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Cosa vogliamo? E quanto velocemente?

La Svizzera è sempre più connessa con il mondo e sempre più soggetta a influssi esterni. Economia mondiale, cambiamenti globali, Unione europea dettano il ritmo. In questo contesto, gli svizzeri eleggono un nuovo parlamento. Sarà anche una scelta tra seguire la strada imboccata o rimanere ai suoi lati. Parte seconda delle nostre prospettive annuali.

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La politica estera svizzera si basa tradizionalmente sulla diplomazia e la neutralità: buoni uffici, dialogo, networking globale e Ginevra internazionale. La Svizzera sostiene il multilateralismo. 

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Lunghe ombre del passato sotto i riflettori

Questo contenuto è stato pubblicato al ​​​​​​​ Quando il popolo respinge nel giro di pochi mesi due riforme importanti, basta mescolarle un po’ tra di loro e ripresentarle in un solo grande pacchetto, per renderle più appetibili? Una risposta la avremo prevedibilmente quest’anno, quando sarà sottoposto a votazione il progetto sulla Riforma fiscale e sul finanziamento dell’AVS (RFFA)Collegamento esterno.  Nel febbraio 2017…

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Ma il multilateralismo e il dialogo hanno già visto tempi migliori. Numerosi segnali mostrano un cambiamento di direzione: si sentono sempre più spesso toni protezionistici e astiosi. L’ognuno per sé predomina fino ai più alti livelli politici. Questa tendenza si ripercuote anche sulla Svizzera. 

Il patto migratorio dell’ONU, un progetto sviluppato congiuntamente dalla Svizzera, è stato fortemente attaccato in Parlamento. Nel 2019, le Camere federali potrebbero perfino negare l’adesione della Confederazione. 

Una sorte simile potrebbe toccare al piano del Consiglio federale di candidare la Svizzera a un seggio del Consiglio di sicurezza dell’ONU dal 2023 al 2024. L’Unione democratica di centro (UDC), il maggiore partito svizzero su posizioni di destra, vuole impedire questa candidatura. Il dibattito in Parlamento sarà acceso, perché anche diversi deputati del centro hanno espresso dei dubbi su questo progetto. 

Nell’agenda politica figurano le interminabili trattative per la conclusione di un accordo quadro con l’UE. Il progetto di trattato è stato finalmente presentato. Entro giugno l’UE vuole sapere cosa intende fare la Svizzera.

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La Svizzera va fiera della sua economia aperta. Aziende con sede in Svizzera sono attive in tutto il mondo e contribuiscono alla reputazione del paese. La forte presenza di multinazionali ha però anche risvolti negativi. Imprese attive a livello globale sono sovente coinvolte in casi di violazione dei diritti umani o di danni ambientali. 

Non è certo un problema solo elvetico. La questione della responsabilità sociale e ambientale delle imprese è dibattuta da tempo anche in seno alle Nazioni Unite. Nel 2011, il Consiglio dei diritti umani dell’ONU ha adottato dei Principi guida per le imprese e i diritti umani. Agli Stati spetta il compito di assicurarsi che questi principi siano rispettati, con misure volontarie o regole vincolanti. 

La Svizzera è in prima linea in questa discussione. L’iniziativa per la responsabilità delle imprese, lanciata da una coalizione di ONG e sostenuta da ampi settori dell’opinione pubblica, ha contribuito a smuovere le acque. Il parlamento potrebbe adottare un controprogetto che recepisce molte delle istanze dell’iniziativa. 

Il dibattito è temporaneamente confinato a una sottocommissione parlamentare, ma è destinato a riaffiorare nella primavera del 2019. Dopo l’iter parlamentare, sarà in ogni caso il popolo a doversi esprimere in via definitiva. La discussione promette di essere appassionante e in ogni caso, quale che sia la soluzione adottata, avrà ripercussioni importanti sull’immagine della piazza economica svizzera.

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Le imprese svizzere realizzano quasi la metà del loro fatturato attraverso le loro esportazioni. A causa di questa forte interdipendenza con l’estero, la Svizzera non potrà sottrarsi agli effetti del rallentamento dell’economia mondiale, previsto per il 2019. 

La disputa commerciale tra Stati Uniti e Cina, il Brexit e il timore di una nuova crisi del debito in Europa sono i principali rischi di instabilità per le imprese svizzere, secondo l’organizzazione dei datori di lavoro EconomiesuisseCollegamento esterno, che ha rivisto al ribasso le previsioni di crescita per il prossimo anno (1,4% contro il 2,7% nel 2018). 

Di fronte alle difficoltà della zona euro, le imprese svizzere si rivolgono sempre più spesso agli Stati Uniti, che dovrebbero continuare ad essere il motore della crescita globale nel 2019. Dal 2010, la quota delle esportazioni svizzere verso gli Stati Uniti è salita dal 10 a oltre il 15%, un aumento che dovrebbe continuare. 

A causa delle minacce che pesano sull’UE, principale partner commerciale della Svizzera, il franco svizzero dovrebbe rimanere forte e mantenere il suo ruolo di porto sicuro. Tuttavia, l’economia svizzera ha dimostrato la sua capacità di resistenza in passato e potrebbe ancora una volta cavarsela bene nonostante le turbolenze. 

Va notato che l’economia svizzera sarà rappresentata da un nuovo ministro, Guy Parmelin. Membro dell’UDC (destra conservatrice), non dovrebbe discostarsi molto dalla politica liberale e non interventista del suo predecessore, il PLR (a destra) Johann Schneider-Ammann. Guy Parmelin sarà responsabile del proseguimento dei negoziati per la conclusione di accordi di libero scambio con Vietnam, India e Malesia.

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Il 20 ottobre gli svizzeri sono chiamati alle urne per eleggere i membri di entrambe le Camere del Parlamento. Secondo l’ultimo barometro elettorale della SSR, il Partito ecologista svizzero (Verdi) e il Partito liberale radicale (centro-destra) dovrebbero aumentare la loro base elettorale, mentre l’Unione Democratica Centrale (destra conservatrice) e il Partito popolare democratico (centro) rischiano di perdere voti. 

La questione principale di queste elezioni riguarda forse la composizione della Camera dei Cantoni, dato che molti senatori hanno annunciato la loro intenzione di non candidarsi di nuovo. I rapporti di forza potrebbero quindi cambiare, in particolare per quanto riguarda i socialisti, confrontati con il ritiro di molti dei loro senatori. 

Le elezioni risolleveranno anche la questione della trasparenza nel finanziamento dei partiti. Le campagne elettorali costano complessivamente circa 50 milioni di franchi. 

Gli svizzeri all’estero possono eleggere i membri del Consiglio nazionale e candidarsi a loro volta per un seggio. In alcuni Cantoni dispongono di queste possibilità anche per il Consiglio degli Stati.

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Anche il voto elettronico sarà al centro dell’attenzione nell’ambito delle elezioni federali. Il ritiro del Canton Ginevra, tra i pionieri dell’e-voting in Svizzera, ha riaperto le discussioni sul futuro di questo strumento di partecipazione politica, che interessa in particolar modo gli svizzeri all’estero. 

Mentre la Quinta Svizzera ha depositato una petizione per l’introduzione in tutti i cantoni del voto elettronico per i cittadini svizzeri residenti all’estero, gli oppositori vogliono lanciare un’iniziativa popolare per vietare il voto digitale all’inizio del 2019.

Traduzione di Armando Mombelli

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