
I polacchi non emigreranno in massa in Svizzera

La campagna per il voto di settembre è stata segnata dalla paura di un afflusso incontrollato di lavoratori stranieri legato all'estensione della libera circolazione.
A Varsavia, però, l’inviata di swissinfo ha incontrato ben pochi polacchi ansiosi di fare le valigie per la Svizzera qualora dalle urne uscisse un sì.
È passato più di un anno da quando la Polonia è entrata a far parte dell’Unione europea. Per il paese, dal passato comunista, è iniziata una nuova era.
Se il Palazzo della cultura e della scienza, di epoca staliniana, caratterizza ancora in modo deciso il profilo urbano di Varsavia, la capitale polacca mostra i segni ben visibili degli investimenti occidentali.
Per lungo tempo la Polonia è stata uno dei maggiori esportatori di forza lavoro verso l’ovest. Poi il regime comunista impose dei forti limiti all’emigrazione. Ora le porte dell’Europa sono di nuovo aperte.
Se l’apertura porta anche alla Svizzera, i polacchi lo sapranno il 25 settembre. In quella data, infatti, i cittadini svizzeri decideranno se estendere l’accordo di libera circolazione delle persone stipulato con Bruxelles alla Polonia e agli altri nove Stati che hanno raggiunto l’Unione europea nel 2004.
Chi si oppone all’estensione dell’accordo teme che dall’est arrivi della forza lavoro a buon mercato. La paura è che in Svizzera i salari subiscano delle forti pressioni e che disoccupazione e povertà aumentino. Con una quota di disoccupazione del 18% la Polonia offre un numero elevato di lavoratori che potrebbero tentare la loro fortuna all’estero.
Ma chi segue la situazione da vicino dice che la Svizzera non ha nulla da temere dall’apertura del suo mercato del lavoro. Anche se molti polacchi guardano ad ovest, la maggioranza se ne sta tranquilla a casa. L’emigrazione di massa di lavoratori qualificati, che qualcuno si aspettava al momento dell’entrata in Europa, non si è verificata.
Edilizia
Non esistono statistiche accurate inerenti il numero di persone emigrate in altri Stati europei dopo l’entrata della Polonia nell’UE (1 maggio 2004). Tuttavia, il ministero dell’economia e del lavoro polacco azzarda una stima: sarebbero mezzo milione i polacchi che nella seconda metà del 2004 hanno trovato lavoro in un altro Stato dell’unione. La maggioranza di loro, 320’000, sono in Germania.
Magdalena Swekley, collaboratrice del ministero, sottolinea però che l’80% di queste persone è rappresentato da lavoratori stagionali: passano tre mesi all’estero – lavorando soprattutto nell’edilizia e nell’agricoltura – e poi ritornano a casa.
«Il primo anno nell’UE ha dimostrato che il potenziale di mobilità non è tanto alto quanto temuto da alcuni politici di paesi occidentali. È comparabile alla media europea», spiega Magdalena Sweklej a swissinfo.
La Sweklej aggiunge che le misure transitorie accettate dalla Svizzera lo scorso ottobre prevedono di concedere un permesso di lavoro a lungo termine (cinque anni) ad un contingente di 700 lavoratori provenienti dai nuovi paesi dell’UE. Dati statistici dimostrano che è stato usato solo il 20% di questi permessi.
«Se un polacco decide di lavorare fuori dalla Polonia, in genere sceglie di andare là dove lavorano già degli amici o dei famigliari. Le strade più battute sono quelle della Germania e degli Stati uniti».
A dispetto della sua popolarità, la Germania applica delle restrizioni al numero di lavoratori stranieri che accetta. La Gran Bretagna, l’Irlanda e la Svezia non conoscono simili restrizioni e hanno accolto un numero considerevole di lavoratori provenienti dalla Polonia: autisti, operai edili, specialisti in informatica, medici, dentisti e infermieri.
Per Magdalena Sweklej, che dirige la divisione dedicata alla libera circolazione dei lavoratori, non c’è motivo di preoccuparsi: il flusso regolare di lavoratori che lasciano il paese non si trasformerà mai in un’ondata di piena.
«Ci sono delle regole. Una dice che il numero di persone che lavorano in un paese è uguale al numero d’impiegati necessari ai datori di lavoro», afferma la Sweklej.
