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Niente più visti svizzeri a Islamabad

L'ambasciata svizzera a Islamabad è finita sotto i riflettori di Berna Keystone Archive

Il servizio per il rilascio dei visti all'ambasciata svizzera a Islamabad è stato provvisoriamente chiuso su ordine di Berna.

Alcuni collaboratori locali sono sospettati di legami con il crimine organizzato ma, secondo l’inchiesta amministrative in corso, “nessun diplomatico svizzero ha commesso atti delittuosi”.

Lo ha detto lunedì a Berna l’ambasciatore Martin Dahinden, capo della direzione delle risorse e della rete esterna del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE).

Sulla vicenda indagano anche le autorità pakistane, che hanno avviato un’inchiesta penale.

La giustizia pakistana ha posto in detenzione preventiva un impiegato locale dell’ambasciata e sta conducendo indagini su almeno una seconda persona, un ex collaboratore della sede diplomatica.

Entrambi, stando alla polizia pakistana, avrebbero rilasciato visti per conto di un’organizzazione criminale implicata nella tratta di esseri umani.

Nel mirino degli inquirenti sono finite anche cinque agenzie di viaggio locali.

Crimine organizzato

“L’ambasciata è stata bersaglio di attività del crimine organizzato, ma non sappiamo ancora in quale misura”, ha detto Dahinden, precisando di non conoscere i dettagli dell’inchiesta pakistana.

“In questo paese, ha aggiunto, organizzazioni mafiose cercano di avere accesso ai servizi per il rilascio dei visti” e a quanto sembra con la rappresentanza svizzera sono riuscite nel loro intento.

Dahinden ha detto che la dotazione di personale presso le ambasciate elvetiche è inferiore rispetto a quella di altri Stati e la Svizzera è quindi meno preparata a fronteggiare eventi di questo genere.

“Stiamo comunque apportando correzioni e speriamo nel necessario sostegno politico”.

A Islamabad sono stati inviati tre collaboratori del DFAE, che parteciperanno ai lavori di riorganizzazione del servizio dei visti in prospettiva di una sua futura rimessa in funzione.

Visti in cambio di sesso?

Giovedì giungerà in Pakistan per una visita prevista da lunga data anche la consigliera federale Micheline Calmy-Rey.

Le irregolarità commesse in Pakistan erano state segnalate alle autorità elvetiche dalla polizia di “uno stato amico”, che Dahinden non ha voluto precisare.

In marzo è quindi stata avviata una “ispezione speciale” e la Svizzera ha nel frattempo accolto una richiesta di assistenza giudiziaria inoltrata da Islamabad.

Dahinden non ha voluto commentare le informazioni secondo cui il dipendente dell’ambasciata finito in carcere avrebbe richiesto ad almeno due donne “favori sessuali”.

Nelle sedi diplomatiche svizzere, negli ultimi anni sono venuti alla luce almeno quatto casi di irregolarità nella concessione dei visti.

Il Ministero pubblico della Confederazione ha aperto inchieste sulle ambasciate di Perù, Yemen e Nigeria, mentre una vicenda riguardante la sede di Mosca è stata affidata a un giudice istruttore federale.

swissinfo e agenzie

Nelle 141 rappresentanze diplomatiche svizzere sono rilasciati mezzo milione di visti all’anno, mentre 40.000 richieste sono rifiutate.
Il numero di visti rilasciati dovrebbe scendere a 400.000 dopo l’entrata in vigore dell’accordo di Schengen.
Le autorità svizzere stanno indagando su casi di traffici di visti nelle rappresentanze diplomatiche in Oman, Perù, Russia, Nigeria, Serbia, Eritrea e Pakistan.

In febbraio si apprende da fonti pachistane che un impiegato locale dell’ambasciata svizzera ad Islamabad ha chiesto dei favori sessuali a due donne in cambio del rilascio di un visto.

In aprile l’uomo viene arrestato dalla polizia pachistana. Secondo quanto indicato da fonti ufficiali pachistane nel traffico di visti sarebbero coinvolti anche degli impiegati elvetici.

In marzo il Dipartimento federale degli affari esteri ha inviato un ispettore sul posto e in aprile ha aperto un’indagine amministrativa.

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