Davos: la democrazia di chi?

Momenti difficili venerdì per il presidente della Confederazione: presentatosi al forum alternativo delle ONG - Public Eye on Davos (PED) - per portare il suo saluto, Moritz Leuenberger, assediato dalla stampa, è stato confrontato con una dura risoluzione di condanna contro i metodi delle forze dell'ordine approvata dall'assemblea.
Già alla vigilia del Forum economico mondiale di Davos si sapeva che Moritz Leuenberger era intenzionato a portare il suo saluto al forum alternativo Public Eye on Davos. E puntualmente, venerdì a mezzogiorno, il presidente della Confederazione è apparso alla conferenza di PED, accompagnato da decine di giornalisti, cameraman e fotografi.
“La Svizzera vuole il dialogo tra tutti gli attori” ha esordito Leuenberger, sottolineando questa volontà con la sua stessa presenza a PED. E ha proseguito ricordando che neppure la legittimazione democratica può garantire che uno stato non persegua degli interessi particolari e che neppure la legittimità data dai consumatori agli attori economici pone questi ultimi al di fuori della necessità di controlli.
Parole naturalmente bene accolte dai presenti, che hanno però dovuto sentirsi dire – non a torto – che neppure le ONG hanno una legittimazione assoluta. Leuenberger ha concluso il suo breve discorso, affermando che le soluzioni ai problemi globali necessitano di compromessi e che tali compromessi sono discussi nel Forum ufficiale. Anche a Public Eye toccherebbe il compito di cercare il dialogo e formulare soluzioni praticabili e, quindi, di ricercare dei compromessi.
Fin qui, tutto nel quadro di una visita di cortesia ben accolta dai partecipanti a PED. Ma finito il discorso di Leuenberger, il moderatore Tony Juniper, di Friends of the earth international, ha presentato al presidente della Confederazione una risoluzione, approvata dall’assemblea in mattinata, nella quale si condannano duramente i criteri adottati dalle forze di polizia per impedire a presunti manifestanti di giungere a Davos. In particolare si fa riferimento al caso di un relatore di PED, Adam Ma’anit, del Corporate Europe Observatory, fermato dalla polizia a Landquart e respinto da Basilea verso l’Olanda.
“La decisione della polizia di rimandarlo indietro sembra basarsi puramente sull’aspetto esteriore della persone”, prosegue il documento. Ma’anit, che porta i capelli lunghi, sarebbe stato fermato, fotografato e lungamente interrogato. Inoltre, degli studenti che distribuivano volantini di PED sarebbero stati fermati a Davos e numerose persone – tra cui giornalisti – intenzionati a partecipare a PED non avrebbero potuto raggiungere Davos. La risoluzione conclude: “PED protesta contro le azioni della polizia svizzera, perché esse violano la convenzione dell’ONU sui diritti umani che garantisce la libertà di assemblea, di movimento e di espressione.”
Moritz Leuenberger ha preso atto della risoluzione, assicurando che saranno svolte verifiche per appurare eventuali manchevolezze da parte delle forze dell’ordine. Il presidente della Confederazione, nel corso di una conferenza stampa, ha però specificato che non è giusto emettere giudizi generalizzati sull’operato della polizia e che, nel caso di singole violazioni dei diritti, si può sempre sporgere denuncia.
Andrea Tognina, Davos

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