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Svaniscono i sogni d’oriente

La rete di Hakan Yakin aveva illuso... Keystone

Niente da fare. La Yugoslavia sbanca l'esaurito St. Jakob Park di Basilea, imponendosi per 2-1 e aggiudicandosi così quello che, nei fatti, era un autentico spareggio nella corsa per i mondiali del 2002 in Corea e Giappone. La nazionale rossocrociata è ormai virtualmente eliminata dai giochi che contano. Una volta ancora...

Serata amara. Fors’anche di più, visto che i presupposti per far bene c’erano tutti: una nazionale ritrovata nel morale e nel gioco, dopo la convincente vittoria amichevole di Vienna; una rosa a disposizione del nuovo coach Köbi Kuhn finalmente competitiva; un palpabile entusiasmo attorno alla causa dell’undici rossocrociato. Ed uno stadio esaurito, anche se, a dirla tutta, la metà dei 28’000 presenti era di fede yugoslava.

I padroni di casa iniziano con il piglio giusto. Quello delle grandi occasioni assolutamente da non sprecare. Già al 3. minuto si contano un paio di ghiotte occasioni sui piedi di Comisetti (beffardo tiro diagonale non trattenuto dal portiere slavo Kralj) e di Berner (fucilata alle stelle da buona posizione). La Svizzera appare subito lucida e smaniosa di incamerare i 3 punti, fondamentali per una classifica che, prima dell’incontro, ancora lasciava delle chances di raggiungere l’agognato secondo posto.

In fase difensiva, i ragazzi di Kuhn attendono gli avversari nella propria metà campo, forse per non farsi sorprendere dai micidiali contropiedi slavi. Ma attorno al 15., due campanelli d’allarme scuotono il pubblico elvetico: palla persa a metà campo e Milosevic innesca Kezman che spara sciaguratamente alto. Un minuto dopo, rete annullata allo stesso Milosevic per fuorigioco. Episodio seguito dalla tentata invasione di campo di qualche scheggia impazzita del tifo slavo.

La partita si stabilizza ma, a sorpresa, al 20. Kubi Türkyilmaz sfrutta a dovere un magnifico lancio di Murat Yakin per servire l’accorrente Hakan Yakin che insacca. 1-0 per i padroni di casa che cominciano a credere nel colpaccio. L’iniziale irruenza viene sostituita da un tentativo di gestione del risultato che riesce soltanto fino al 37., quando il giovane Berner commette un’ingenuità a metà terreno sfruttata impietosamente da Milosevic, abile a concretizzare un suggerimento di Kezman. 1-1 e tutto da rifare.

Il confronto continua, con una nazionale rossocrociata che fatica a trovare sbocchi offensivi, fors’anche visto che Türkyilmaz e Yakin, i due terminali del gioco elvetico, appaiono piuttosto statici. E, principalmente, a causa del modesto contributo alla manovra dato dai due esterni di centrocampo Sesa e Comisetti. Entrambi quasi totalmente fuori dal gioco.

Al 62., dopo alcuni botta e risposta tra le due compagini, una delle chiavi della partita: Hakan Yakin fa il furbo e devia in rete un pallone vagante nell’area yugoslava. Purtroppo lo fa grossolanamente con la mano. L’arbitro gli sventola il secondo cartellino giallo sotto il naso (il primo se l’era guadagnato ancora nel primo tempo). L’equazione che ne deriva è semplice: giallo più giallo uguale rosso. Svizzera in dieci per l’ultima mezz’ora di gioco. Si fa grama.

Al 74. arriva infatti la mazzata: centro dalla destra e Krstajic, troppo solo a due passi da Pascolo, insacca di testa l’importantissima rete del vantaggio slavo. La Svizzera costretta a vincere si ritrova sotto di un goal. Köbi Kuhn prova a correre ai ripari inserendo due nuove punte, Chapuisat e Frei. I padroni di casa provano il tutto per tutto sbilanciandosi paurosamente in avanti. E se nei minuti finali sia Türkyilmaz che Frei arrivano vicini alla rete, gli yugoslavi scialacquano almeno tre ghiottissime occasioni in contropiede per mettere al sicuro il risultato. Ma non succede più nulla.

Il fischio finale dell’arbitro equivale alla fine della rincorsa elvetica alla qualificazione mondiale. Ormai i giochi in questo senso nel gruppo che riguarda la Svizzera si faranno tra Russia, Slovenia e Yugoslavia.

Dopo questa ennesima sconfitta casalinga, i mondiali d’oriente sono un miraggio. La nazionale svizzera manca ormai dalle principali competizioni internazionali dalla metà degli anni novanta (mondiali in America nel 1994, europei in Inghilterra nel 1996). E sprofonda nella classifica FIFA: prima dell’incontro di sabato sera si trovava al 62. posto, dietro anche a Trinidad&Tobago (27.), Islanda (52.) e Thailandia (61.). La mancanza di risultati di prestigio pesa.

Un’ultima annotazione per segnalare l’equivoco modo di festeggiare la vittoria per alcune centurie di sostenitori yugoslavi. Tentativi di invasione di campo, botte con le forze di sicurezza e lancio di oggetti contundenti in campo. Evitabile. Senza dubbio.

Marzio Pescia

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