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Sei grafici per comprendere meglio la crisi migratoria

Ogni giorno migliaia di rifugiati e migranti attraversano le frontiere europee in cerca di protezione o di una vita migliore. Una sfida senza precedenti per l’Unione europea che da mesi sta cercando una risposta comune e solidale. Ma quali sono i paesi più toccati? E che impatto avrebbe l’introduzione di quote obbligatorie? La risposta in una serie di grafici ed elementi interattivi. 

Mai prima d’ora così tante persone avevano rischiato la vita per raggiungere l’Europa via mare. Da inizio anno, 432mila migranti sono sbarcati sulle coste del sud, più del doppio rispetto a tutto il 2014. Stando all’UNHCRCollegamento esterno, si tratta soprattutto di persone in cerca di protezione, fuggite dalla guerra in Siria e in Afghanistan o dalla dittatura eritrea.

A livello europeo, il numero di domande d’asilo depositate lo scorso anno (oltre 660mila) aveva quasi raggiunto il picco registrato durante la guerra nell’ex Jugoslavia.   

La situazione varia però molto da un paese all’altro. Mentre la Germania stima a 800mila il numero di domande d’asilo attese entro fine anno – quattro volte superiore al 2014 -, in Svizzera la Segreteria di Stato alla migrazione parla di 29’000 richiedenti per il 2015. Una cifra ben al di sotto di quella registrata nel 1991 e nel 1999 quando si era superata quota 40mila, come mostra il grafico seguente. 

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Se il Mediterraneo è diventata la principale porta d’accesso è anche perché negli ultimi anni l’UE ha costruito una fortezza ai suoi confini. Barriere d’acciaio e filo spinato bloccano le frontiere tra il Marocco e Ceuta (8 km), tra il Marocco e Melilla (12 km), tra la Turchia e la Grecia (12,5 km) e tra la Turchia e la Bulgaria (30 km). La loro costruzione, costata 77 milioni di euro secondo The Migrants FilesCollegamento esterno, non ha però fermato l’afflusso di profughi.

Di fronte all’emergenza attuale, i paesi europei sono fermi su posizioni contrapposte.  La Germania ha aperto temporaneamente le sue frontiere e ha lanciato un appello a una maggiore solidarietà nei confronti dei migranti. Berlino ha inoltre sospeso il trasferimento dei richiedenti l’asilo siriani verso altri paesi europei, rimettendo così in questione l’accordo di Dublino secondo il quale è il primo paese di transito – Grecia e Italia in primis – a dover registrare ed accogliere i migranti. Una scelta simbolicamente importante, tenuto conto che nel 2014 la Germania è il paese che ha rinviato più migranti, seguita dalla Svizzera.


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Sull’altro fronte, i paesi dell’Est sono più refrattari al principio dell’accoglienza. L’Ungheria, che nelle ultime settimane ha registrato migliaia di arrivi quotidiani, ha cercato dapprima di chiudere le frontiere e poi di bloccare i migranti alla stazione. La Slovacchia ha dichiarato di essere pronta ad accogliere i profughi, a patto che siano cristiani, mentre la Bulgaria ha mandato l’esercito a pattugliare le frontiere.

Nuovi muri stanno inoltre spuntando alle porte dell’Europa: l’Ungheria sta terminando la costruzione di una barriera di 175 km al confine con la Serbia e la Bulgaria prolungherà la sua di 130 km, lungo tutta la frontiera con la Turchia. 

Anche in Svizzera, l’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice) aveva proposto d’inviare l’esercito al confine, mentre la Lega dei Ticinesi si era detta pronta a chiudere le dogane con l’Italia.

Queste proposte, condannate dalle organizzazioni a difesa dei diritti umani, non provengono però sempre dai paesi più toccati dall’afflusso di migranti, come mostra l’animazione seguente. 


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Confrontata con una vera e propria lotteria dell’asilo, l’UE cerca ormai da anni una soluzione comune e solidale alla questione migratoria.

