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Sempre più life coach in Svizzera, ma aumentano anche le denunce

Keystone-SDA

Chi sa ascoltare, consolare o motivare può guadagnare bene come life coach, ma l'operato di questi professionisti non è sempre al di là di ogni dubbio.

(Keystone-ATS) Presso la Fondazione per la protezione dei consumatori (Stiftung für Konsumentenschutz, SKS) nel primo semestre sono quasi triplicate le denunce relative alle false promesse di tali motivatori e facilitatori del cambiamento, riferisce oggi la NZZ am Sonntag (NZZaS).

Secondo il domenicale il mercato è estremamente opaco: non esistono né dati ufficiali né condizioni di ammissione per esercitare il mestiere. Il comparto è comunque in espansione: nella sola regione di Zurigo vi sono 19 istituti privati che formano life coach. Secondo uno studio della società di consulenza PwC il ramo ha registrato un boom durante la pandemia.

Concretamente vengo offerte passeggiate nei boschi, aiuti a mantenersi in salute, sostegno emotivo, dritte per rimanere incinte, suggerimenti per farsi amici, raccomandazioni per sfruttare le opportunità di carriera, consigli per questioni esistenziali. Anno dopo anno si aggiungono nuovi fornitori di prestazioni di tal tipo.

“Quello a cui assistiamo è un fenomeno legato al benessere totale”, afferma l’economista Mathias Binswanger in dichiarazioni riportate dal settimanale. A suo avviso ciò è reso possibile dal fatto che le persone sono sotto pressione in una società delle molteplici opzioni. “In un’epoca in cui si parla sempre e ovunque di professionalizzazione gli amici non sono più sufficienti per aiutare a superare un problema”, argomenta il professore alla Scuola universitaria professionale della Svizzera nordoccidentale (FHNW). ” Chi se lo può permettere ottimizza non solo la propria carriera, ma anche la propria vita sociale e interiore ed è disposto a pagare per ricevere motivazione professionale, partecipazione, strategie di superamento delle difficoltà e abbracci”, aggiunge. “In un’epoca in cui Dio è morto, il coach è vivo”.

La dilagante commercializzazione della vita intima è uno dei campi di ricerca della nota sociologa americana Arlie Russell Hochschild. Docente a Berkeley, già nel 2012 nel suo libro “The Outsourced Self” aveva affermato che l'”io” moderno, nella società attuale priva di norme universalmente valide, è diventato una sorta di cantiere: sempre incompiuto, sempre ottimizzabile.

E nel cantiere c’è un po’ di tutto. Le persone psicologicamente vulnerabili sono particolarmente sensibili a life coaching discutibili: e non solo perché sono sotto pressione e le liste d’attesa degli psicologi sono lunghe. A pesare è “l’algoritmo dei social” – spiega al giornale Lucien Jucker, giurista presso la SKS – “che propone offerte in modo mirato agli utenti che cercano sostegno e aiuto in rete”. La Fondazione per la protezione dei consumatori è confrontata con una progressione delle domande critiche sul tema: se continueranno ad aumentare anche nei prossimi mesi la SKS intende intervenire attivamente, perché a suo avviso i consumatori devono essere protetti dai coach poco seri.

In Germania si è già fatto un passo avanti: a metà giugno la Corte federale di giustizia ha sottoposto i coach online all’autorizzazione statale dell’Ufficio centrale per l’insegnamento a distanza. I fornitori non possono più quindi nascondersi dietro termini moderni come “mentoring” o “mindset training” e devono far verificare la loro offerta. Sebbene chiunque possa ancora definirsi coach, in futuro i clienti potranno richiedere il rimborso se il loro esperto non dispone di un’autorizzazione.

“In Svizzera non esiste alcuna tutela per i clienti contro offerte poco serie in questo settore”, afferma Florian Näf, portavoce della Federazione svizzera degli psicologi, a sua volta contattato dalla NZZaS. Esistono ad esempio life coach che offrono “consulenza psicologica” sul proprio sito web senza avere conseguito un master in psicologia. Nel 2013 è stato protetto il titolo di psicologo, ma non l’aggettivo.

“Ogni spazzolino da denti acquistato in Svizzera deve soddisfare determinati standard ed è stato sottoposto a controlli: ma quando si tratta di salute mentale, paure e situazioni di stress chiunque può dire la sua”, si lamenta Hansjörg Künzli, professore alla ZHAW, la scuola universitaria professionale di scienze applicate di Zurigo.

La mancanza di regolamentazione del mercato del coaching si riflette anche nel settore della formazione: non solo chiunque può definirsi coach, ma chiunque può anche formare altri coach. “Il vero business», sostiene l’economista Binswanger, “non è il life coaching in sé, ma la formazione”, conclude.

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