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Versanti instabili e riscaldamento climatico: la corsa per capire la frana di Blatten

un uomo seduto al computer davanti a schermi che mostrano una simulazione di una frana
Il professor Johan Gaume del Politecnico federale di Zurigo mostra il suo strumento di simulazione 3D che ha modellato con precisione il distacco di dieci milioni di metri cubi di ghiaccio e roccia avvenuto a Blatten nel maggio del 2025. Michael Buholzer / Keystone

Il collasso catastrofico del ghiacciaio Birch, che a maggio ha spazzato via il villaggio svizzero di Blatten, ha innescato uno sforzo scientifico senza precedenti per capire come un versante montano possa cedere in modo così violento – e cosa potrebbe succedere ora.

Risalendo la Lötschental, la calma pastorale dei prati verde limone e dei boschi ramati della valle cede il passo a uno squarcio bruno nel paesaggio: l’immensa colata detritica dove un tempo si trovava il villaggio di Blatten.

Il 28 maggio 2025 il ghiacciaio del Birch è crollato sotto l’enorme peso delle rocce precipitate dal Kleines Nesthorn, una montagna molto instabile. In appena 40 secondi, nove milioni di tonnellate di roccia, fango, ghiaccio e detriti sono precipitate a 200 chilometri orari verso valle, sotterrando Blatten, il paese sottostante. Tutti i 300 abitanti erano stati evacuati in tempo, ma un uomo di 64 anni è risultato disperso.

Oggi l’accesso al territorio comunale di Blatten è vietatoCollegamento esterno e l’area è ancora considerata a rischio. Il Kleines Nesthorn continua a muoversi – fino a 10 centimetri al giorno in estate – anche se con l’inverno lo spostamento si è rallentato. Una seconda frana della stessa portata non è più possibile, dal momento che il ghiacciaio del Birch è quasi del tutto scomparso, ma il livello di allerta rimane alto.

“È possibile che le porzioni di ghiacciaio rimaste appese al versante si stacchino, provocando una valanga di ghiaccio, oppure che si verifichino colate detritiche o una nuova frana da una zona instabile del Kleines Nesthorn: tutti eventi che potrebbero raggiungere il fondovalle”, spiega Guillaume Bulle-Favre, responsabile del servizio valanghe e catastrofi naturali del Canton Vallese.

I rischi principali riguardano l’imponente cono detritico – che in alcuni punti supera i 100 metri di altezza – e la possibile formazione di un lago qualora il fiume Lonza venisse nuovamente ostruito.

detriti su un versante innevato
Vista dei detriti rocciosi accumulatisi sul ghiacciaio del Birch il 23 maggio 2025, prima del suo crollo cinque giorni dopo. Keystone / Jean-Christophe Bott

Il caso di Blatten è stato uno dei temi centrali della conferenza internazionale sulle franeCollegamento esterno tenutasi il mese scorso a Losanna, dove oltre 60 esperti ed esperte si sono riuniti per capire come si sia potuto verificare un evento del genere – e come riuscire a prevedere il prossimo.

Molti ricercatori e ricercatrici, soprattutto in Europa, stanno collaborando allo studio del caso Blatten senza spirito competitivo, spiega Christophe Lambiel, professore alla Facoltà di geoscienze e ambiente dell’Università di Losanna: “Tutti vogliono capire cosa sia successo, ma non necessariamente arrivare per primi”.

Diversi gruppi di ricerca stanno utilizzando simulazioni Collegamento esternoe analisi sismiche per ricostruire la dinamica del disastro e studiare la crescente minaccia dei cosiddetti multi-hazard cascadesCollegamento esterno (catene di eventi che si innescano e si amplificano a vicenda) legati al disgelo del permafrost e alla destabilizzazione dei ghiacciai.

Pericoli naturali multipli

A sei mesi dal disastro si comincia a individuare uno schema, affermano gli scienziati e le scienziate. Le tre frane alpine più imponenti degli ultimi vent’anni – Pizzo Cengalo (2017), Pizzo Scerscen (2024) e Blatten (2025) – hanno tutte un elemento in comune: un crollo roccioso che si abbatte su un ghiacciaio, innescando una gigantesca valanga di roccia e ghiaccio, e successivamente colate detritiche.

