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CF: imposta minima OCSE in vigore dal 2024

Il ministro delle finanze Ueli Maurer durante l'incontro odierno con i media. KEYSTONE/ANTHONY ANEX sda-ats

(Keystone-ATS) Il Consiglio federale ha deciso di attuare, con una modifica costituzionale, l’imposta minima concordata dall’OCSE e dagli Stati del G20 per determinate multinazionali.

Un’ordinanza temporanea garantirà che questa minimum tax entri in vigore il 1° gennaio 2024, mentre la relativa legge arriverà successivamente.

L’attuazione in Svizzera del progetto dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) e del G20, concordato negli scorsi mesi da 137 Paesi, è stata presentata oggi ai media riuniti a Berna dal ministro delle finanze Ueli Maurer. L’adeguamento al diritto elvetico avviene ponendo particolare attenzione all’attrattiva della piazza economica, assicura il governo in una nota a margine.

Per garantire certezza giuridica alle imprese interessate, con il coinvolgimento del Parlamento, dei Cantoni e del popolo, è prevista la creazione di una nuova base costituzionale, sulla quale i cittadini dovrebbero essere chiamati alle urne il 18 giugno 2023. L’agenda prevede poi che l’esecutivo emani un’ordinanza temporanea per l’applicazione dell’imposta minima dal 1° gennaio 2024.

Un anno di ritardo

Successivamente, seguendo l’iter ordinario, potrà essere elaborata senza pressioni di tempo la base legale che andrà a sostituire questa soluzione momentanea, viene spiegato nel comunicato. Si tratta di una tempistica meno stretta rispetto a quella “per noi complicata per cui spingeva l’OCSE, ovvero il 2023”, ha aggiunto Maurer durante la conferenza stampa.

I 137 Paesi hanno raggiunto un’intesa su un’aliquota minima del 15% per le società attive a livello internazionale che registrano una cifra d’affari annua di almeno 750 milioni di euro. Se uno Stato intende mantenere un’imposizione più bassa, gli altri possono imporre un’ulteriore tassazione alle imprese assoggettate a un’aliquota inferiore. Il recepimento dell’imposizione minima nel diritto svizzero assicura che i grandi gruppi non siano coinvolti in procedure fiscali estere, sottolinea il governo. Inoltre, questa misura permette a Berna “di non privarsi delle entrate fiscali che le spettano”.

Oltre 2000 imprese

“Le aziende svizzere toccate dovrebbero essere un po’ più di 200”, ha precisato Maurer, ma non vanno dimenticate le filiali con sede nella Confederazione di multinazionali straniere la cui casa madre rispetta i criteri. Secondo le stime del titolare del Dipartimento delle finanze (DFF), esse sono “circa 2000, il che porta in totale le società potenzialmente interessate a 2000-2500 “.

Bisognerà però aspettare per capire come si concretizzerà questo potenziale in moneta sonante: “È troppo presto per fornire numeri in franchi e centesimi”. Maurer ha inoltre ricordato che quello discusso oggi è solo uno dei due pilastri del progetto. Il secondo, che riguarda la tassazione dei profitti delle grandi multinazionali con un fatturato di almeno 20 miliardi di euro, è ancora bloccato all’OCSE in attesa che i lavori siano ultimati, ha puntualizzato il capo del DFF.

PMI e aziende nazionali escluse

Questa imposta minima sarà prelevata in modo mirato e nel pieno rispetto del federalismo, promette il Consiglio federale. Per le aziende attive esclusivamente a livello nazionale e per le piccole e medie imprese (PMI) la situazione rimarrà invariata.

Il governo ha stabilito alcuni parametri di carattere materiale: la garanzia dell’imposta minima a carico delle multinazionali con oltre 750 milioni di euro di fatturato, il prelievo delle imposte supplementari di competenza cantonale e il fatto che tali entrate fiscali saranno soggette alle regole generali della perequazione finanziaria nazionale. Gli introiti rimarranno nelle casse cantonali, ha rimarcato Maurer, stando al quale servirà coordinazione nei casi in cui più di un Cantone sarà coinvolto.

La ripercussione principale sarà che ovviamente l’attuazione del progetto comporterà un carico a livello di tasse più elevato per alcune imprese, ma, come detto, in cambio esse eviteranno procedure fiscali all’estero. La Confederazione disporrà del margine di manovra necessario per mettere in atto scelte di politica finanziaria volte a contrastare la possibile perdita di appeal della piazza, mentre i Cantoni eserciteranno la propria sovranità nel decidere misure pensate per aumentare tale attrattiva.

Cantoni applaudono

E proprio questo è uno dei punti che soddisfa i Cantoni, come evidenziato dai membri del consiglio della Conferenza dei direttori cantonali delle finanze (CDF) presenti in conferenza stampa. Quanto deciso dal Consiglio federale è “a nostro avviso un passo importante e realistico”, ha dichiarato il consigliere di Stato svittese Kaspar Michel, parlando di una via praticabile e che porta chiarezza.

“Siamo molto felici e grati all’esecutivo”, gli ha fatto eco la sua collega nella CDF e responsabile delle finanze a Ginevra Nathalie Fontanet. “Sono linee direttrici pertinenti che tengono conto delle nostre preoccupazioni e corrispondono alle attese delle imprese”. L’autonomia dei Cantoni “viene preservata”, ha proseguito la politica romanda, e allo stesso tempo ci si conforma alle norme internazionali, “punto chiave per mantenere competitiva la piazza”.

Ai fini dell’attuazione del progetto, Confederazione, Cantoni, città e Comuni lavoreranno in stretta collaborazione. Inoltre, il DFF ha istituito un organo politico consultivo che riunisce i rappresentanti dei tre livelli statali.

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