Gran Bretagna, Irlanda e Germania
Katarzyna Kawka, che aiuta i polacchi a trovare lavoro in Europa attraverso EURES, il portale di mobilità dell’UE, spiega che sono soprattutto i giovani con meno di 25 anni a prendere in considerazione di trasferirsi all’estero.
Si tratta di persone con competenze linguistiche, ma con poca esperienza lavorativa. Katarzyna Kawka, una delle due consulenti EURES a Varsavia, consiglia tra le 80 e le 250 persone al mese.
«Il più delle volte mi si chiedono informazioni sulla Gran Bretagna e l’Irlanda, qualche volta sulla Germania», racconta la Kawka a swissinfo. «Nessuno mi ha mai chiesto se c’era la possibilità di lavorare in Svizzera. Forse l’interesse aumenterà dopo il voto in merito all’estensione dell’accordo sulla libera circolazione delle persone».
Ad ogni modo, ritiene la Kawka, se la Svizzera vorrà impiegare dei lavoratori polacchi qualificati si troverà di fronte ad una concorrenza agguerrita.
«Per quanto ne so la Svizzera cerca del personale altamente qualificato, ma persone con questo profilo trovano lavoro anche in Polonia o in qualsiasi altro paese d’Europa. Penso che l’interesse per un lavoro in Svizzera registrerà un aumento, ma trovare delle persone che corrispondano alle richieste del mercato del lavoro svizzero sarà più difficile».
Segni di miglioramento
Gli esperti sono d’accordo nel dire che i giorni della grande emigrazione polacca sono passati. I polacchi che lasciano la loro patria lo fanno in genere con obiettivi a corto termine. Tornano a casa non appena hanno guadagnato un po’ di denaro o acquisito sufficiente esperienza lavorativa.
Secondo Rafal Kiepuszewski, responsabile del servizio inglese di Radio Polonia, molti polacchi hanno cominciato a guardarsi intorno e sono giunti alla conclusione che la vita in patria non è poi così male.
«C’è un clima di speranza», afferma Kiepuszewski. «Tutti constatano che ci sono dei miglioramenti. L’economia ha ricominciato a crescere e questo significa che ci saranno meno persone alla ricerca di un lavoro all’estero».
I media polacchi, continua il giornalista, non sembrano molto interessati al voto del 25 settembre in Svizzera e qualunque sia il risultato questo atteggiamento non cambierà. «D’altro canto se fosse stata la Germania ad andare alle urne, il tema avrebbe suscitato un notevole interesse».
I polacchi sono molto più interessati a problemi interni, come la disoccupazione e la politica fiscale. E con le elezioni parlamentari polacche che si svolgono lo stesso giorno della votazione in Svizzera, l’attenzione sarà rivolta alle notizie nazionali più che a quelle internazionali.
swissinfo, Morven McLean, Varsavia
(traduzione, Doris Lucini)
La Polonia ha 38,5 milioni di abitanti.
In giugno, la percentuale dei disoccupati si situava intorno al 18%.
La disoccupazione sta diminuendo dal febbraio 2003, quando raggiunse il picco del 20,7%.
L’economia sta crescendo ad una velocità doppia rispetto a quella della zona euro.
L’attuale governo di sinistra dovrebbe essere scalzato dalla destra nelle elezioni del 25 settembre.
In agosto, un rapporto della European Citizen Action Service, che ha preso in analisi i dati ufficiali di 20 dei 25 paesi dell’UE, rileva che il livello di migrazione dai nuovi membri dell’UE verso quelli storici è stato inferiore all’1% della forza lavoro.
Ad inizio giugno, l’istituto tedesco DIW ha quantificato a 150’000 le persone che dal primo maggio 2004 hanno lasciato i 10 nuovi membri dell’UE per spostarsi a ovest. Circa un terzo di queste persone si è recato in Gran Bretagna.

In conformità con gli standard di JTI
Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative
Potete trovare una panoramica delle discussioni in corso con i nostri giornalisti qui.
Se volete iniziare una discussione su un argomento sollevato in questo articolo o volete segnalare errori fattuali, inviateci un'e-mail all'indirizzo italian@swissinfo.ch.