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Instancabile paladina delle pari opportunità

Marthe Gosteli - documentare per non dimenticare le battaglie per i diritti delle donne Elsbeth Boss

La Società internazionale per i diritti umani ha assegnato il premio 2011 a Marthe Gosteli. 94 anni, la Gosteli ha dedicato una vita alla causa femminile. Militante, ma non di sinistra, è una delle più conosciute paladine svizzere delle pari opportunità.

Nonostante l’età, Martha Gosteli continua a lavorare nell’archivio che porta il suo nome e che documenta la storia dei movimenti femminili svizzeri. «In realtà non ci sarebbe più bisogno di me», confida ridendo a swissinfo.ch.

Nessuno può rimproverarle di non aver fatto abbastanza: anni e anni d’impegno costante in favore di «una delle più importanti lotte per la libertà del secolo scorso», un movimento che lei ha contribuito a rendere forte anche in Svizzera, pur «senza spargimenti di sangue».

Marthe Gosteli è cresciuta in una famiglia contadina. In casa si parlava spesso di politica. Suo padre era un uomo molto impegnato in campo borghese; il nonno era deputato al parlamento del canton Berna.

La madre non ha mai nascosto la sua irritazione per lo statuto che la legge le riconosceva in seguito al matrimonio, «e questo anche se mio padre non era un macho». Nella Svizzera di allora, la posizione delle donne sposate «era davvero drammatica». Questa constatazione ha segnato la vita di Marthe Gosteli e l’ha portata a battersi per le pari opportunità.

Suffragetta

Marthe Gosteli ha aderito al movimento delle donne intorno al 1940. Al suo arrivo, ha constatato che molto lavoro era già stato fatto. «Già nel XIX secolo c’erano state delle attiviste, ma poche fonti documentavano come si deve la storia di questi primi movimenti femminili».

All’inizio del XX secolo, le donne che in modo più o meno organizzato si battevano per i loro diritti venivano chiamate con un certo disprezzo suffragette. «Anch’io venivo ancora etichettata come suffragetta», rammenta Marthe Gosteli. La storia delle donne e delle loro rivendicazioni non è un tema che lascia indifferenti. «Ho visto e conosciuto di tutto, dai massimi onori alla diffamazione feroce».

Le donne che si battevano per i loro diritti e che forse a volte erano troppo militanti e poco accorte nell’agire, suscitavano una forte opposizione, «non solo maschile». Nella società di allora – racconta Marthe Gosteli – non era affatto abituale che le donne avessero gli stessi diritti degli uomini.

Diritto di voto, una pietra miliare

Prima di concedere il diritto di voto alle donne, gli uomini svizzeri sono andati alle urne 50 volte. Il sì è arrivato nel 1971, dopo anni di paziente lavoro volto a spiegare e convincere che era giusto così.

Marthe Gosteli ricorda la violenza delle campagne lanciate da chi era contrario a far votare le donne, violenza che si concretizzava nei manifesti. Uno le è rimasto particolarmente impresso: mostrava una donna ricoperta di verruche e dalle unghie mostruosamente lunghe, una strega di cui avere paura.

Tra i sostenitori del no – e questo all’epoca aveva stupito Marthe Gosteli – c’erano anche molte donne laureate, donne che avevano potuto studiare «solo grazie ai movimenti femminili del passato».

Il diritto di voto deciso nel 1971 è stato sicuramente una pietra miliare nella storia dei movimenti femminili svizzeri. Ma arrivarci è stato talmente faticoso e logorante che il giorno della vittoria «abbiamo provato una sensazione di sollievo, ma non una gioia dirompente. Eravamo semplicemente felici di aver finalmente vinto la nostra battaglia»

Strumenti diversi

Marthe Gosteli ha partecipato anche allo sciopero delle donne per la parità salariale, indetto nel 1991 da un “nuovo” movimento, formato da giovani femministe di sinistra. «Mi avevano invitata», racconta semplicemente la Gosteli, che di sinistra non è mai stata.

