Creare una cultura dell’errore negli ospedali

Ogni anno negli ospedali svizzeri un migliaio di persone muore in seguito a errori medici. Ammetterli e studiarli può salvare la vita ad altri pazienti.
La cultura dell’errore fa però fatica ad imporsi sulla cultura della sanzione. La Fondazione svizzera per la sicurezza dei pazienti s’impegna affinché le cose cambino.
Meno sicuri dei nostri bagagli in aeroporto: ogni volta che entriamo in ospedale siamo esposti a degli errori e se il più delle volte tutto finisce per il meglio, in un caso su mille siamo letteralmente perduti; l’errore è tanto grave da costarci la vita.
«Il problema esiste, ed è acuto» spiega il dottor Marc-Anton Hochreutener, direttore della Fondazione svizzera per la sicurezza dei pazienti (FSP). Un ospedale è un sistema complesso, dove molte persone lavorano con lo stesso paziente e il moltiplicarsi delle mani e delle menti fa aumentare il rischio. «Non si può risolvere il problema in modo tecnico come si fa per il trasporto aereo dei bagagli. Del resto anche in questo caso l’errore è inevitabile: un bagaglio su 10’000 finisce al posto sbagliato».
Cultura dell’errore
Un atteggiamento pessimista? No, un modo nuovo – e realistico – di vedere le cose. Negare l’esistenza degli errori non contribuisce a farli diminuire; studiarli e parlarne apertamente, sì. «Oggi finalmente si comincia a riconoscerlo» commenta Hochreutener. «Il rischio è la faccia in ombra della medicina moderna: efficace e complessa, ma proprio per questo anche potenzialmente pericolosa».
Tanto pericolosa che, secondo le stime della FSP, in Svizzera le persone decedute in seguito ad errori medici sono almeno un migliaio all’anno, il doppio di quelle che perdono la vita in incidenti stradali.
La casistica degli errori è costellata da scambi di ogni tipo: scambi di paziente, scambi di medicinali (quante pastiglie sono bianche e rotonde!), scambi di parti del corpo (un’ernia operata a destra quando invece era a sinistra), scambi di radiografie… Spesso hanno gravi conseguenze anche gli errori nella comunicazione all’interno dello staff medico e nel rapporto con i pazienti e i loro famigliari.
Per migliorare questa situazione – sono convinti alla FSP – è necessario passare da una cultura della sanzione ad una cultura dell’errore. Raramente gli errori sono imputabili ad un solo individuo; colpevolizzare qualcuno e paventare punizioni come si fa per tradizione porta in un vicolo cieco.
«Le cose stanno lentamente migliorando», commenta Hochreutener, «ma bisognerà aspettare un cambio generazionale per arrivare ad una nuova coscienza professionale. Non è facile comunicare in modo aperto, rinunciare alle punizioni, quando si sono passati 20 anni in un un sistema fortemente gerarchizzato, quasi di stampo militare. Bisogna imparare ad accettare che si fanno degli errori, bisogna vedere in questi ultimi un’opportunità d’apprendimento».
Scambio di esperienze
Nata qualche anno fa, la Fondazione sta facendo un prezioso lavoro di sensibilizzazione e dà una mano concreta agli ospedali formulando dei consigli pratici evinti dallo studio degli errori e dal confronto con le esperienze fatte altrove. Attualmente è sostenuta da 19 cantoni, ma «servono più risorse. In ambito anglosassone» spiega Hochreutener «s’investe dieci volte tanto».
Con l’aiuto di specialisti, la Fondazione ha elaborato una serie di raccomandazioni e pubblicato un manuale per gli ospedali.
«In chirurgia, ad esempio, consigliamo di seguire una specie di promemoria: assicurarsi dell’identità del paziente, marcare con un pennarello la parte da operare, prendersi un cosiddetto “time-out” prima di procedere con il bisturi, ovver prendersi il tempo di ricontrollare ancora una volta tutto».
Banca dati per studiare gli errori
Da nove mesi è attiva anche la banca dati che collega i sistemi di notifica degli errori di una ventina di ospedali. Poche settimane fa è stata messa online la piattaforma web che permette di accedere ai dati e commentarli.
«Con questa rete possiamo fare in modo che un ospedale impari da un altro. Noi poi possiamo constatare quali sono le tematiche più frequenti e approfondirle in seminari specifici», spiega il direttore della FSP.
Nei prossimi mesi partirà anche una campagna volta a migliorare la comunicazione interna allo staff medico. La campagna segue quella incentrata sui problemi d’informazione dei pazienti. La speranza è che non si arrivi più a casi drammatici che lasciano gli ospedali alla volta dei tribunali e delle prime pagine dei giornali.
«Anche se bisogna ammettere», conclude Hochreutener, «che per quanto tragici e problematici, i casi mediatizzati contribuiscono ad aumentare il grado di sensibilizzazione e a legittimare il lavoro della Fondazione. Non dimentichiamo che in Svizzera la gamba sbagliata amputata a Lugano ha dato una spinta al dibattito sulla sicurezza dei pazienti e ha contribuito a farlo prendere sul serio».
swissinfo, Doris Lucini
La Fondazione per la sicurezza dei pazienti è nata nel 2003 su iniziativa della Confederazione, delle principali associazioni professionali del settore sanitario, dell’Accademia delle scienze mediche e del canton Ticino. È pienamente operativa dal 2007.
L’obiettivo è promuovere la sicurezza dei pazienti collaborando con tutti gli attori del sistema, in particolare migliorando le strategie di comunicazione, facendo conoscere le esperienze positive fatte all’estero e contribuendo all’analisi degli errori con l’obiettivo di trarne degli insegnamenti ed evitare che si verifichino di nuovo.
Ha un budget annuale di mezzo milione di franchi.
In Svizzera, il dibattito sugli errori medici negli ospedali si è riacceso nel 2001, quando al Civico di Lugano a un ottantenne viene amputata non la gamba malata ma quella sana. L’uomo muore pochi giorni dopo l’intervento. Per evitare questo tipo di errore la Fondazione per la sicurezza dei pazienti consiglia di marcare con un pennarello la zona in cui il chirurgo deve intervenire.
Nel 2004, all’Ospedale universitario di Zurigo una donna muore dopo che le è stato trapiantato il cuore di un donatore con un gruppo sanguigno non compatibile. Il caso è sotto gli occhi di tutti, perché la vittima aveva accettato di essere accompagnata nel suo percorso verso un cuore nuovo dalle telecamere della Televisione della Svizzera tedesca.
La tragedia avrebbe potuto essere evitata. L’anestesista, infatti, aveva espresso dei dubbi sulla compatibilità dei gruppi sanguigni, ma poiché c’era un ok dall’alto – basato come si è visto poi su un malinteso – le sue osservazioni non sono state prese in considerazione.

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