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“Non voglio essere il consigliere nell’ombra di Macron”

Marc Ferracci
© Keystone / Jean-christophe Bott

Marc Ferracci, amico di Emmanuel Macron, è stato eletto domenica per rappresentare, a Parigi, le persone di nazionalità francese residenti in Svizzera e nel Liechtenstein. In questa intervista, l'economista parla dei risultati delle ultime legislative, della sua visione della Svizzera e dei suoi legami con il presidente francese.

In Svizzera, Emmanuel Macron non ha subito nessuna battuta d’arresto. Le persone di nazionalità francese residenti in Svizzera hanno dato ampio sostegno al candidato del partito del presidente (Renaissance) per rappresentarle nella rinnovata Assemblea nazionale. L’economista quarantaquattrenne Marc Ferracci è stato eletto con il 64,97% dei voti, confermando il vantaggio ottenuto al primo turno delle legislative francesi.

Dopo il mandato macchiato da polemiche del deputato uscente Joachim Son-Forget, è una persona vicina al presidente della Repubblica a rappresentare la sesta circoscrizione di francesi all’estero. Marc Ferracci ed Emmanuel Macron sono stati testimoni di nozze l’uno dell’altro. Questi legami sono stati criticati durante la campagna e c’è chi ha parlato di un invio pilotato, un “paracadutaggio” da Parigi di una persona senza legami con la Svizzera.

SWI swissinfo.ch: Lei è stato eletto rappresentante delle persone di nazionalità francese residenti in Svizzera e nel Liechtenstein, con quasi il 65% dei voti, sorpassando ampiamente la rivale di Nupes (Nouvelle union populaire écologique et sociale) Magali Mangin. Cosa rappresenta questa elezione?

Marc Ferracci: È un segnale di fiducia da parte di elettrici ed elettori. La mia elezione conclude una campagna sul campo, durante la quale ho trascorso molto tempo in riunioni pubbliche e incontri in Svizzera con la mia vice, Marie-Ange Rousselot. Grazie alle nostre argomentazioni, è stata accolta l’idea che avrei potuto essere un candidato efficace e utile alle persone francesi in Svizzera. Il buon risultato ottenuto lo rispecchia. Si tratta del miglior punteggio tra le circoscrizioni estere.

Le critiche sul suo “paracadutaggio” non hanno quindi danneggiato la campagna?

Le critiche si sono attenuate durante la campagna. Ci sono persone che continuano a non essere convinte e parlano ancora di paracadutaggio. Penso che continuerà fino a quando non otterremo dei risultati. Ho provato a insistere sul mio metodo per far affiorare le preoccupazioni dei francesi e delle francesi in Svizzera, recandomi sul posto e affidandomi a persone affiliate a Renaissance che vivono nella Confederazione. Inoltre, con la mia esperienza sul funzionamento dell’apparato governativo, potrò far progredire i dossier in modo più efficace rispetto ad altri candidati.

Lei è stato testimone di nozze di Emmanuel Macron. Qual è la sua relazione oggi con il presidente? È una sorta di consigliere nell’ombra?

No, il presidente chiede consiglio a molte persone. Ne faccio parte. Siamo in buoni rapporti, ma il termine di consigliere nell’ombra non si addice davvero a Emmanuel Macron. È un uomo libero, anche se sa ascoltare. In ogni caso, io non cerco di avere questo ruolo.

Ora che è stato eletto, passerà più tempo in Svizzera?

Sì, certo. Mi recherò regolarmente in Svizzera. Forse non tutte le settimane, ma mi sono impegnato ad avere un contatto settimanale con le persone della mia circoscrizione, perlomeno a distanza, in videochiamata. Tuttavia, sarò presente sul campo, anche con la mia famiglia, poiché mia moglie e i miei figli amano la Svizzera. Mi hanno già accompagnato durante la campagna e saranno felici di tornarvi.

Quali sono stati, finora, i suoi legami con la Svizzera?

Ho trascorso un po’ di tempo in Svizzera a titolo professionale. Come economista, ho studiato molto i mercati elvetici. Inoltre, il modello svizzero ha ispirato il lavoro di riforma dell’apprendistato che abbiamo intrapreso all’inizio del primo quinquennio di Emmanuel Macron. La Svizzera, quindi, è stata per me prima oggetto di studio, poi fonte di ispirazione.  Non vi ho mai vissuto, però. Vi ho soggiornato. Vi sono andato a sciare. Ciò naturalmente non soddisfa le persone che ritengono che il mio legame con il Paese debba essere più profondo. Personalmente, penso ci siano altri modi di costruirlo.

Ha dichiarato di aver condotto una campagna sul campo che le ha permesso di comprendere le preoccupazioni delle persone francesi in Svizzera. Quali sono le sue priorità per rispondere a queste preoccupazioni?

