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Giù le mani dalle officine e dai nostri papà

Operai delle officine con la giacca arancione hanno gridato la loro collera dinnanzi a Palazzo federale swissinfo.ch

Almeno 5'000 persone, venute soprattutto dal Ticino, hanno protestato mercoledì a Berna contro i previsti tagli di personale alle officine di FFS Cargo.

Una piccola manifestazione, ma che lascerà probabilmente delle tracce a livello politico e sindacale. Mai come finora, un’intera regione periferica si è mossa contro un ulteriore tentativo di smantellare il servizio pubblico.

Ad accogliere i manifestanti alla stazione di Berna, vi era innanzitutto un freddo vento polare. Almeno altrettanto gelido dei comunicati che la direzione delle FFS Cargo ha trasmesso due settimane fa, proprio da Berna, agli operai degli stabilimenti di Bellinzona, Friburgo, Basilea e Bienne, per annunciare loro i licenziamenti in massa.

Partiti alle 13 da un piazzale vicino alla stazione, i manifestanti hanno però riscaldato in pochi minuti il clima tra le austere strade medievali della capitale svizzera. Tra canti, slogan, fischietti, corni, striscioni e bandiere colorate e svolazzanti, il corteo ha creato un’atmosfera quasi più rumorosa e festosa, di quanto riescano spesso a fare le sfilate carnevalesche a Berna.

Nella capitale il carnevale non ha una grande tradizione, come a Bellinzona. E nella cittadina ticinese vi è un’altra importante tradizione, a cui tutta la popolazione è molto attaccata: le officine delle FFS, che da oltre un secolo danno lavoro a migliaia di persone.

Promesse non mantenute

“Giù le mani dalle officine. Le officine non si toccano. Resistere, resistere, resistere”, da 5’000 a 6’000 manifestanti – operai, molti di loro giunti con la famiglia, simpatizzanti e sindacalisti – hanno gridato per due ore la loro delusione e la loro rabbia nel centro storico di Berna.

Sotto la Torre dell’orologio (Zytglogge) un gruppetto di giapponesi segue sfilare il corteo con sguardi piuttosto sorpresi. La lotta di classe sarebbe riesplosa nella tranquilla Svizzera, dopo decenni di pace sociale tra padronato e sindacalisti?

“Se oggi faccio 8 ore di treno per venir fin qui dal Ticino, è per dire a questi manager, che ne abbiamo pieni i ‘container’ delle loro promesse. Promettono, promettono e non mantengono mai niente”, ci dice Fiorenzo, operaio da 26 anni delle officine di Bellinzona, accompagnato a Berna dalla moglie e da due figli ancora piccoli.

“Il governo e il parlamento scelgono dei manager che non capiscono nemmeno quello che fanno. E questi manager buttano via i soldi dei contribuenti. Ma se noi andiamo a fondo, un giorno rischiano poi di affondare anche loro”, grida il suo collega Stefano.

Giù le mani dai papà

“Giù le mani dai nostri papà”, sta scritto su uno striscione tenuto da una decina di bambini. Assieme a loro padri, madri, nonni, parenti e amici. Una manifestazione popolare – che si muove al ritmo del “canto dell’officina”, coniato appositamente per sostenere il movimento di protesta – come se ne ricordano ben poche in Svizzera, a memoria di sindacalista.

“È veramente impressionante. Non ricordo di aver visto finora una manifestazione originale come questa, con i bambini e le famiglie. Avremmo dovuto cominciare già una decina di anni fa con queste manifestazioni, quando erano iniziati i primi attacchi al servizio pubblico”, sottolinea André Daguet, vecchio lupo sindacalista ed ex segretario generale del Partito socialista.

“Capita veramente di rado di vedere un movimento di solidarietà così grande, che coinvolge tutto un Cantone, tutta una regione periferica e personalità politiche di sponde diverse”, gli fa eco Paul Rechsteiner, presidente dell’Unione sindacale svizzera. “Credo che questa manifestazione lascerà delle tracce a Berna, sia a livello politico che sindacale”.

Nuova politica ambientale

A Berna, dopo una sosta di una decina di minuti dinnanzi a Palazzo federale, la collera dei lavoratori esce spontanea dai loro polmoni: “Vergogna, vergogna, vergogna”, gridano verso Palazzo federale, dove proprio in questi giorni si riunisce il parlamento per la sessione primaverile delle Camere.

