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Tinner: chiesto il rinvio a giudizio

Andreas Müller riassume il suo voluminoso rapporto Keystone

Sviluppo di armi nucleari, spionaggio per la CIA, distruzione di documenti su pressione degli Stati Uniti: da 6 anni il caso Tinner occupa la politica, la giustizia e l'opinione pubblica svizzera. Il giudice istruttore ha ora chiesto il rinvio a giudizio.

I tre ingegneri sangallesi Marco, Urs e Friedrich Tinner hanno contribuito alla proliferazione nucleare e il Ministero pubblico della Confederazione dovrebbe rinviarli a giudizio per violazione della legge sul materiale bellico: è questa la convinzione del giudice istruttore federale Andreas Müller, che ha presentato giovedì le conclusioni – contenute in 174 pagine – dell’inchiesta.

Se il Ministero pubblico della Confederazione – ovvero l’organo che si occupa dei reati diretti contro la Svizzera – darà seguito alla richieste di Müller, il caso approderà al Tribunale penale di Bellinzona. In caso contrario, la procedura sarà interrotta.

Dal canto suo, il Ministero pubblico della Confederazione si è limitato a sottolineare che studierà «minuziosamente» l’incarto prima di decidere. I Tinner rischiano una pena fino a 10 anni di carcere e una multa di cinque milioni di franchi.

Uranio e bombe

I due fratelli Urs e Marco e il padre Friedrich sono accusati di aver contribuito allo sviluppo di armi nucleari. In particolare, Müller rimprovera loro di aver collaborato sin dalla fine degli anni Settanta con la rete del “padre” della bomba atomica pachistana Abdul Qadeer Khan nell’arricchimento di uranio per la produzione di armi atomiche.

Il giudice è giunto alla conclusione che – al più tardi dopo il test nucleare del Pakistan nel maggio 1998 – i Tinner avrebbero dovuto sapere che Khan utilizzava l’uranio per la bomba e non per centrali nucleari. Proprio in quel periodo era entrata in vigore nella Confederazione la nuova legge sul materiale bellico, che ha reso illegale la fornitura da parte dei Tinner di componenti per l’arricchimento dell’uranio.

Ripartizione dei compiti

Marco Tinner è accusato anche di riciclaggio di denaro per una somma di 12 milioni di franchi, cifra che sarebbe il risultato dalla collaborazione con il clan di Khan, fra i cui clienti figuravano paesi quali Iran, Libia e Corea del Nord.

Müller ha definito Marco il contabile, produttore e fornitore delle componenti per l’arricchimento dell’uranio. Il padre sarebbe invece stato il detentore del know-how della famiglia, mentre Urs Tinner avrebbe avuto il ruolo di “capo officina” di Khan nelle fabbriche di componenti a Dubai e in Malaysia.

Bastoni tra le ruote

Secondo Müller, inoltre, nel giugno 2003 i Tinner sono stati reclutati dalla CIA. Da allora avrebbero continuato a lavorare per conto del servizio segreto americano in seno alla rete di Khan, contribuendo al suo smantellamento.

Il giudice istruttore non ha tuttavia potuto indagare sul periodo successivo a quella data, perché l’esecutivo elvetico gli ha espressamente vietato di occuparsi dell’attività di spionaggio dei tre ingegneri. Di conseguenza, tale aspetto non rientra nell’inchiesta.

Nell’autunno del 2007, il consiglio federale ha infatti ordinato – in seguito a una decisione segreta – la distruzione di documenti informatici rilevanti. Dopo aver rilevato nel marzo 2008 il fascicolo dalla Procura federale, che aveva aperto un procedimento nel 2004, il giudice ha così dovuto constatare che la stragrande maggioranza delle prove era stata distrutta.

Il suo lavoro è ricominciato «praticamente da zero». A questo proposito, Müller ha descritto il faticoso lavoro di ricostruzione delle prove, principalmente grazie ai documenti sulla rete di Khan ottenuti per rogatoria dalla Germania.

Müller ha pure rimproverato all’esecutivo di aver ordinato alla Polizia giudiziaria federale (PGF) di non collaborare con lui. Soltanto nel 2009 alla PGF è stato nuovamente consentito di aiutarlo.

Dure critiche al governo

«Il governo ha influenzato in misura importante il corso della giustizia: una democrazia in cui non esiste la separazione dei poteri non è più tale», ha dichiarato il giudice istruttore. Interrogato in merito ai possibili motivi di tale modo di agire, Müller ha detto di non avere una risposta.

La decisione dell’esecutivo – giudicata «sproporzionata» due anni or sono anche dalla commissione parlamentare competente – sarebbe da ricondurre alla pressioni esercitate da parte dell’agenzia di spionaggio statunitense. È questa la conclusione a cui è giunto in un recente rapporto David Albright, ex ispettore dell’Agenzia internazionale dell’energia atomica: una spiegazione peraltro già formulata nel 2008 dal Ministero pubblico della Confederazione.

Nel 2004 l’Agenzia internazionale per l’energia atomica ha fornito alle autorità svizzere una lista comprendente due società e 15 individui sospettati di aver partecipato ad un traffico di materiale nucleare con la Libia.

L’ingegnere svizzero Urs Tinner, accusato di aver aiutato la Libia a procurarsi la tecnologia necessaria per produrre armi atomiche, è stato arrestato in Germania nell’ottobre del 2004.

Suo padre Friedrich e il fratello Marco sono pure stati arrestati, con l’accusa di aver esportato illegalmente dell’equipaggiamento nucleare alla Libia, infrangendo così la legge federale sul materiale bellico e sul riciclaggio di denaro sporco.

Avrebbero inoltre avuto contatti diretti con il “padre” della bomba nucleare pachistana, Abdul Qadeer Khan, tra il 2001 e il 2003.

Nel 2007, il governo svizzero ha autorizzato la distruzione di documenti legati al presunto traffico di materiale nucleare, per evitare che «pericolose informazioni» finissero in mani sbagliate, compromettendo la sicurezza nazionale e internazionale.

Secondo il Ministero pubblico della Confederazione, i Tinner avrebbero lavorato per la CIA e secondo la stampa avrebbero ricevuto diversi milioni di dollari per la loro collaborazione con l’agenzia statunitense.

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