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L’UBS nel mirino delle autorità americane

Keystone

Per l'UBS si moltiplicano da mesi i problemi negli Stati uniti. Dopo le perdite dovute alla crisi dei mutui ipotecari, la grande banca è accusata di aver aiutato dei clienti a frodare il fisco. Per la prima volta è finito sotto inchiesta anche un membro della direzione.

Le attività dell’UBS negli Stati uniti si trovano nel mirino delle autorità fiscali e bancarie. In maggio un procedimento giudiziario era stato aperto nei confronti di un ex gestore patrimoniale della banca, Bradley Birkenfeld, accusato di aver incoraggiato dei clienti a frodare il fisco, depositando il loro denaro su conti offshore, ossia in paesi che offrono particolari vantaggi fiscali.

La sentenza nei confronti di Birkenfeld, che si è dichiarato colpevole e ha accettato di collaborare con la giustizia americana, è attesa per l’inizio dell’anno prossimo. In seguito a questa vicenda, nel luglio scorso l’UBS aveva annunciato di voler rinunciare alle attività di gestione offshore dei patrimoni della clientela americana.

A metà novembre gli inquirenti americani hanno aperto un procedimento a carico di Raoul Weil, presidente e amministratore delegato del Global Health Management di UBS. Secondo l’atto di accusa, Weil, che ha diretto il dipartimento estero della banca dal 2002 al 2007, avrebbe aiutato a sua volta clienti americani ad evadere le tasse.

Altre inchieste in corso

Le autorità giudiziarie americane non escludono di mettere sotto accusa altri dirigenti dell’UBS, già confrontata a richieste di risarcimento da parte di centinaia di clienti e ad una serie di inchieste negli Stati uniti.

Oltre al Dipartimento federale della giustizia, anche l’agenzia delle entrate fiscali (IRS) sta infatti indagando da mesi per verificare se la banca e i suoi clienti hanno tentato di sfruttare le lacune legali esistenti, allo scopo di aggirare il fisco.

Un’inchiesta sulle attività finanziarie dell’UBS è stata inoltre aperta dall’autorità di vigilanza della borsa americana (SEC). Sul piano politico, il caso UBS ha attirato anche l’attenzione di una commissione del Senato, che ha deciso di lanciare un’offensiva contro i paradisi fiscali.

Richieste di informazioni alla Svizzera

Con l’atto di accusa nei confronti di Raoul Weil, gli inquirenti americani stanno cercando di far pressione sull’UBS per ottenere informazioni su circa 20’000 clienti che avrebbero evaso il fisco per una somma complessiva di 20 miliardi di dollari.

La banca svizzera ha annunciato di voler cooperare con la giustizia americana. Ma, finora, sia l’UBS che le autorità elvetiche non hanno fornito le informazioni richieste, dal momento che i depositi in questione sono protetti dal segreto bancario.

L’estate scorsa, le autorità fiscali americane hanno consegnato una richiesta di assistenza amministrativa alla Svizzera per ottenere informazioni in merito a 250 clienti dell’UBS. I dossier trasmessi dagli inquirenti americani sono tuttora al vaglio dell’Amministrazione federale delle contribuzioni, responsabile per i casi di assistenza amministrativa.

Il segreto bancario sotto pressione

Al centro degli attacchi lanciati dalla giustizia americana contro l’UBS figura non da ultimo il segreto bancario elvetico, che suscita regolarmente incomprensione negli Stati uniti, anche da parte della stampa. Diversi giornali, tra cui anche l’autorevole New York Times, stentano ad intravedere la differenza tra frode e evasione fiscale, prevista dalle norme legali svizzere.

Secondo il banchiere svizzero Josef Ackermann, responsabile della Deutsche Bank, il segreto bancario sarà sottoposto nei prossimi tempi a sempre più grandi pressioni sia da parte degli Stati uniti che dell’Unione europea.

La Svizzera “ha interesse ad affrontare questo tema in modo offensivo”, ha dichiarato recentemente Ackermann in un’intervista concessa al giornale domenicale NZZ am Sonntag.

Nuovi attacchi in vista

Prima o dopo, sotto la presidenza di Barack Obama, la questione della lotta ai paradisi fiscali rischia di ritornare tra le mani dell’amministrazione e del Congresso americano. Durante la sua permanenza al Senato, lo stesso Obama aveva inoltrato, assieme al collega democratico Carl Levin e al repubblicano Norm Coleman, un progetto di legge destinato a combattere le oasi fiscali, che sottraggono ogni anno miliardi di franchi al fisco americano.

Nei giorni scorsi, Carl Levin ha reagito positivamente all’atto di accusa formulato nei confronti di Raoul Weil. A suo avviso, gli Stati uniti non possono tollerare più al lungo le attività di banche con sede in paradisi fiscali, che aiutano i clienti americani ad evadere il fisco.

swissinfo, Rita Emch, New York
(traduzione e adattamento Armando Mombelli)

Il segreto bancario svizzero garantisce ai clienti delle banche elvetiche la confidenzialità delle informazioni nei confronti dei privati e delle amministrazioni. Analogamente a quanto avviene per i medici rispetto ai loro pazienti, i banchieri sono tenuti a mantenere il segreto sulla situazione finanziaria dei loro clienti.

Il segreto bancario è regolato dalla legge sulle banche (art. 47), che risale al 1934. La violazione del segreto professionale è punita con la detenzione fino a 6 mesi e con multe fino a 50’000 franchi.

Solo in casi eccezionali stabiliti dalla legge (per esempio in relazione ai reati di riciclaggio o terrorismo) il segreto bancario può essere sospeso. L’evasione fiscale non rientra fra queste eccezioni.

La legge svizzera distingue tra evasione e frode fiscale. La prima consiste nell’omettere di dichiarare al fisco una parte della sostanza imponibile o del reddito.

Si tratta di un’infrazione amministrativa perseguita dalle autorità fiscali, e non giudiziarie. Le banche non hanno il diritto di informare il fisco, salvo in caso di un’inchiesta giudiziaria.

La frode fiscale corrisponde invece ad una sottrazione criminale dei contributi per mezzo ad esempio di titoli falsi (certificato di salario, registro degli immobili, ecc.).

È punibile penalmente e gli istituti bancari sono tenuti a collaborare con le autorità giudiziarie, svizzere o straniere.

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