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Un anno fa il Nasdaq volava sopra i 5000…

Un operatore guarda piuttosto perplesso i valori azionari mentre, dietro di lui, appare la scritta che meglio descrive l'evoluzione dell'indice in questo ultimo anno: "Il Nasdaq cade" Keystone

10 marzo 2000: l'indice dei titoli tecnologici della borsa americana raggiungeva il tetto massimo della sua storia: chiusura di giornata a 5048.62 punti. Sembra passata un'eternità, invece è trascorso solo un anno. L'indice è ormai precipitato a meno della metà di quel valore, bruciando una fortuna stimata attorno ai 3 mila miliardi di dollari per la disperazione di molti investitori. E come spesso succede, la stessa evoluzione è toccata al new market svizzero.

Le azioni di Yahoo, il colosso del web americano, in marzo 2000 valevano più di 200 dollari. Ora annaspano attorno ai 17 dollari. Amazon ha visto crollare i propri titoli da 85 a 11 dollari. Questo ridimensionamento, anche se in proporzioni minori, ha coinvolto anche altri giganti del mondo tecnologico americano, come ad esempio Cisco, Intel, Oracle o Microsoft. Un’innumerevole quantità di piccole start-up, tutte rigorosamente “dot com”, hanno addirittura chiuso i battenti. Migliaia di lavoratori si sono trovati senza occupazione. Investitori sparsi nel mondo intero, che credevano di aver scoperto un nuovo Eldorado, hanno dovuto fare i conti con la dura realtà e con capitali letteralmente svaniti nel nulla.

Come sono lontane le certezze che avvolgevano tutto ciò che “odorava” semplicemente di new economy. La strepitosa crescita che ha caratterizzato il settore tra il 1998 e il 1999 aveva illuso molti, tra i quali anche parecchi analisti, sulla possibilità di aver scovato un mercato al riparo dai cicli economici. Il semplice suffisso “.com” attirava capitali con estrema facilità, indipendentemente dall’attività o dalla cifra d’affari dell’azienda.

I cosiddetti fondamentali economici (congiuntura, inflazione, disoccupazione a livello macroeconomico; profitti, garazie finanziaria, liquidità a livello microeconomico) non erano più presi in considerazione per quel che riguarda la new economy. Ciò che contava era il numero di visitatori delle pagine web, una tecnologia innovativa ed un grande potenziale di crescita. “New economy, nuove regole” annunciavano riviste specializzate. Questa “irrazionale esuberanza”, citando il buon vecchio Alan Greenspan, ha condotto alla crescita di un’immensa bolla speculativa attorno al settore. Bolla che è puntualmente esplosa nei primi giorni di marzo di un anno fa. Ed il Nasdaq (ma non solo…) è crollato.

La penalizzazione del settore verificatasi da allora è stata paragonabile ai suoi successi negli anni precedenti, ma di tendenza diametralmente opposta. Se due anni fa tutto ciò che riguardava il mondo web brillava come oro, oggi la new economy è guardata con sospetti e timori. Una sfiducia generalizzata, tanto irrazionale quanto lo era l’esuberanza precedente, circonda l’intero settore: anche i titoli di aziende solide e con mercati fiorenti devono fare i conti con delle valutazioni di borsa molto basse.

E la new economy svizzera? “Non si è distanziata sostanzialmente dall’evoluzione americana” spiega Christian Rizzi, responsabile del mercato svizzero per la Banca del Sempione, contattato da swissinfo. “La gente acquistava sogni, pagando prezzi troppo elevati in relazione al reale valore di alcune aziende”. A partire dal marzo 2000, la correzione verso il basso ha coinvolto quindi anche i titoli tecnologici elvetici.

Nell’ultimo anno l’indice swiss new market index (SNMI) è calato circa del 60 % e con lui le quotazioni di parecchie aziende tecnologiche. Qualche esempio? Christian Rizzi cita 3 società: “Miracle, quotata nel febbraio 2000 attorno ai 1150 franchi, ha dichiarato bancarotta. I titoli della Think Tools valevano più di 1000 franchi, mentre ora non superano i 100 franchi. Fantastic ha dovuto registrare una riduzione del suo valore borsistico di più del 95 %”.

Enrico Gulfi, vicedirettore del produttore di software Fantastic, ha sottolineato come “l’anno è stato sicuramente difficile, dopo che le aspettative sia dell’azienda che degli investitori sono state ridimensionate di parecchio”. Secondo Gulfi, molte aziende, “tra cui Fantastic”, si erano illuse che il grande successo di borsa fosse “in primo luogo dovuto alle attività e alle prospettive delle aziende stesse. In realtà, il ruolo principale di quei risultati è da attribuire alle eccessive attese degli investitori che hanno gonfiato il valore dei titoli della new economy. Ciò ci ha causato una duplice delusione”.

Le speranze legate al web e alle nuove tecnologie restano comunque elevate. Entrambi i nostri interlocutori rilevano che “Internet è il futuro”. Sembra facile prevedere che la new economy, non appena si sarà scrollata di dosso il clima di sfiducia attuale, risolleverà la testa. Certo sembra però che gli investitori daranno prova di maggiore selettività nelle loro scommesse borsistiche.

Marzio Pescia

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