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Del Ponte contro Milosevic

Carla Del Ponte con i giudici del tribunale penale dell'Aja Keystone

Martedì è iniziato all'Aja il processo contro Slobodan Milosevic. Un processo che premia la tenacia di Carla Del Ponte. Ma il magistrato svizzero non ha ancora vinto la partita.

Milosevic è responsabile dei «peggiori crimini conosciuti dall’umanità». Lo ha detto martedì la procuratrice capo del Tribunale penale internazionale (Tpi) dell’Aja, Carla del Ponte, in apertura del processo all’ex-capo dello stato jugoslavo Slobodan Milosevic.

In un discorso durato 35 minuti, la Del Ponte ha accusato Milosevic di avere causato «immense sofferenze» a centinaia di migliaia di persone per la propria sete di potere ed ha definito «brutalità medievali e forme di crudeltà calcolata» le violenze che hanno sconvolto i Balcani negli anni 1990, che «sono andate molto al di là dei limiti della guerra».

«Questo processo dà la più potente dimostrazione del fatto che nessuno è al di sopra della legge, o può sfuggire alla legge – ha continuato la Del Ponte -. Oggi più che mai vediamo la giustizia internazionale in azione».

Milosevic ha ascoltato impassibile l’esposizione preliminare e le accuse della procuratrice capo. Ha mantenuto lo sguardo fisso sulla Del Ponte. Dopo l’intervento di Milosevic, mercoledì, la parola passerà giovedi ai primi testimoni. Le prime settimane del processo, che dovrebbe durare almeno due anni, saranno dedicate al Kosovo. Se sarà riconosciuto colpevole, Milosevic rischia l’ergastolo.

Il processo è già un successo

Nell’ufficio della procuratrice del Tribunale penale per l’ex-Jugoslavia, fra i collaboratori di Carla Del Ponte, l’apertura martedì all’Aja del processo contro l’ex-presidente jugoslavo è vissuta come una vittoria.

Non per niente. Dal suo arrivo all’Aja nell’autunno del 1999, il magistrato svizzero non ha smesso di operare per i convincere i suoi interlocutori a mettere le mani su coloro che lei ritiene responsabili della pulizia etnica nell’ex-Jugoslavia. Primo fra tutti, Slobodan Milosevic.

A bordo dell’aereo messole a disposizione dalla Confederazione, la ticinese ha percorso il pianeta ripetendo senza tregua lo stesso messaggio: “Datemi i mezzi per adempiere al mio mandato”.

Un’accoglienza glaciale

Uno dei momenti più difficili di questa missione resta senza dubbio il suo viaggio a Belgrado, nel gennaio del 2001. “Carla Del Ponte ha avuto ottimi contatti con tutti i suoi interlocutori – nota un suo collaboratore – salvo che con Vojislav Kostunica.”

L’incontro tra l’attuale presidente della Jugoslavia e il magistrato svizzero – che chiedeva il trasferimento di Slobodan Milosevic all’Aja – è stato addirittura glaciale. “Lui le ha tenuto una vera e propria lezione – conferma una persona vicina alla Del Ponte – l’ha redarguita come un maestro farebbe con un allievo.”

Ma la determinazione della procuratrice, sostenuta dalle pressioni degli Stati Uniti su Belgrado, alla fine l’ha spuntata. Il 28 giugno 2001, l’ex-presidente jugoslavo è stato estradato all’Aja.

Accusa di genocidio

Già accusato di crimini contro l’umanità in Kosovo dall’ex-procuratrice Louise Arbour, Slobodan Milosevic è incolpato di crimini contro l’umanità in Croazia, e soprattutto di genocidio in Bosnia.

Considerando le operazioni militari nei tre paesi come tasselli di uno stesso progetto – la creazione nei Balcani di una Grande Serbia – Carla Del Ponte ha chiesto l’istruzione di un unico processo.

Una richiesta respinta in prima istanza, ma accolta in appello. Ancora una volta grazie al carattere volitivo e caparbio della procuratrice.

Tuttavia, nell’ufficio della procuratrice del Tribunale penale per l’ex-Jugoslavia non c’è aria di trionfo. Tutti sono coscienti del fatto che l’apertura del processo è solo una tappa, e non la fine, del caso Milosevic.

Davanti ai giudici la procuratrice dovrà dare nuovamente prova della sua determinazione. Ma anche e soprattutto dovrà dimostrare finezza e capacità di argomentazione.

Carla Del Ponte dovrà convincere i giudici della Camera di prima istanza del tribunale che Slobodan Milosevic è colpevole di genocidio. Un crimine tanto grave quanto difficile da provare.

swissinfo e agenzie

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