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Tortura sistematica nelle prigioni brasiliane

Il sovraffollamento nella prigione di Guarulhos, Sao Paulo, 2006. RDB

Il Comitato contro la tortura lo ha appena ricordato: la tortura è praticata in maniera sistematica nelle prigioni brasiliane. Una realtà documentata in un rapporto dell'organismo dell'ONU, che il Brasile tenta di occultare.

La Svizzera, che cerca di intensificare le sue relazioni economiche con il Brasile, fatica ad esprimersi sul tema, nonostante gli appelli di Amnesty International.

«Sovraffollamento cronico, condizioni di reclusione spaventose, calore soffocante, mancanza di luce, violenza e isolamento permanente»: è questa la situazione nelle carceri brasiliane secondo un rapporto del Comitato dell’ONU contro la tortura.

«La tortura e i maltrattamenti sono generalizzati e sistematici», afferma ancora il documento, redatto da due dei dieci esperti del comitato, lo spagnolo Fernando Mariño Menéndez e il cileno Claudio Grossman.

I due esperti hanno visitato le prigioni e i commissariati dei cinque stati del Brasile tra il 13 e il 29 luglio del 2005. La visita era stata chiesta a gran voce da varie ONG già nel 2002.

Secondo Manon Schick, portavoce della sezione svizzera di Amnesty International, la situazione descritta dal rapporto rimane di stretta attualità. Nulla è cambiato nelle carceri del Brasile.

Attendismo brasiliano

Il governo brasiliano ha a lungo evitato di rispondere alle accuse, cercando di far passare sotto silenzio le conclusioni della missione d’inchiesta del comitato ONU. Solo la settimana scorsa, nel corso di una sessione del Comitato contro la tortura di Ginevra, Brasilia ha preso posizione.

Ebbene: la risposta (contenuta in un documento confidenziale di cui l’agenzia Infosud ha ricevuto una copia) non contesta affatto le accuse sollevate dal comitato ONU e approva il rapporto.

Questo non fa che aumentare la sorpresa degli esperti ONU sulla lentezza del Brasile nell’affrontare la riforma del suo sistema carcerario. Una lentezza denunciata anche da Amnesty International.

Da oltre 20 anni il paese è uscito dalla dittatura, durata dal 1965 al 1985. Il Brasile dispone di una costituzione democratica dal 1988 e ha ratificato la Convenzione contro la tortura il 28 settembre 1989.

Il governo non direttamente coinvolto

Gli esperti dell’ONU, pur sottolineando il carattere sistematico della tortura nelle prigioni brasiliane, ammettono tuttavia che ciò non è necessariamente dovuto alla «volontà diretta del governo».

A loro avviso altri fattori possono entrare in linea di conto, come l’assenza di coordinazione delle politiche fra i vari livelli dello Stato e alcune lacune della legislazione.

Tuttavia gli esperti sottolineano che nulla giustifica ciò che hanno visto in Brasile. E ricordano come la tortura abbia anche effetti discriminatori, colpendo spesso i detenuti che appartengono alla popolazione d’origine africana. Inoltre stigmatizzano l’impunità di cui godono gli autori delle sevizie.

Svizzera riservata

Sulla questione la Svizzera, che pure ha posto i diritti dell’uomo al centro della sua politica estera e che sta cercando di rafforzare le sue relazioni economiche con l’America del Sud, non ha fatto sentire la sua voce.

Doris Leuthard, ministra svizzera dell’economia, si è recata in visita in Brasile nel febbraio di quest’anno, accompagnata da una delegazione di imprenditori svizzeri. Sui diritti dell’uomo non ha speso una parola, nonostante gli appelli di Amnesty International.

«Abbiamo inviato alla ministra un dossier sulle principali violazioni dei diritti dell’uomo, domandandole di evocare il tema durante i suoi colloqui con le autorità brasiliane. I suoi servizi ci hanno risposto che trattandosi di una visita economica e non di Stato, queste questioni non potevano essere discusse», precisa Manon Schick.

Verso un accordo di cooperazione giudiziaria

Stando al portavoce Lars Knuchel, la questione non è ignota neppure al ministero svizzero degli affari esteri. Il ministero preferisce però affrontarlo all’interno degli organismi dell’ONU direttamente interessati, come il Consiglio dei diritti dell’uomo.

Intanto il parlamento si appresta a ratificare un trattato di cooperazione giudiziaria con il Brasile. E questo nonostante le forze di polizia brasiliane siano ben lungi dall’offrire garanzie sufficienti sul rispetto dei diritti umani.

swissinfo, Juan Gasparini (Infosud) e Frédéric Burnard
(traduzione dal francese e adattamento: Andrea Tognina)

Il Brasile è il partner economico più importante della Svizzera in America latina. Gli imprenditori elvetici impiegano circa 90 mila persone. Le relazioni economiche vengono regolate attualmente mediante accordi multilaterali. Esse dovrebbero inoltre venir semplificate mediante intese bilaterali. La Svizzera e il Brasile hanno rafforzato la cooperazione nella lotta alla corruzione, al traffico di droga e di esseri umani e mirano ad approfondire gli scambi scientifici.

Nella sua strategia in materia di politica economica esterna per il 2007, il Dipartimento federale dell’economia intende in particolare migliorare l’accesso ai mercati e la protezione degli investimenti per le imprese svizzere in quattro Paesi emergenti, ossia il Brasile, la Russia, l’India e la Cina. In questi Stati, secondo varie organizzazioni non governative, vi sono varie violazioni dei diritti umani.

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