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La Confederazione deve fare di più per regolamentare la religione?

Vue de la ville de Berne avec des montagnes en arrière-fond
A Berna, lo Stato e la religione sono allo stesso tempo vicini e lontani. © Keystone / Christian Beutler

Nella Costituzione federale svizzera la religione è assai poco regolamentata: legiferare in materia è infatti appannaggio dei Cantoni. In occasione del 175e anniversario della legge fondamentale dello Stato, il Forum politico Berna ha organizzato un dibattito volto a indagare la necessità di regolamentare diversamente la religione a livello costituzionale. 

Pur iniziando con un riferimento divino (In nome di Dio Onnipotente), la Costituzione federaleCollegamento esterno non si occupa di religione. Due articoli soltanto vi rimandano esplicitamente: il primo (art. 15) per stabilire la libertà di coscienza e di credo e il secondo (art. 72) per precisare che la regolamentazione dei rapporti tra Chiesa e Stato è di competenza cantonale.  

Art. 15 Libertà di credo e coscienzaCollegamento esterno

1 La libertà di credo e di coscienza è garantita.

2 Ognuno ha il diritto di scegliere liberamente la propria religione e le proprie convinzioni filosofiche e di professarle individualmente o in comunità.

3 Ognuno ha il diritto di aderire a una comunità religiosa, di farne parte e di seguire un insegnamento religioso.

4 Nessuno può essere costretto ad aderire a una comunità religiosa o a farne parte, nonché a compiere un atto religioso o a seguire un insegnamento religioso.

Art. 72 Chiesa e StatoCollegamento esterno

1 Il disciplinamento dei rapporti tra Chiesa e Stato compete ai Cantoni.

2 Nell’ambito delle loro competenze, la Confederazione e i Cantoni possono prendere provvedimenti per preservare la pace pubblica fra gli aderenti alle diverse comunità religiose.

3 L’edificazione di minareti è vietata.

Il peso della storia

In collaborazione con la Chiesa evangelica protestante svizzera (EERSCollegamento esterno) e la Conferenza centrale cattolica romana della Svizzera (RKZCollegamento esterno), a inizio settembre il Forum politico Berna ha organizzato un dibattito intitolato “Quanta religione occorre?Collegamento esterno” per appurare se sia opportuno inserire la religione nella Costituzione.

L’assenza della religione nel testo fondamentale non deve stupire, visto che ha ragioni storiche, sottolinea Urs Brosi, segretario generale della RKZ. “La Vecchia Confederazione non era uno Stato unitario con un monarca come in Francia o in Austria. Visto che gli affari con la Chiesa erano di responsabilità cantonale, nel corso degli anni si sono sviluppate forme molto diverse di rapporti tra Stato e religione”, spiega Brosi a swissinfo.ch.

In Svizzera numerosi scontri armati hanno avuto una componente religiosa non indifferente, ad esempio la guerra del Sonderbund che ha portato alla fondazione dello Stato federale moderno. “Considerata la situazione, al momento della stesura della prima Costituzione nel 1848 il neocostituito Stato federale non era in grado di imporre una politica nazionale in questo settore, che è così rimasto nelle mani dei Cantoni”, prosegue.

Parità di trattamento

Ampliare lo spazio riservato all’ambito religioso potrebbe passare dall’introduzione nella Costituzione di un articolo dedicato a questo argomento. Dal dibattito organizzato a Berna è emerso che un articolo del genere sarebbe necessario per promuovere una miglior parità di trattamento tra le varie religioni presenti sul suolo svizzero.

“Sebbene da decenni la migrazione abbia fortemente mutato la conformazione religiosa del Paese”, costata Urs Brosi, a livello di legge nulla è cambiato. “I Cantoni non hanno intrapreso praticamente nulla per riconoscere le altre religioni. Vengono riconosciute la Chiesa protestante e quella cattolica, e in misura minore le comunità ebraiche e cattolico-cristiane, ma non tutte le altre, il che diventa sempre più difficile da giustificare.”

L’ancoramento di un nuovo articolo nella Costituzione potrebbe cambiare le cose. «Una  soluzione potrebbe essere quella di un riconoscimento federale anteposto a quello cantonale, che permetterebbe alle altre religioni di partecipare ad esempio ai servizi di cappellania negli ospedali o nelle prigioni o al catechismo nelle scuole», prosegue Urs Brosi.

D’altronde, inserire un nuovo articolo significherebbe anche riconoscere l’importanza della religione. “Oltre la metà della popolazione svizzera fa parte di una comunità religiosa”, ricorda la pastora Rita Famos, presidente della EERS. “È un punto di forza della società che va regolamentato anche sul piano politico. Trovo sia pericoloso affermare che la Confederazione non ha nulla a che fare con la religione.”

Centro di competenza

Dalla tavola rotonda emerge anche che la creazione a livello federale di un centro di competenza in materia di religione sarebbe auspicata da più parti. In quale forma esatta non è ancora stato definito: si potrebbe ipotizzare una “commissione federale extraparlamentare sulla religione” oppure un “ufficio federale della religione”. Ma una cosa è certa: un’istanza specializzata di questo genere, simile a quella già operativa a Zurigo, sarebbe utile.

“All’interno dell’amministrazione federale ci vorrebbe un ente altamente specializzato nelle questioni religiose”, esorta Rita Famos. “Vengono promulgate continuamente leggi che interessano direttamente le comunità religiose ma nessuno dispone delle rispettive conoscenze. Bisogna intervenire quando il dado è ormai tratto e le decisioni prese, il che è sempre abbastanza faticoso.”

Urs Brosi incalza con un esempio: “In gennaio il Consiglio federale ha messo in consultazione una revisione della legge federale sull’asilo che prevede che la Confederazione possa finanziare i servizi di cappellania delle comunità religiose che non prelevano un’imposta ecclesiastica. D’altronde l’imposta ecclesiastica non è disciplinata a livello federale per nessuna religione visto che è di competenza dei Cantoni. Si sottolinea pertanto che durante l’elaborazione della revisione nessuno ha pensato a questo aspetto della problematica.”

Nessun progetto concreto

Le proposte avanzate durante il forum rimangono mere speranze. Al momento non vi sono progetti concreti che mirino ad ancorare nella Costituzione un nuovo articolo o a istituire un centro di competenza. “La lista degli argomenti spinosi è lunga, tocca le emozioni, come il riconoscimento dell’islam”, ricorda Urs Brosi. “Penso sia una delle ragioni principali per cui non si trova una soluzione semplice.”

“Praticamente procediamo a vista, senza avere un dibattito di fondo su come la Confederazione dovrebbe interagire con le comunità religiose”, continua. Un recente studio ha ad esempio confermato che un servizio di cappellania contribuisce a ridurre il potenziale di violenza nei centri d’asilo federali. Sulla base del pregiudizio che la problematica tocca soprattutto le persone rifugiate di religione musulmana è stata organizzata una cappellania sperimentale per questa comunità. Tipico: si ha un problema e si trova una soluzione. Ovviamente è un approccio molto pragmatico, ma il risultato è che ora le persone musulmane hanno una struttura, mentre tutte le altre no.”

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