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Lo splendore dell’ordito

Historisches Museum Bern

A fine '400 i confederati sconfissero Carlo il Temerario. Da allora i suoi tesori sono conservati a Berna. Il museo di storia della capitale espone ora gli arazzi.

C’erano tempi in cui i confederati erano conquistatori. Non temevano neppure i duchi di Borgogna, potenti signori di ampie zone dalla Savoia ai Paesi Bassi. Nelle lotte senza esclusione di colpi i bernesi accumularono ingenti ricchezze e i territori. Fra le conquiste si annovera anche l’odierno cantone di Vaud e il tesoro della cattedrale di Losanna. Anche le suppellettili sottratte allo sconfitto Carlo il Temerario, duca di Borgogna, finirono a Berna.

Nel bottino di guerra ereditato si trova anche una collezione di arazzi. Si tratta di tessuti ricamati che nobilitavano le corti e le chiese del ‘400 di tutta Europa. Spesso servivano anche per i viaggi, per rendere adeguati gli ambienti in cui duchi e re soggiornavano provvisoriamente. Particolarmente preziosi poi quelli di Borgogna, riconosciuti per fama ben oltre i confini di Francia.

La collezione bernese è considerata fra le più importanti al mondo. Gli arazzi, rinnegati dalla morale calvinista della città per la loro appariscenza festosa, sono sopravvissuti grazie alla coscienza mercantile locale. Conscia del valore artistico, l’aristocrazia della città li ha infatti relegati gelosamente nelle cassapanche della comunità per secoli. Questo ha permesso di farli arrivare ai nostri giorni in uno stato di conservazione ineguagliabile.

L’amore per il dettaglio

Gli arazzi burgundi esposti nel museo bernese si distinguono per l’amore per il dettaglio. Creati per arredare case, palazzi e chiese del regno a cavallo del Giura, erano anche manifesti dell’opulenza e della raffinatezza della nobiltà locale.

Sull’ordito sono intrecciati broccati, lane preziose, seta e fili d’oro che creano sfumature e ornamenti di una ricchezza inestimabile. Nel frammento di “tapisserie”, parte di un ciclo di otto elementi di una “verdure de chambre” realizzata nel 1466 a Bruxelles, sono intessute ben 397 piante fiorite di oltre 35 specie riconoscibili su una superficie di oltre 30 metri quadrati.

Su uno sfondo scuro sbocciano denti di leone, fragole di bosco o garofani. Le diverse specie fioriscono in stagioni diverse e rappresentano quindi l’intramontabile primavera di Filippo il Buono, padre di Carlo, rappresentato al centro con un imponente vessillo araldico avvolto in foglie d’acanto.

Ancora più spettacolare il ciclo di quattro arazzi dedicati all’apogeo della vita di Giulio Cesare. Il conquistatore romano, con le sue imprese in Gallia, è metafora per eccellenza del compito del regnante burgundo. 512 figure, 62 cavalli e 22 navi si accalcano sulle tele intrecciate.

Invito al pubblico

Da alcuni anni il museo bernese propone dei programmi innovativi, nell’intento di togliere quel velo di polvere che ricopre ancora i musei storici. Questa iniziativa segue la grande esposizione della primavera scorsa, dedicata alla furia iconoclasta della Riforma protestante e che ripercorreva le tappe dell’immagine sacra dai primi secoli fino al suo rifiuto da parte dei riformatori zwingliani.

Anche in questa occasione il visitatore non è solo chiamato a vedere, ma gli è data la possibilità di avvicinarsi ad un aspetto del passato remoto di un’Europa con dei confini e delle forze culturali e militari molto diverse.

Alla calibrata scelta di testi e didascalie, si aggiungono istallazioni multimediali che avvicinano il visitatore alla tecnica di realizzazione e alla comprensione dei cicli illustrati. Il soffermarsi davanti alle grandiose opere, realizzate oltre cinque secoli fa da mani esperte di artigiani, è dunque occasione per conoscere il gusto artistico, ma anche i costumi, la moda, il lavoro, la guerra e la fede del tempo.

Nella mostra di Berna è addirittura possibile vedere il retro di un arazzo. Si scoprono così nodi e pezze di restauro, ma soprattutto si scorgono i colori meno provati dalla luce del sole e dunque ancora splendenti e vicini a quelli originali.

La mostra mette in luce per sei mesi i tessuti tanto nobili quanto fragili. Grazie alle nuove tecniche di conservazione è possibile ammirare i colori e i motivi in una luce nuova. Nuova, perché per la prima volta si è osato aumentare la gradazione dell’illuminazione, anche se nelle sale si cammina in un’atmosfera soffusa. Con la chiusura dell’esposizione, gli arazzi torneranno ad essere confinati per ragioni di conservazione, nell’oscurità.

Daniele Papacella

L’esposizione “Edle Wirkung”, è aperta dal 1° novembre 2001 al 21 aprile all’Historisches Museum di Berna.

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