Lo sciopero era uno strumento nuovo nella lotta per la parità dei diritti. «Io e le pioniere dei movimenti femminili avevamo privilegiato un’altra strategia per perseguire i nostri obiettivi: era basata sull’informazione, la scolarizzazione, la formazione. Si trattava di un lavoro sul lungo periodo».

Le donne – ricorda Marthe Gosteli – avevano delle scarsissime conoscenze di civica e di storia. «In campagna, per esempio, le donne non avevano nemmeno la più pallida idea di come funzionasse un comune».

Contraria alle quote

Lo sciopero di 20 anni fa – constata la Gosteli – «non ha portato tantissimo»: la parità salariale non è stata raggiunta e tra i quadri dirigenti le donne sono ancora poche.

«Tuttavia sono contraria all’introduzione di quote femminili. Molte donne che lavorano per istituzioni statali mi hanno confidato che non vogliono essere scelte per una questione di quote. Anch’io non lo vorrei».

Mancanza di informazione

Le nuove generazioni sembrano meno interessate alla questione femminile. Per Marthe Gosteli, questo non significa che i pari diritti siano diventati un’ovvietà o che le giovani donne di oggi siano meno sicure di sé di un tempo.

«Direi piuttosto che ci sono lacune terribili da colmare. Le questioni femminili non hanno spazio nelle lezioni di civica. Ma non è normale che non si parli alle giovani generazioni del fatto che c’è stata una lotta per i pari diritti. Se ignorano il passato, come si può pretendere che s’interessino a questi temi?».

Per Marthe Gosteli c’è una sola via d’uscita: informare. Per questo la fondazione che porta il suo nome, nel 2011 ha pubblicato un opuscolo destinato alle scuole. Offre materiale per 40 lezioni e illustra la storia del movimento femminile svizzero.

Una storia ancora da studiare

Alla soglia dei 94 anni, Marthe Gosteli non sembra volersi fermare. «Avrei ancora tanti progetti, ma ormai credo di non avere più il tempo per realizzarli».

Le piacerebbe però veder esaudito un ultimo desiderio: il lancio di un progetto di ricerca del Fondo nazionale sul movimento femminile svizzero. Un movimento che a detta della professoressa di storia Beatrix Mesmer – che con Marthe Gosteli ha vinto il premio 2011 della Società internazionale per i diritti umani – era uno dei meglio organizzati d’Europa. E questo nonostante il fatto che prima del 1971 le donne svizzere non avessero diritti politici.

Nasce il 22 dicembre 1917 a Worblaufen, nei pressi di Berna. I genitori hanno una fattoria.

Durante la Seconda guerra mondiale lavora nella divisione stampa e radio dello stato maggiore dell’esercito.

In seguito guida la sezione film del servizio d’informazione all’ambasciata statunitense di Berna.

A partire dalla metà degli anni sessanta mette la sua esperienza al servizio del movimento femminile.

Dal 1964 al 1968 è presidente dell’Associazione bernese per il diritto di voto alle donne. In seguito è vicepresidente della Federazione delle associazioni femminili svizzere (oggi Alliance F).

Tra il 1970 e il 1971 presiede la Comunità di lavoro delle associazioni femminili per i diritti politici delle donne, comunità che interagisce abilmente col Consiglio federale e contribuisce in modo decisivo all’introduzione del diritto di voto per le donne a livello nazionale.

Nel 1982 istituisce l’Archivio di storia del movimento femminile svizzero e la Fondazione Gosteli. L’archivio si trova a Worblaufen e contiene 400 documenti di organizzazioni e persone private, materiale biografico sulle pioniere del movimento e una ricca biblioteca specializzata.

Nel 1995 l’Università di Berna le conferisce il dottorato honoris causa.

Traduzione, Doris Lucini

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