofia di Horn.
swissinfo.ch: «Esplora, impara, agisci», recita il vostro slogan…
Mike Horn: Sì. Prima di tutto l’esplorazione, affinché i giovani abbiano una visione positiva del pianeta. Desidero che vedano ciò che è bello. Non si devono mostrare unicamente i ghiacciai che si stanno sciogliendo o gli alberi tagliati: se la gente vede unicamente ciò che non funziona, perde la speranza. È importante illustrare la bellezza.
La nostra seconda parola chiave è l’apprendimento. Come possiamo conservare tali elementi naturali? A questa domanda non posso rispondere io, non sono un ambientalista. Per questo motivo vi sono dei ricercatori universitari che si aggiungono a noi e ci forniscono la conoscenza necessaria.
Infine, il terzo concetto è «agire», in particolare per correggere l’azione umana quando quest’ultima ha un effetto negativo. In altre parole: compiere azioni concrete che grazie a questi giovani diventeranno un’onda capace di toccare tutti i continenti.
swissinfo.ch: Vari progetti ambientali sono associati alle regioni che attraverserete. Come sono scelti e definiti?
M.H.: Pangaea si fonda su tre pilastri. In primo luogo, la questione della biodiversità, modificata dall’intervento umano. In seguito, tutto quanto gravita attorno alle risorse idriche: acqua potabile, questioni legati all’igiene, inquinamento. Il terzo aspetto concerne l’essere umano nella sua dimensione sociale.
Quando elaboriamo i nostri programmi, chiedo ai giovani esploratori in quale ambito pensano di poter fornire un contributo. È meglio coinvolgerli direttamente invece di presentare una lista di progetti preconfenzionata. Poter beneficiare delle loro idee è più interessante: d’altronde, uno dei criteri di scelta era proprio il fatto di avere un progetto da realizzare.
Vogliamo aprire il loro spirito, affinché riflettano su come possono agire nei loro paesi. In questa prospettiva, è interessante mescolare le culture, i colori, le religioni: così facendo le decisioni sono prese assieme per il bene della Terra, e non della specifica regione di provenienza del singolo.
swissinfo.ch: Il mondo intero si è riunito a Copenaghen per parlare del futuro della Terra. Quale è la sua opinione?
M.H.: Vertici come quello di Copenaghen sono importanti per il futuro. In queste occasioni possono essere adottate delle grandi decisioni. Resta poi da vedere se tali decisioni saranno davvero concretizzate.
È importante essere coscienti del riscaldamento globale e parlarne, ma a un certo punto si deve agire, ciò che costituisce una tappa molto più avanzata rispetto alla discussione attorno a un tavolo.
Io sono un uomo d’azione: spero di poter applicare ciò che sarà deciso a Copenaghen e di fornire un contributo grazie ai giovani che lavorano con me. A questo proposito, sono deluso che in Danimarca non siano stati coinvolte maggiormente le nuove generazioni.
Se si vogliono adottare decisioni per il futuro del pianeta, abbiamo bisogno dello sguardo di chi rappresenta questo futuro. Ecco quello che manca a Copenaghen.
swissinfo.ch: La filosofia del progetto Pangaea pare segnare un cambiamento. In passato, Mike Horn era un esploratore solitario che lottava per sé stesso; oggi troviamo un Mike Horn impegnato, che lavora con e per i giovani…
M.H.: L’idea di partire solo al Polo Nord o al Circolo polare artico per due anni può sembrare egoista. Il mio obiettivo era però quello di raggiungere la conoscenza necessaria per poter condividere quanto ho vissuto. È un progetto che coltivo già da tempo.
Una ventina di anni fa, ho elaborato le grandi linee del mio percorso. Desideravo compiere una spedizione in ogni elemento – ghiaccio, giungla, tundra, montagna, deserto, acqua – per conoscerli meglio e mettere in comune questa conoscenza con le generazioni future.
È pur vero che la visione delle cose che avevo a 18-20 anni non è la stessa di quella attuale. Oggi mi sento pronto a condividere, a quel momento ero pronto a imparare.
swissinfo.ch: In che modo l’avventuriero solitario riesce oggi a vivere in gruppo?
M.H.: Quando si trascorrono due anni e mezzi soli in una tenda, non si ha voglia di avere contatti. Oggi, sul battello Pangaea, ognuno deve trovare il suo posto, e questo vale anche per me. Nella vita, chi è capace di adattarsi ha un vantaggio. E io sono un uomo che si adatta facilmente.
Oggigiorno provo un nuovo piacere attraverso i giovani che sono con me. È come una seconda vita: attraverso i loro occhi vedo ciò che prima guardavo soltanto con i miei e imparo qualcosa di nuovo. Il mio orizzonte si è allargato.
Bernard Léchot, Château d’Oex, swissinfo.ch
(traduzione e adattamento: Andrea Clementi)
Mike Horn è nato a Johannesburg nel 1966. Nel 1990, dopo la laurea, lascia il Sudafrica per l’Europa, dove lavora come maestro di sci e guida di rafting. Nel 1991 compie la sua prima esplorazione, in parapendio sulle Ande peruviane.
Nel 1995 apre il centro sportivo «No limits» in Svizzera. Nel frattempo batte il record per la discesa dalla più alta cascata con un hydrospeed, nel fiume Pacuare in Costa Rica (22 m).
Nel 1997 parte con la sua prima grande spedizione. In 6 mesi attraversa in solitaria il Sudamerica: dal Pacifico al Rio delle Amazzoni, che percorre interamente a nuoto, per 7’000 km.
Da giugno 1999 a ottobre 2000compie il giro del mondo lungo l’equatore, senza alcun tipo di mezzo motorizzato.
Nel 2002 incomincia il giro del mondo al circolo polare artico in solitaria. La spedizione dura 2 anni e tre mesi. Mike Horn è la prima persona ad avere percorso i 20’000 chilometri del tragitto.
Mike Horn è sposato e padre di due figlie; quando non è impegnato in qualche impresa, risiede nel cantone di Vaud, in Svizzera.
Nel mese di ottobre del 2008, Mike Horn e il suo equipaggio sono partiti dalla Terra del Fuoco a bordo del Pangaea, un battello lungo 34,7 metri.
Nel suo periplo, la spedizione ha toccato l’Antartico, il Polo Sud, la Nuova Zelanda, l’Australia, la Tasmania, la Papuasia, le Isole Salomone, la Micronesia, la Melanesia, il Giappone, Taïwan, Hong-Kong, Singapore, il Borneo e la Malesia. Le prossime tappe saranno il Bangladesh e l’India.
Il viaggio è legato al progetto «Young Explorers Program», che consente a giovani esploratori provenienti da tutto il mondo di affiancare Mike Horn e partecipare a progetti ambientali. Per esempio, analizzare le cause dell’inquinamento del Fiume Gange.

In conformità con gli standard di JTI
Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative
Potete trovare una panoramica delle discussioni in corso con i nostri giornalisti qui.
Se volete iniziare una discussione su un argomento sollevato in questo articolo o volete segnalare errori fattuali, inviateci un'e-mail all'indirizzo italian@swissinfo.ch.