
«Il latino è un valore-rifugio»

Una vera mobilitazione popolare ha convinto il governo ginevrino a tornare sui suoi passi: la presenza del latino nei programmi scolastici non sarà indebolita. Ma perché studiare questa lingua è ritenuto ancora oggi importante?
17’003 firme in un mese e mezzo: è il risultato dello sforzo dei docenti di latino del canton Ginevra, insorti contro la proposta dell’esecutivo cantonale di stralciare la materia dai programmi del settimo anno del ciclo d’orientamento (allievi 13enni).
Il comitato promotore della petizione ha raccolto consensi anche oltre i confini cantonali: le adesioni, grazie a un’attiva campagna condotta in Internet e su Facebook, sono infatti giunte pure dalla Svizzera germanofona e dal Ticino. L’esito insperato dell’azione di sostegno – i promotori miravano a 10’000 firme – ha quindi convinto il governo a modificare il progetto.
«Il risultato ottenuto ha stupito noi per primi: ci siamo resi conto che per molte persone il latino è come l’oro, cioè un valore-rifugio. Una parte importante della popolazione ritiene infatti questa lingua un punto di riferimento», rileva Claude Antonioli, docente di latino al Liceo Rousseau di Ginevra.
Ginnastica mentale
«Più che una lingua morta, il latino va considerato una lingua madre. Studiandolo, l’allievo acquisisce una prospettiva storica, culturale e nel contempo – per esempio nel caso dell’italiano – riesce a comprendere meglio le basi linguistiche e grammaticali della sua lingua», sottolinea Andrea Jahn, vice-presidente dell’Associazione svizzera dei filologi classici nonché professore di latino al Liceo di Lugano 1.
Andrea Jahn ricorda poi che «in un mondo come quello attuale, caratterizzato da esigenze di tipo tecnico ed economico, occuparsi in maniera approfondita della traduzione contribuisce certamente a migliorare la padronanza della lingua di arrivo».
Claude Antonioli aggiunge: «Il grande pregio dello studio delle lingue antiche come il greco e il latino è l’aspetto… avventuroso. Occuparsene significa infatti interrogarsi di continuo in merito al senso di una parola, alla sua posizione nella frase, alla migliore traduzione. La persona è quindi obbligata a prendere costantemente delle decisioni, ciò che costituisce un sicuro vantaggio nel percorso formativo. Non si è quindi trattato di una battaglia per tutelare una visione passatista della scuola».
Unico neo: «Chiaramente si tratta di un processo faticoso i cui risultati non sono immediati: per tradurre Tacito servono parecchi anni di preparazione…».
C’è chi dice no
Elsbeth Stern, professoressa di didattica al Politecnico federale di Zurigo, esprime da anni riflessioni critiche relative allo studio del latino. Sulla base delle sue ricerche, la docente tedesca ne mette fortemente in dubbio il reale vantaggio per l’apprendimento delle lingue moderne e lo sviluppo del pensiero logico. A suo parere, sarebbe molto più importante investire risorse nell’insegnamento delle scienze esatte come la matematica.
Inoltre, in una recente intervista Elsbeth Stern ha affermato: «Il fatto di aver studiato latino fornisce un’informazione sul candidato a un posto di lavoro indicativa tanto quanto il colore dei suoi capelli». A giudizio della professoressa, valutare positivamente la presenza del latino nel curricolo è internazionalmente superato e indice di un certo snobismo culturale.
Secondo Jahn, invece, «il latino è una materia che educa al rigore, alla costanza e alla formalizzazione del pensiero. Si tratta di qualità sicuramente apprezzate sul mercato attuale del lavoro, anche se ovviamente il latino non costituisce l’unico criterio per l’assegnazione di un impiego».
D’altronde, evidenzia Antonioli, «altri studi mostrano al contrario come chi ha studiato greco o latino ottiene in seguito risultati migliori rispetto ai non-latinisti e ai non-grecisti».
In merito al concetto di utilità, Jahn osserva: «Molto dipende da come definiamo ciò che “utile”. Sono convinto che insegnando materie “inutili” – come le lingue antiche, la letteratura, le arti – si trasmettono conoscenze e una disciplina mentale che risulteranno preziose anche nel mondo moderno, tecnologico e produttivo. Ovviamente questo vale anche per altre materie, come appunto la matematica: non si tratta di determinare quale è la più utile».
Opportunità per tutti
I docenti di latino rifiutano assolutamente l’etichetta di materia elitaria: «Oggigiorno lo studio delle lingue antiche non rappresenta più un requisito di ceto sociale. Anzi, è fondamentale che a tutti gli studenti sia offerta la possibilità di seguire queste lezioni», afferma Andrea Jahn.
«Quello che abbiamo difeso e che difendiamo – conclude Antonioli – non è certo un privilegio di classe, bensì l’opportunità per tutti gli allievi di riflettere in una dimensione diversa, in cui possono prendersi un po’ più di tempo per pensare».
Nella Confederazione non esistono dati dettagliati a livello nazionale sugli studenti di latino.
Infatti, le riforme scolastiche cantonali e nazionali degli ultimi anni rendono difficile una valutazione globale dell’evoluzione del numero di studenti.
Tra questi occorrerebbe considerare anche quelli che dopo un certo numero di anni lasciano lo studio del latino, ma continuano con quello del greco fino alla maturità. Nel complesso, comunque, la percentuale di allievi che conseguono una maturità liceale con latino si situa attorno al 10%
A livello internazionale, stando ai dati dello studio «Latino perché? Latino per chi?» realizzato dall’Associazione culturale TreeeLLLe e presentato nel 2008 all’Università Luiss di Roma, gli studenti italiani che seguono corsi di latino alle scuole superiori sono il 41% del totale, ciò che costituisce un record mondiale.
Negli Stati Uniti, infatti, studia il latino solo l’1,3% degli studenti superiori, in Francia sono il 3%, in Germania tra il 5% e l’8%, in Gran Bretagna tra l’1% e il 2%. Soltanto la Grecia raggiunge il 25%.
In tutti questi Stati, però, lo studio del latino è facoltativo (con alcuni margini di obbligatorietà in Grecia), mentre in Italia persiste l’obbligo in molti corsi superiori.
L’esame di latino Latinum Helveticum è proposto dalla Commissione svizzera di maturità ed è riconosciuto dalle università svizzere per l’ammissione a tutti gli indirizzi di studio che richiedono conoscenze di questa lingua.
L’esame comprende una prova scritta e una prova orale. La prova scritta dura tre ore e consiste nella traduzione, dal latino nella prima lingua della sessione di esame, di un testo in prosa di circa 180 parole tratto da un’opera di Cicerone, Sallustio, Tito Livio o Seneca.
La prova orale dura 15 minuti e consiste nella traduzione esplicativa di una quindicina di versi in esametri o distici, tratti dal corpus di almeno 400 versi di Virgilio, Orazio od Ovidio.

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