“È un problema serio per regioni densamente popolate come le Alpi. Fenomeni di questo tipo possono trasportare rocce e ghiaccio per molti chilometri a valle, provocando danni enormi”, afferma Lambiel. “Nel contesto del cambiamento climatico – con il disgelo del permafrost e il ritiro dei ghiacciai sulle pareti più ripide – episodi simili potrebbero diventare più frequenti”.

Il ruolo del cambiamento climatico nel disastro di Blatten rimane una questione aperta. Per alcuni scienziati, però, il legame è evidente.

Christian Huggel, ricercatore presso l’Università di Zurigo, ritiene che il cambiamento climatico sia stato un fattore chiave: “Ovviamente la geologia – la stratificazione e la composizione della roccia – è il fattore principale”, ha detto lo scorso settembre durante una conferenza a InnsbruckCollegamento esterno. Ma senza il riscaldamento climatico, secondo Huggel, la frana di Blatten sarebbe avvenuta secoli più tardi, o forse non si sarebbe mai verificata.

Altri preferiscono non sbilanciarsi. Una scheda informativaCollegamento esterno pubblicata a luglio dal Politecnico di Zurigo (ETH) ha concluso che è “molto probabile” che il riscaldamento climatico abbia giocato un ruolo rilevante, sottolineando che la roccia instabile si trova in una zona caratterizzata da permafrost, per sua natura particolarmente sensibile all’aumento delle temperature.

In Svizzera la temperatura è aumentata di 2,9 °C dall’epoca preindustriale, circa il doppio della media globale. Questo riscaldamento ha portato a un ritiro accelerato dei ghiacciai, oltre che a cambiamenti nella distribuzione delle nevicate e al disgelo del permafrost.

Le frane e i crolli rocciosi stanno diventando più frequenti, complice l’aumento dello scioglimento di neve e del disgelo del permafrost. Ma esperti ed esperte avvertono che non è ancora possibile stabilire se stiano aumentando anche i crolli di grandi dimensioni, e che per episodi fuori dal comune come quello di Blatten è difficile arrivare a conclusioni certe: i dati disponibili sono pochi e disomogenei.

detriti franati sul versante di una montagna
In termini di volume e di estensione dei danni causati, il crollo del ghiacciaio del Birch che ha spazzato via il villaggio di Blatten, nel Canton Vallese, è senza precedenti per le Alpi svizzere. Garrett Fisher / Keystone

“Tutti questi processi sono collegati tra loro e difficili da districare”, osserva il glaciologo dell’ETH Daniel Farinotti, che spera di poter presentare conclusioni più solide sul caso Blatten l’anno prossimo.

Per ora possiamo solo dire che diversi fattori hanno contribuito al disastro: la geologia locale, il clima, il ghiacciaio e il permafrost”.

Il ruolo del permafrost

Ma per Lambiel il ruolo del disgelo del permafrost nel crollo del Kleines Nesthorn è ancora “una domanda aperta”.

Dal 2019 il ghiacciaio del Birch era avanzato di circa 50 metri, probabilmente a causa dei ripetuti crolli dal Nesthorn, che depositava detriti sul ghiacciaio spingendolo gradualmente verso valle. Nel frattempo, le porzioni di ghiaccio sulla parete nord si erano progressivamente assottigliate.

“Il ritiro del ghiacciaio e il disgelo del permafrost hanno provocato numerosi crolli di roccia. Il loro accumulo ha spinto il ghiacciaio verso valle e ne ha aumentato l’instabilità”, spiega Lambiel.

>> Guarda le immagini del crollo del ghiacciaio del Birch nel breve filmato seguente:

Il rapido disgelo del permafrost ha accelerato l’instabilità del versante?

“Probabilmente sì”, risponde. “Ma non possiamo dirlo con certezza. Abbiamo bisogno di più dati, e soprattutto di modelli che descrivano cosa sta succedendo più in profondità dentro la montagna”.

Alcuni nuovi sensori dovrebbero fornire più informazioni sulla temperatura del permafrost e sulla sua evoluzione, oltre che sul comportamento meccanico della roccia. La geologia della montagna non aiuta: gli strati fratturati di gneiss e anfibolite affiancano il granito, formando una struttura instabile.

