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Vizi e Piaceri in 11 secoli di arte

Martin Parr, Luxuri, 2008. Kunstmuseum Bern

Come è cambiata l'importanza dei 7 vizi capitali e il concetto di peccato nel corso dei secoli? Il Kunstmuseum di Berna e il Centro Paul Klee propongono una risposta nella mostra in comune "Vizi e Piaceri". La vasta iconografia raccolta offre una visione globale del tema, mettendone in luce la grande attualità.

Fino all’età moderna quello dei 7 vizi capitali è stato un tema molto presente e dibattuto negli ambiti interessati a illustrare precetti morali. Ma nel corso del 19° e 20° secolo la quasi totale perdita d’influenza della dottrina morale ed ecclesiastica nella vita sociale ha fatto supporre che questo concetto fosse diventato obsoleto.

L’imponente esposizione concepita e proposta dal Kunstmuseum e dal Centro Paul Klee di Berna sembra invece dimostrare che l’argomento non solo non ha perso di attualità ma ha addirittura suscitato un grande interesse soprattutto tra gli artisti contemporanei.

“Quando ci è venuta l’idea di occuparci dei vizi capitali, dopo un po’ di indagini abbiamo scoperto che erano state fatte delle mostre, ma sempre un po’ parziali e, curiosamente, più dal punto di vista dell’arte contemporanea che dell’arte storica”, spiega a swissinfo.ch uno dei 3 curatori Samuel Vitali. “Allora abbiamo deciso di fare un progetto che desse una visione globale del tema, dagli inizi nel medioevo fino alla contemporaneità.”

Obiettivi

La lunga e ricca tradizione iconografica dei 7 vizi capitali viene proposta in un primo capitolo introduttivo che ripercorre in modo cronologico la storia dedicata ai cicli. Nelle 7 sezioni successive, ciascuna dedicata a uno dei vizi, le opere attinenti al tema sono presentate in una forma più libera.

Ogni sezione è aperta da dipinti storici -appartenenti per lo più all’arte fiamminga del 5-600, molto sensibile alle questioni morali- e poi completata da lavori contemporanei che svelano la continuità della problematica e, attraverso un gioco di comparazioni, mostrano come è cambiata l’importanza dei vizi e la nozione stessa di peccato nel corso dei secoli.

“Un nostro obiettivo era anche illustrare come questi vizi hanno mantenuto una certa attualità”, spiega Vitali. “Se alcuni sono stati quasi sdoganati -come la lussuria che nella cultura moderna dell’ovest non è più considerata ne’ un vizio ne’ un peccato, anzi, c’è chi se ne fa vanto-, altri sono tornati con la loro accezione negativa proprio in questi anni, come l’avarizia, che è considerato uno dei grandi mali del capitalismo attuale.”

Ma ricordiamoli tutti questi 7 peccati, nella sequenza istituita da papa Gregorio il Grande che per primo alla fine del 6° secolo cominciò a parlare di vizi capitali. Essi sono: Superbia, Invidia, Ira, Accidia, Avarizia, Gola e Lussuria.

Nomi e opere di grande valore

In 11 secoli di storia dell’arte la lista degli artisti che si sono confrontati, non solo con la rappresentazione dei vizi esprimendo anche dei giudizi morali, ma che hanno trattato proprio il tema dei 7 peccati capitali, è straordinariamente lunga e piena di sorprese.

Oltre a tutta una serie bellissima e molto preziosa di codici manoscritti che mostrano come il concetto astratto di vizio venisse spesso personificato da figure allegoriche femminili accoppiate più tardi anche da animali simbolici, sono esposti anche dipinti di grande valore della scuola fiamminga e olandese realizzati da artisti come Adriaen Brouwer (1605/06-1638), Jan Steen (1626-1679), Jacob Jordaens (1593-1678), che rinunciano ai motivi simbolici e illustrano i vizi attraverso scene e figure di genere tratte dalla vita quotidiana.

Nei dipinti di Jacob Lucasz (1634-1682) e Hendrik Martensz Sorgh (1611-1670) le scene di vita quotidiana si arricchiscono di elementi simboli, mentre gli oli di Paul Rubens (1577-1640) e Otto Dix (1891-1969) prendono spunto da scene bibliche, come quella di Caino e Abele o di Davide e Saul. Di stampo secessionista sono invece la personificazione del peccato dipinta da Franz von Stuck (1863-1928) e anche i disegni erotici di Gustav Klimt (1862-1918), mentre grotteschi e carichi di ironia sono quelli di Paul Klee (1879-1940).

Sguardi contemporanei

Numerosi gli artisti contemporanei di spicco. Tra i loro lavori di grande effetto è Vices and Virtues (1993-1988/2008), l’installazione di Bruce Nauman che illumina la facciata del Kunstmuseum e nella quale le scritte al neon dei 7 peccati capitali lampeggiano sovrapponendosi in modo dinamico con quelle delle loro contrapposte virtù, incitando a una riflessione sul confine e la validità di questi concetti morali.