“Ci vuole una decisione politica non solo per impedire alla direzione di FFS Cargo di far pagare ai lavoratori e alle loro famiglie gli sbagli di gestione aziendale, ma anche per cambiare radicalmente la strategia dei trasporti. Non si può continuamente dire che bisogna fare qualcosa per frenare i cambiamenti climatici e poi favorire i camion che inquinano la nostra aria, tagliando le risorse alla ferrovia”, dichiara Ueli Leuenberger, neoeletto presidente del Partito ecologista.

Tra i manifestanti non si intravede quasi nessun politico dei partiti borghesi. Ancora una volta invece in prima fila l’ex deputato socialista Werner Carobbio, che per oltre vent’anni ha rappresentato la sinistra socialista a Palazzo federale.

“Nel Ticino abbiamo già pagato abbastanza negli ultimi anni, tra tagli alla Swisscom, alla Posta ed ora alla Ferrovia. Non si può continuare a concentrare tutta l’economia sull’Altopiano, soprattutto attorno a Zurigo, e sacrificare le periferie in questo modo. Poi sono gli stessi partiti borghesi che ci chiedono di sostenere gli accordi bilaterali con l’UE”.

Un tentativo di capirsi meglio

Prima di risalire sui treni speciali, i manifestanti si radunano per la loro ultima tappa sulla Piazza degli orfani (Waisehausplatz), che sembra dimostrare simbolicamente il senso di abbandono degli operai delle officine.

“Spero che, con questa manifestazione, la gente nel resto della Svizzera possa capire che cosa vogliamo e per che cosa ci battiamo. Forse vi è stato finora anche un problema di comunicazione: qui a Berna si sentono di solito soltanto le argomentazioni dei manager, ma ben di rado quella dei lavoratori e della gente delle regioni periferiche”, si augura Anna, venuta anche lei da Bellinzona.

“Le officine appartengono alla Confederazione e quindi a tutti noi”, sono tra le ultime parole che risuonano tra le strade di Berna. Poi i manifestanti si dirigono verso la stazione per risalire sui treni speciali. Nella capitale lasciano dietro di loro per almeno un’ora non pochi ingorghi in alcune strade del centro città. Una piccola rivincita della rotaia sulla gomma.

swissinfo, Armando Mombelli

Il 7 marzo il responsabile delle FFS Andreas Meyer ha presentato un vasto programma di ristrutturazione per FFS Cargo (trasporto di merci). L’ex regia federale ha registrato nel 2007 una perdita di 190 milioni di franchi.

Complessivamente, il piano di ridimensionamento prevede la soppressione di 401 impieghi. La manutenzione delle locomotive dovrebbe essere progressivamente concentrata a Yverdon (Vaud). La manutenzione dei vagoni merce dovrebbe invece essere affidata ad un partenariato tra FFS Cargo e il settore privato.

Le FFS vogliono poi concentrare a Basilea il centro d’informazione ai clienti e i servizi per le ordinazioni e gli appalti. I piani prevedono pure la soppressione del centro di servizio alla clientela di Friburgo e la sua integrazione nella centrale di FFS Cargo.

All’annuncio di questa ristrutturazione, gli operai delle officine di Bellinzona hanno indetto uno sciopero di durata indeterminata. A Friburgo le azioni di protesta sono state sporadiche.

In attesa del dibattito in parlamento del 19 marzo, i piani delle FFS sono stati sospesi. L’incontro del 15 marzo tra i dirigenti delle FFS e il comitato di sciopero delle officine di Bellinzona non ha permesso di giungere ad alcun accordo.

FFS Cargo ha chiuso l’esercizio 2007 con una perdita globale di 190,4 milioni di franchi (87,9 di perdita operativa e 102,5 di accantonamenti), a cui seguirà l’eliminazione di 401 posti di lavoro.

Il settore d’attività «Internazionale» ha fatto registrare complessivamente un risultato negativo di 47 milioni, mentre il settore «Svizzera» ha perso 7 milioni. Il resto della perdita (35 milioni) è originata dal settore «manutenzione».

Nel 2007 sono state trasportate attraverso le Alpi svizzere 39,5 milioni di tonnellate di merci (+3,5% rispetto al 2006), di cui il 64% ha viaggiato su rotaia; una percentuale che, seppur resti la più alta d’Europa, è diminuita di due punti rispetto al 2006.

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