Diversi aspetti sono emersi di frequente durante la campagna. Ci sono dei miglioramenti da effettuare nell’ambito dell’accesso ai servizi pubblici e nelle procedure amministrative, per esempio per il rinnovo dei documenti d’identità o per ottenere un certificato di esistenza in vita. Molte persone si preoccupano per questioni legate alla fiscalità dei patrimoni. Diversi genitori sono preoccupati per l’accesso all’insegnamento francese, che non è uniforme sull’intero territorio elvetico. Abbiamo parlato molto di un miglioramento della mobilità transfrontaliera a Ginevra, a Neuchâtel o nel Giura. Per questo dossier sarà necessario un dialogo con gli operatori dai due lati del confine.

Le difficili relazioni tra la Svizzera e l’Unione europea (UE) preoccupano la diaspora. Si impegnerà anche in questo ambito?

In effetti, le relazioni tra la Svizzera e l’UE non sono semplici in seguito all’interruzione dei negoziati sull’accordo quadro nel 2021, ma credo che le cose stiano cominciando a muoversi da parte del Consiglio federale. Questo dossier deve essere portato avanti perché abbiamo bisogno di chiarezza e di sicurezza giuridica, in particolare per i francesi e le francesi in Svizzera. Le relazioni bilaterali tra la Svizzera e la Francia hanno vissuto momenti migliori, ma credo che si possa fare qualcosa anche in questo ambito. Mi impegnerò per questo dossier, ma non voglio sostituirmi alla nostra diplomazia. Preferisco svolgere il ruolo di agevolatore, mettere le persone attorno a un tavolo ed eventualmente fornire un impulso politico per risolvere certi problemi.

Dal 2012, la diaspora francese nel mondo è rappresentata nell’Assemblea nazionale. Dispone di undici seggi, uno dei quali è riservato alla sesta circoscrizione, che comprende la Svizzera e il Liechtenstein.

Marc Ferracci occupa ora questo seggio. Il candidato di Renaissance (prima La République en marche) è stato eletto con il 64,97% dei voti al secondo turno delle legislative di giugno 2022, superando ampiamente la rivale Magali Mangin, di Nupes. Marc Ferracci succede a un ex macronista, Joachim Son-Forget, escluso dal partito presidenziale in seguito a numerosi scivoloni sui media sociali.

Con più di 180’000 membri di cui 123’700 iscritti sulle liste elettorali consolari, quella in Svizzera è la comunità di cittadine e cittadine francesi più importante nel mondo.

Il telelavoro del frontalierato francese in Svizzera è un altro dossier bilaterale importante. Per il momento il regime eccezionale è stato prolungato fino alla fine di dicembre. Intende impegnarsi affinché venga trovata una soluzione sul lungo termine?

Ho avuto personalmente dei contatti telefonici con il ministero dell’economia francese per assicurare questa proroga. Nell’ambito di un’adozione di un quadro perenne, seguirò da vicino l’evoluzione. Bisogna trovare un equilibrio tra le diverse preoccupazioni. Si tratta di aprire al telelavoro in modo più flessibile e accessibile, perché si tratta di una pratica ormai diffusa che può aiutare anche nella decarbonizzazione della nostra economia. Ci sono tuttavia delle questioni che riguardano la perdita di introiti fiscali. Bisognerà trovare una soluzione equa. Cercherò anche in questo caso di agevolare la ricerca di soluzioni.

L’Assemblea nazionale assomiglia ormai a un Parlamento frutto di un’elezione proporzionale. La Francia dovrà trarre ispirazione dalla cultura elvetica del compromesso per governare?

Le circostanze ci obbligano a farlo, ma credo sia positivo, poiché le riforme sono più accettate quando sono presentate ad una coalizione e non solo da uno o due partiti. Il risultato di domenica è stato sicuramente una delusione, ma può essere anche un’opportunità per fare emergere una cultura del consenso che noi auspichiamo da tempo in Francia e che si pratica molto in Svizzera.

Secondo lei, la Francia dovrebbe riformare il proprio sistema politico e introdurre un sistema elettorale proporzionale?

Lo scrutinio maggioritario non impedisce di avere una rappresentanza relativamente equilibrata delle diverse forze politiche. Come ha detto, abbiamo ormai una Assemblea nazionale simile a quella che avremmo avuto con il proporzionale. Non penso dunque che si debba cambiare il sistema elettorale. Bisogna piuttosto lavorare sulla nostra capacità di creare coalizioni prima o dopo le elezioni. Le cose dovrebbero svilupparsi in questo settore. Se vogliamo continuare a cambiare il Paese, saremo obbligati a passare attraverso nuove riforme e bisognerà saper essere convincenti.

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