Mentre Italia e Grecia vedono sbarcare ogni giorno centinaia di persone, le destinazioni privilegiate restano Germania e Svezia. Intenzionati a proseguire il viaggio, i migranti sfuggono spesso all’obbligo di registrazione imposto dall’accordo di Dublino, talvolta con il beneplacito dei paesi del Sud, ormai incapaci di gestire questo afflusso.

Diversi paesi dell’Unione europea, guidati dalla Germania, chiedono a gran voce una revisione dell’accordo di Dublino e una ripartizione dei rifugiati tra i paesi membri. La proposta prevede l’introduzione di quote obbligatorie – in funzione del PIL, della popolazione e del tasso di disoccupazione – e possibili sanzioni per i paesi refrattari.

Chi avrebbe da perdere e da guadagnare da questa nuova strategia? Il grafico seguente mostra le domande d’asilo depositate nel 2014 in funzione di alcuni dei criteri discussi a Bruxelles. 


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A seconda del loro profilo e del paese di provenienza, ma anche dell’interpretazione dei diversi paesi, i migranti non hanno sempre le stesse possibilità di vedersi riconoscere un bisogno di protezione, come mostra il grafico seguente. Lo scorso anno, quasi la metà dei casi trattati (47%) è sfociata in una decisione positiva, 12 punti percentuali in più rispetto al 2013Collegamento esterno*.

La Svizzera figura tra i paesi europei col più alto tasso di riconoscimento dell’asilo o dell’ammissione provvisoria, il 70,5% secondo Eurostat**. In testa vi è la Bulgaria (94,1%), mentre a chiudere la classifica (9,4%) è l’Ungheria – dove la maggior parte dei richiedenti l’asilo nel 2014 proveniva dal Kosovo, un paese considerato sicuro.


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Mentre alcuni paesi europei faticano a gestire l’afflusso di migranti, e sono confrontati con un crescente sentimento d’intolleranza, stando all’UNHCR l’86% dei rifugiati vive in un paese in via di sviluppo (12,4 milioni a fine 2014).

In Libano rifugiati e richiedenti l’asilo rappresentano ormai un quarto della popolazione: si tratta del tasso più alto al mondo per milioni di abitanti, 12 volte superiore a quello della Svezia.

La mappa seguente mostra il numero totale di richiedenti l’asilo e rifugiati registrati dall’UNHCR per milione di abitanti o per un dollaro del Prodotto interno lordo***. 


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Note esplicative

* L’aumento del tasso di riconoscimento è legato in parte al profilo dei richiedenti l’asilo, ma anche a un cambiamento nel metodo utilizzato da Eurostat. A partire dal 2014 sono stati esclusi dalla base di calcolo i cosiddetti casi Dublino (persone già registrate in altri paesi europei), perché vi è il rischio che un richiedente figuri più volte nei registri di due paesi.

** Ufficialmente, la Svizzera parla di un “tasso di protezioneCollegamento esterno” del 58,3% nel 2014. Questo include i rifugiati e le persone ammesse a titolo provvisorio. Come si spiega la differenza con Eurostat, che parla di un tasso di riconoscimento del 70,5%? La ragione è semplice: a differenza di Eurostat, la Svizzera continua a considerare nella base di calcolo anche i casi Dublino e gli altri casi di persone la cui domanda d’asilo non viene nemmeno esaminata.

A differenza dell’UE, in Svizzera inoltre le “decisioni positive” si limitano unicamente al riconoscimento dell’asilo (25,6% nel 2015). I casi di ammissione provvisoria figurano invece nelle statistiche delle decisioni negative.

*** Le statistiche dell’UNHCR utilizzate nell’ultima mappa differiscono da quelle di Eurostat, che sono servite da base per gli altri grafici. Eurostat prende unicamente in considerazione il numero di domande d’asilo per periodo di riferimento, mentre l’UNHCR conta il numero totale di domande d’asilo non ancora trattate (alcune presentate negli anni precedenti al 2014). 


Nota della Redazione: Questo articolo è stato pubblicato il 22 luglio e aggiornato il 14 settembre 2015. 

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