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Ticinogate, parla Prudentino: “Nessuno accordo con Cuomo”

Mercoledì ha parlato Francesco Prudentino (in mezzo nella foto, al momento del suo arresto in Grecia), testimone chiave al processo Cuomo-Verda Keystone

"Non ho mai conosciuto Verda, non c'è stato nessuno accordo tra me e Cuomo per dare all'ex magistrato parte dei soldi che mi erano stati dissequestrati". Questa la testimonianza in prima battuta di Francesco Prudentino che mercoledì è comparso davanti alla Corte della Assise correzionali di Lugano per il processo Cuomo-Verda.

Messo di fronte alle registrazioni delle telefonate, Prudentino ha dovuto ammettere che Cuomo gli aveva detto di dare “in beneficenza” al giudice una parte del denaro: “Io, pero – ha precisato – lo stavo solo ad ascoltare. Le sue parole da un orecchio mi entravano e dall’altro uscivano”. Ma l’amministratore di una sua società lo ha smentito

La deposizione di Prudentino, detto “Ciccio La busta” attualmente in carcere in Italia per associazione mafiosa e omicidio, era molto attesa per fare luce sul dissequestro dei tre milioni di franchi deciso da Verda nel giugno del ’99. Sulla restituzione di un milione e 600 mila franchi a Prudentino, il resto era stato invece incamerato dallo Stato, si gioca l’accusa più grave per l’ex presidente del Tribunale penale: corruzione passiva aggravata, con i reati annessi di ripetuta istigazione alla violazione del segreto di ufficio, favoreggiamento e ripetuta violazione del segreto di ufficio.

Secondo il procuratore straordinario Luciano Giudici, Verda da questo dissequestro voleva guadagnarci una grossa somma di denaro. Grazie all’intervento di Gerardo Cuomo accusato perciò di complicità in corruzione passiva aggravata, oltre che di violazione della legge sulla dimora. Il presunto boss napoletano del contrabbando di sigarette e Prudentino, come è emerso dall’interrogatorio dello stesso, si conoscevano dalla metà degli anni ’80. Erano stati condannati assieme in Italia e successivamente “Ciccio la busta” aveva acquistato in Svizzera partite di sigarette da Cuomo, con cui era rimasto pure in debito di qualche centinaio di milioni di lire. Tutto questo prima del ’95, quando Prudentino per sfuggire alla giustizia italiana si era dato alla latitanza.

“Dal ’99 non ho avuto più contati con Cuomo – ha affermato Prudentino – nè mi ricordo che mi abbia chiamato per parlarmi espressamente dei soldi confiscati, che potevano essere dissequestrati se io fossi stato disposto a pagare. Io dovevo dare dei soldi in beneficienza? E a chi? Di quel denaro non ho mai dato mille lire a nessuno. Che sarebbe stato possibile patteggiare con lo Stato per il dissequestro l’ho saputo dal mio avvocato Venerio Quadri”.

Ma per smontare questa dichiarazione alla presidente della Corte Giovanna Roggero-Will è bastato far riascoltare a Prudentino un’intercettazione telefonica. Cuomo al telefono gli rammentava: 800 mila franchi sono per te e altri 800 mila li deve dare in beneficenza.
Pronta la replica di “Ciccio la busta”: “Ma io lo stavo solo ad ascoltare. Non mi interessava quello che diceva Cuomo. Mi fidavo del mio avvocato”. Come dire che per lui le parole di Cuomo non contavano niente. Tant’è che riavuti i soldi se li tenne tutti per sé.

A rendere poco veritiera la sua versione c’è stata la deposizione di Edo Caneva, amministratore della società Bora Bora, costituita da Prudentino a Lugano per il commercio di tabacchi. ” Prudentino – ha raccontato Caneva – mi disse che secondo Cuomo c’era qualcuno che poteva aiutarlo a far dissequestrare il denaro. E per lui ciò era credibile poiché Cuomo sapeva delle cose prima che le sapesse lo stesso avvocato Quadri”. Informazioni che evidentemente attingeva da Verda.

Fu lo stesso Caneva a prelevare in banca 1 milione e 600 mila franchi, e su raccomandazione di Prudentino ad inventare una scusa con Cuomo per non dargli gli 800 mila franchi.

Nel pomeriggio la Corte ha invece ha ascoltato i medici che hanno redatto le perizie sullo stato di salute psicofisica di Franco Verda che, nell’autunno ’98, è stato operato a Berna per un carcinoma. Dalle perizie risulta il quadro depressivo di una persona fobica, ansiosa e a tratti anche con istinti suicidi. Insomma, uno stato mentale compatibile con una scemata responsabilità anche nel valutare bene i rapporti che andava stringendo con Cuomo e che alla fine lo hanno portato sul banco degli imputati. Ma nemmeno le condizioni di Gerardo Cuomo sono delle migliori: un infarto e un tumore al pancreas diagnosticato l’anno scorso.

Libero D’Agostino

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