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La Commissione dei diritti umani sotto accusa

Human Rights Watch denuncia tra l'altro le continue violazioni dei diritti umani da parte di Israele Keystone

Le ONG svizzere e internazionali mettono più che mai in dubbio la credibilità della Commissione ONU per i diritti dell'uomo, che si riunisce lunedì a Ginevra.

Riprendendo la proposta di un gruppo di esperti incaricati da Kofi Annan, le ONG chiedono una riforma profonda dell’organismo.

Ormai è una sorta di rituale. Come già negli scorsi anni, alla vigilia della sessione annuale della Commissione dei diritti umani le organizzazioni attive nella difesa dei diritti umani ne criticano il lavoro e il funzionamento.

Ma questa volta a sostegno delle loro critiche possono citare un rapporto commissionato dal segretario generale delle Nazioni Unite.

In un documento consegnato a Kofi Annan lo scorso dicembre, un gruppo di personalità di alto livello ha inviato le Nazioni Unite a «ridare credibilità alla Commissione dei diritti dell’uomo».

Forte di questo avviso, il direttore generale di Human Rights Watch Kenneth Roth rilancia: «La commissione dovrebbe concentrarsi sulla protezione dei diritti dell’uomo, invece di impedire le critiche ai paesi membri che commettono gravi abusi».

«La commissione è diventata un rifugio per governi come quello del Sudan, che dovrebbero essere sul banco degli accusati piuttosto che membri dell’organismo principale dell’ONU per i diritti umani», osserva Roth.

Giudici e parti in causa

In effetti, tra i 53 membri della commissione figurano paesi come il Nepal, lo Zimabwe, il Congo, Cuba, la Russia, la Cina o gli Stati Uniti. Contro di essi le ONG hanno sollevato molte accuse per violazioni spesso gravi dei diritti umani.

Amnesty International (AI) teme perciò che dalla seduta annuale della commissione non esca nessuna dichiarazione di rilievo sulla guerra in Iraq e in Cecenia. L’ONG chiede inoltre all’organismo della Nazioni Unite di «mettere fine all’inattività» rispetto alla Cina e allo Zimbabwe.

E non è tutto. «Il Nepal è sull’orlo di una catastrofe», avverte Peter Spindler, che ricorda il recente colpo di Stato da parte del re Gyanendra. Il rappresentante di AI presso l’ONU chiede perciò la nomina di un incaricato speciale per osservare la situazione nel regno.

Un grido d’allarme che potrebbe essere condiviso dalla ministra degli esteri elvetica Micheline Calmy-Rey, che prenderà la parola lunedì davanti alla commissione. Secondo una fonte ben informata, la situazione in Nepal fa parte delle priorità svizzere in questa sessione.

L’anno scorso la Svizzera aveva del resto già tentato di convincere la commissione ad esprimersi sulle violazioni commesse sia dai ribelli maoisti, sia dalle forze governative nepalesi. Ma senza successo.

«Di fronte alle crisi che si stanno evolvendo, la commissione reagisce troppo tardi», ritiene lo svizzero Clauda-Adrien Zoller, presidente di «Ginevra per i diritti umani», una ONG che istruisce militanti e diplomatici sul funzionamento della commissione ONU.

Maggior prevenzione

«Oggi tutti criticano la guerra in Iraq», nota Zoller. «Ma negli Ottanta nulla è stato fatto contro le sevizie perpetrate dal regime di Saddam Hussein».

Secondo l’attivista, denunciando abbastanza presto le derive autoritarie e le violazioni che le accompagnano, la commissione favorirebbe la prevenzione di almeno una parte delle guerre e delle crisi a cui vanno incontro quasi tutti i regimi.

È quindi necessario riformare radicalmente la tanto criticata Commissione dei diritti umani? Molti difensori dei diritti dell’uomo rispondono affermativamente. Il processo è del resto già in corso, nel quadro della riforma di tutta la struttura delle Nazioni Unite.

Una riforma alibi

«D’altro canto, più che una nuova riforma, alla commissione manca la volontà politica degli Stati che la compongono», sottolinea la Federazione internazionale della leghe per i diritti dell’uomo.

L’ONG teme anzi che «il processo di riforma della commissione, in sé necessario, sia una nuova occasione per ridurre la sua capacità di proteggere le vittime».

swissinfo, Frédéric Burnand, Ginevra
(traduzione: Andrea Tognina)

La Commissione dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite è composta da 53 Stati membri.
Ogni anno in marzo e aprile si riunisce a Ginevra durante sei settimane per una sessione ordinaria, a cui partecipano oltre 3000 rappresentanti degli Stati membri, degli Stati osservatori e delle ONG.
Durante la sessione la commissione adotta un centinaio di risoluzioni, di decisioni e di dichiarazioni della presidenza.

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