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Ostaggi: cosa può fare il CICR?

Negoziatori si avvicinano al teatro dove sono sequestrate centinaia di persone Keystone

In un teatro della capitale russa continua l'odissea degli ostaggi dei ceceni. Le autorità russe hanno chiesto l'aiuto di Michel Minnig, capo delegazione del CICR a Mosca.

In una situazione simile nel 1996 a Lima il suo ruolo era stato determinante.

Giovedì mattina le autorità russe hanno contattato il CICR spiegando che auspicavano la presenza del loro capo delegazione in seno alla cellula di crisi, creata subito dopo la presa d’ostaggi.

Michel Minnig e uno dei suoi collaboratori si sono messi in contatto con il commando ceceno, pure interessato a questo incontro. I due uomini sono così entrati nel teatro per motivi “puramente umanitari”, portandosi dietro una prima razione di medicinali.

Venerdì mattina i membri del CICR hanno accompagnato fuori dal teatro almeno 8 ragazzi che i sequestratori hanno accettato di liberare.

Alla domanda di swissinfo se il CICR è chiamato a svolgere un ruolo di mediazione, Annick Bouvier, portavoce dell’organizzazione, non vuole sbilanciarsi: “Non si può escludere niente ma in questo momento non è il caso”.

La lezione peruviana

L’esperienza di Michel Minnig potrebbe rivelarsi molto preziosa. Nel 1996 il vallesano dirigeva infatti la delegazione del CICR a Lima (Perù), quando un gruppo di ribelli prese in ostaggio 600 persone all’ambasciata del Giappone.

Per tutta la durata della crisi, 126 giorni, aveva fatto da mediatore. La tragica vicenda si era conclusa con la morte di un ostaggio, due militari e con l’uccisione dei 14 ribelli.

Nella Rivista internazionale della Croce Rossa Minnig aveva scritto alcune riflessioni sul ruolo di “intermediario neutro”, come quello da lui svolto a Lima e il cui epilogo gli è certo ritornato alla mente in queste ore.

Per il CICR, aveva scritto, “il ruolo di legame fra le parti deve essere esclusivamente umanitario, cioè apolitico”. Tuttavia, visto che i delegati fanno fronte sia alle conseguenze della violenza che alle sue origini, l’esigenza di neutralità è ancora più grande.

Condannare e aiutare

Un dato di fatto che ci viene confermato da Antonella Notari, responsabile dell’informazione al CICR: “E’ assolutamente necessario che tutti capiscano che il nostro intervento è strettamnente umanitario”. L’affermazione sembra chiara ma, spiega Antonella Notari, “è una linea difficile da seguire”.

Lo si vede bene nel caso di Mosca: il CICR si trova davanti ad una presa d’ostaggi, che condanna fermamente. Inoltre, non è escluso che i membri del commando siano pronti a tutto, anche a sacrificare la loro vita.

In queste condizioni è difficile immaginare come l’organizzazione umanitaria possa far correre ai propri delegati rischi minimi senza tener conto di tutti i parametri della situazione.

La scorsa primavera, durante la presa d’ostaggi nella basilica della Natività a Betlemme, in territorio palestinese, il CICR aveva scelto di non intervenire, per mancanza di garanzie di sicurezza sufficienti.

A Mosca, se disponesse di tutte le garanzie necessarie e beneficiasse dell’appoggio esplicito di tutte le parti, il CICR potrebbe mettersi a disposizione per un’altra forma d’impegno, sempre che si riveli utile agli ostaggi. In attesa di una decisione, si limita ad azioni strettamente umanitarie e puntuali.

Restano le parole pronunciate nel dicembre del 1996 dall’ex presidente del CICR, Cornelio Sommaruga, dopo l’assassinio di sei delegati in Cecenia: “Se accettiamo che l’intollerabile si perpetui nell’indifferenza, allora l’intollerabile diventerà la norma”.

Bernard Weissbrodt, Ginevra

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