I ricercatori e le ricercatrici dell’ETH descrivono il versante come “predisposto al cedimento”. Millenni di erosione glaciale lo hanno reso più ripido, e il ritiro di neve e firn lo ha esposto sempre di più.

Negli ultimi decenni, aggiungono, anche il permafrost del Kleines Nesthorn si è riscaldato. Quindi è possibile che lo scioglimento di ghiaccio all’interno della montagna e l’aumento dell’infiltrazione d’acqua abbiano portato a una maggiore pressione interna, indebolendo ulteriormente il versante e accelerandone il collasso.

Modelli scientifici che anticipano i disastri

Il disastro di Blatten ha dato una nuova spinta allo sviluppo dei modelli scientifici. Un innovativo strumento di simulazione 3DCollegamento esterno messo a punto dall’ETH e dall’Istituto federale per la neve e le valanghe (SLF) è oggi in grado di prevedere con precisione il flusso, l’altezza e la traiettoria di valanghe di neve, ghiaccio e roccia. Nel 2023 aveva anticipato correttamente il percorso di una grande frana a Brienz (nei Grigioni).

tetti di case che spuntano da un lago in un paesaggio innevato
Una veduta aerea del 28 ottobre 2025 mostra il villaggio di Blatten parzialmente sommerso. Michael Probst / Keystone / AP

Pochi giorni prima del crollo che ha colpito Blatten i ricercatori avevano simulato il rilascio di 10 milioni di metri cubi di roccia e ghiaccio: le loro proiezioni – 1,2 km di discesa verso sud-ovest e 700 metri verso nord-est – si sono rivelate quasi identiche al percorso reale della frana.

Il team di ricerca adesso sta collaborando con i Cantoni e con diversi studi di ingegneria per integrare questa tecnologia nella pianificazione dei rischi naturali in tutto l’arco alpino.

“Siamo in contatto con il Canton Vallese per impiegarlo nei loro 80 casi più critici. Anche nell’area di Kandersteg, sullo Spitzer Stein, stiamo simulando la possibile traiettoria di una frana di grandi dimensioni e le conseguenze che potrebbe avere sul lago Oeschinen”, spiega Johan Gaume, professore di movimenti di massa alpini presso l’ETH e l’SLF.

Monitoraggio rafforzato

La Svizzera monitora circa 1’400 ghiacciai con il progetto nazionale GLAMOS; dal 2015 è scomparso un quarto del loro volumeCollegamento esterno. Sessanta di questi ghiacciai, situati in gran parte nel Vallese, sono classificati come pericolosi. Il ghiacciaio del Birch è sotto osservazione dal 1993.

Grazie a un sistema di gestione dei rischi ben coordinato, i residenti di Blatten sono stati evacuati prima del crollo della montagna. Il cantone può contare su una rete che include 90 osservatori locali, geologi, vari strumenti di osservazione, sistemi di allerta precoce e un piano di evacuazione ben collaudato.

Dopo il crollo sul posto sono stati installati nuovi strumenti di monitoraggio. Il team di ricerca dell’Università di Zurigo ha analizzato Collegamento esternoil cono detritico utilizzando diverse tecnologie (come LiDAR, imaging iperspettrale e fotogrammetria) per studiare il ghiaccio residuo e valutare il rischio che il suo scioglimento possa interessare le comunità a valle.

Gli organizzatori della conferenza di Losanna hanno sottolineato la “necessità urgente” di migliorare le attività di monitoraggio e i modelli predittivi. Ma anche in un Paese montuoso come la Svizzera non è possibile controllare ogni cima, e ogni sistema ha i suoi limiti.

Lambiel ammette che prevedere i grandi disastri è ancora molto difficile: “Il Kleines Nesthorn si muoveva da dieci anni, sapevamo che era pericoloso. Ma eventi simili possono verificarsi anche in luoghi del tutto inattesi, come è accaduto al Pizzo Scerscen l’anno scorso. Nessuno sapeva che fosse a rischio”.

Alcune montagne instabili sono state identificate e vengono monitorate regolarmente, aggiunge, ma ce ne sono altre che non conosciamo.

“Dobbiamo aspettarci delle sorprese in futuro… ma è molto difficile dire dove e quando”.

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A cura di Veronica De Vore/ts

Traduzione di Vittoria Vardanega

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