Particolare interesse desta anche la foto di Andreas Gursky del 2008 che documenta l’agitazione alla borsa del Kuwait. Inserita nella sezione dedicata all’Avarizia questa immagine di etnografia sociale mostra come le complesse transazioni finanziare dei nostri giorni abbiano soppiantato la figura ricorrente nell’iconografia del passato della vecchia megera intenta a contare il suo denaro. Degno di nota anche il video di Anna Witt, inserito nella stessa sezione, che documenta invece la fragilità della regole sociali mostrando come gli istinti profondi normalmente repressi possono essere molto facilmente risvegliati.

Indicative della trasformazione del concetto di superbia sono anche le serie fotografiche di Martin Parr (2007-08) e Daniela Rossell (2000-02) che si concentrano sull’ostentazione della ricchezza dell’alta società. “La superbia oggi continua a essere considerata un atteggiamento spesso sbagliato quando si tratta di razzismo, oppure anche una vanità vuota, che è quella che sostanzialmente viene evidenziata dalle foto di Paar”, precisa Vitali. “Però quello che oggi è rimasto un po’ in soffitta è l’idea della superbia contro dio, che invece era la principale accezione della superbia durante tutto il medioevo.”

Altre curiose e significative rappresentazioni moderne dei vizi, questa volta dell’Accidia, spiccano nel filmato di Bill Viola e nelle foto di Jürgen Klauke che individuano nella televisione l’elemento simbolo dell’apatia dell’epoca contemporanea.

I vizi capitali: regolatori della vita umana

Ciò che emerge da questa esposizione e che trova anche in una sezione conclusiva dedicata al contesto storico e culturale moderno un gran numero di interessanti esempi – come quelli delle campagne di prevenzione contro il fumo e l’eccesso di peso, o ancora quelle pubblicitarie che usano al contrario i concetti sottostanti ai vizi per meglio vendere i loro prodotti -, è che la nozione di vizi capitali oggi è molto più presente di quanto si creda.

“Possiede ancora un’attualità perché anche se alcuni vizi hanno perso la loro virulenza, il concetto di vizio in se stesso continua a servire a dare un senso alla convivenza degli uomini tra di loro, a biasimare certi eccessi e a regolare la vita umana”, sottolinea Vitali.

I 7 vizi capitali non sono più vissuti come dogmi imposti dalla religione ma come regole di comportamento civile prive di connotazioni moraleggianti, di cui in alcuni casi è addirittura lo Stato a farsi apostolo. “Oggi non esistono più un unico modo di pensare e di vivere e dobbiamo trovare dei valori che possano essere accettati da tutti”, conclude Juri Steiner, direttore del Centro Paul Klee. “Ed è molto interessante vedere in questo quadro artistico quali sono i valori che si possono o non si possono accettare in una società plurale.”

Il concetto dei vizi capitali trova la sua origine nella cultura monastica. È il pensatore monaco egiziano Evagrio Pontico a definire alla fine del 4° secolo “8 cattivi pensieri” che distolgono l’essere umano dal suo cammino verso dio.

Questa dottrina viene ripresa e rielaborata alla fine del 6° secolo da papa Gregorio il Grande, che per primo comincia a parlare di vizi capitali. Riduce a 7 la serie degli “8 cattivi pensieri” mettendo la superbia al primo posto in quanto “origine di tutti i mali” da cui discendono tutti gli altri vizi.

Nel corso del medioevo la superbia si fonde con la vanagloria -primo vizio del settenario- e da allora in poi i vizi restano 7. Essi prendono anche il nome di peccati mortali provocando però una cerca confusione perché secondo il catechismo della chiesa i peccati mortali erano un’altra cosa (vi facevano parte ad esempio l’assassinio e l’adulterio).

Per ragioni mnemotecniche nel 13° secolo la sequenza istituita da Gregorio il Grande si è diffusa anche in un altro ordine, ovvero Superbia, Avarizia, Lussuria, Invidia, Gola, Ira, Accidia, perché le prime lettere dei vizi formavano la parola ‘salìgia’ e la gente la poteva ricordare meglio.

“Vizi e Piaceri”, organizzata in stretta collaborazione dal Kunstmuseum di Berna e dal Centro Paul Klee, rimarrà aperta fino al 20 febbraio 2011. Concepita attorno al tema dei 7 vizi capitali la mostra propone un ampio numero di opere che vanno dall’11° secolo ai nostri giorni.

L’esposizione è divisa in 8 sezioni ripartite tra i due istituti. Il Kunstmuseum presenta un’introduzione consacrata ai cicli dei 7 peccati capitali e le sezioni sulla Superbia, l’Invidia, l’Ira e l’Avarizia. Il Centro Paul Klee accoglie quelle sull’Accidia, la Gola e la Lussuria e s’interessa alla questione dell’accettazione o proscrizione dei diversi vizi nella società contemporanea.

Ad illustrare il tema c’è tutta la gamma dei mezzi espressivi dell’arte antica e contemporanea: codici manoscritti, dipinti, grafica, disegni, sculture, fotografie, video, installazioni e proiezioni.

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