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Un angolo di paradiso svizzero in Sudafrica

Cielo e terra, terra e cielo swissinfo.ch

Hemel-en-Aarde – «cielo e terra» – è una regione a est di Città di del Capo. In questo luogo incantevole, si sono stabiliti due produttori vinicoli svizzeri.

L’ultimo tratto della strada che conduce alla tenuta di Jean-Claude Martin e Christoph Kaser è una striscia di terriccio rossastro. Attraverso un cancello, decorato con la bandiera sudafricana e quella – più piccola – della Confederazione, si accede al Creation Wines estate. Ci troviamo a pochi chilometri di distanza dalla pittoresca cittadina costiera di Hermanus.

La temperatura è più fresca, qui a 350 metri sul livello del mare. Il rumore delle rane e dei grilli del vicino stagno accoglie i visitatori. L’aria pomeridiana è impregnata dai profumi provenienti dal salotto di degustazione e del giardino circostante.

Un vero e proprio angolo di paradiso, di cui il 37enne Martin dice di essersi «innamorato a prima vista». Lui e il suo socio in affari Christoph Kaser hanno acquistato l’appezzamento nel 2002, prima di trasferirsi nel 2004.

Dalle pecore al vino

Prima che i due imprenditori decidessero di destinare la tenuta – situata tra due montagne, talvolta spolverate dalla neve – alla coltivazione della vigna, lo spazio era occupato dalle pecore.

«Le condizioni meteorologiche sono stabili durante tutto l’anno, anche se la temperatura può calare parecchio durante la notte», afferma Jean-Claude Martin. I 22 ettari di terreno garantiscono una produzione annua di circa 120’000 bottiglie di vino: un quantitativo modesto per il Sudafrica, ma importante in base ai parametri elvetici.

La quiete di questo territorio collinoso è interrotta soltanto dal lontano rumore di un veicolo agricolo e dal brusio del sistema di ventilazione della cantina.

Di tutto un po’

Martin ammette che la scelta di coltivare una decina di varietà diverse – tra cui sauvignon bianco, chardonnay, pinot nero, syrah e merlot – non è verosimilmente la migliore dal profilo strettamente commerciale. Però, spiega, quello che conta è la qualità.

Inoltre, precisa, «attualmente stiamo verificando quali tipologie di vino garantiscono i risultati migliori». Non va inoltre dimenticato che i primi raccolti risalgono a quattro anni or sono, mentre la produttività piena è stata raggiunta nel 2009-2010.

Jean-Claude Martin e Christoph Kaser sanno che li attende un lungo lavoro, e che sarà necessario un decennio prima che l’investimento diventi redditizio. Ciononostante, non vi è un solo giorno in cui Martin rimpiange la sua decisione di lasciare la Confederazione per trasferirsi nel paese di sua moglie.

Giovane imprenditore

Martin sa di essersi assunto un rischio in qualità di giovane investitore, ma resta fiducioso. «Ovviamente nessuno può sapere come finiranno le cose, ma ciò che conta per me è il fatto di avere compiuto questo passo e la constatazione che qui mi trovo benissimo».

Il 37enne è pure relativamente ottimista in merito al futuro del Sudafrica, nonostante i problemi che continuano ad attanagliare il paese, segnatamente il fossato tra ricchi e poveri, tra neri e bianchi.

Jean-Claude Martin aggiunge a questo proposito che il suo insediamento nella regione permette di sostentare una trentina di famiglie. In particolare, impiega lavoratori agricoli e personale locale addetto alle cantine e alle strutture per la degustazione.

Per quanto concerne il reclutamento del personale, l’imprenditore svizzero non fa alcuna distinzione tra impiegati di origini diverse: «Ciò che conta, è il loro lavoro». Per scelta, Martin preferisce versare salari equi e privilegiare il lavoro svolto manualmente, invece di utilizzare prevalentemente macchinari.

Svizzero o sudafricano?

Martin sa che nella regione operano altri produttori elvetici, ma non sembra particolarmente interessato a contatti più stretti: «Abbiamo tutti i nostri rispettivi clienti e giornate molto piene», dice.

Jean-Claude Martin esporta i propri vini verso una decina di paesi; inoltre, i suoi prodotti attirano un numero sempre maggiore di appassionati sudafricani che si spostano fino a Hemel-en-Aarde.

Complessivamente, Martin afferma che la sua attività di imprenditore in Sudafrica gli garantisce un maggiore grado di indipendenza rispetto alla Svizzera, dove i progetti sono sovente bloccati da lunghe procedure burocratiche e dai ricorsi di vicini gelosi. Jean-Claude Martin è comunque convinto che potrebbe partire e ambientarsi senza difficoltà in altre regioni del mondo.

Per quanto concerne l’imminente Mondiale calcistico in Sudafrica, Martin è molto pragmatico: «Penso che la mia famiglia non farà il tifo né per la Svizzera né per il Sudafrica. Io e mio figlio sosterremo dunque la Spagna».

Urs Geiser, Città del Capo, swissinfo.ch
(traduzione e adattamento: Andrea Clementi)

Nel 1487, Bartolomeo Diaz al servizio del Re del Portogallo, arrivò al Capo di Buona Speranza. Le notizie dei primi arrivi di cittadini svizzeri, al servizio della Compagnia Olandese delle Indie, risalgono al 1652.

Agli inizi dell’Ottocento, al Capo sbarcavano in media 5 svizzeri all’anno. All’inizio del Novecento il flusso aumentò, così come aumentò la gamma di mestieri esercitati dai cittadini elvetici: ingegneri, falegnami, missionari, pasticcieri, orologiai e parrucchieri.

Oggi in Sudafrica vivono 9’035 svizzeri (dati 2009). Quasi 6’200 hanno una doppia cittadinanza. I pensionati, 1’714, rappresentano poco meno di un quinto del totale.

A Città del Capo (e nelle sue immediate vicinanze) abitano 2’500 cittadini elvetici.

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