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Un’attivista bernese combatte la violenza domestica con l’IA

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Il chatbot Sophia fornisce sostegno alle vittime di violenza domestica. Keystone/DPA/Karl-Josef Hildenbrand


Il suo chatbot vuole offrire un aiuto accessibile alle vittime di violenza domestica ed è stato premiato dalle Nazioni Unite. Incontro con Rhiana Spring.

La storia del chatbot Sophia nasce da un’esperienza vissuta da Rhiana Spring durante il suo periodo come collaboratrice dell’ONU in Senegal: all’epoca cercò invano di garantire a una ragazza rifugiata l’accesso alla scuola.

Supporto in 25 lingue

Solo un incontro casuale con una dipendente dell’ambasciata svizzera in Senegal portò al risultato sperato. Fu lei a riuscire a iscrivere la ragazza. “Per me era incomprensibile che l’aiuto dipendesse da così tante coincidenze”, racconta Rhiana Spring. Le fu chiaro che mancava un ponte efficiente tra chi si trova in difficoltà e le offerte di aiuto adeguate.

Questa consapevolezza fu determinante quando, nel 2021, Rhiana Spring lanciò il chatbot, Sophia. È un’interlocutrice digitale che mette in contatto le persone vittime di violenza domestica con centri specializzati, creando un collegamento tra chi ha bisogno e chi può aiutare. “È un programma di conversazione disponibile in 25 lingue e attivo 24 ore su 24.”

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Sempre disponibile – il chatbot Sophia scrive messaggi, offre consigli e indirizza le vittime verso centri di accoglienza per donne e uomini. Printscreen sophia.chat

Il chatbot offre un modo anonimo per informarsi sui segnali di abuso e sulle possibilità di aiuto, raccogliere prove o pianificare una fuga. “Il dialogo con Sophia funziona in modo simile a ChatGPT e si presenta come una normale chat.” Ma la bernese precisa: “Non è un numero di emergenza – chi ha bisogno di aiuto immediato deve contattare la polizia.”

Nel luglio 2025, il chatbot ha ricevuto il riconoscimento “AI for Good Impact Award 2025” dalle Nazioni Unite. “L’ONU ha detto che il nostro chatbot è una delle migliori soluzioni di intelligenza artificiale al mondo”, afferma Rhiana Spring. Il premio non porta denaro, ma apre porte. “Siamo stati invitati dal consigliere federale Ignazio Cassis a una conferenza con ambasciatrici e ambasciatori per presentare Sophia.”

Fondare un’azienda IT a 17 anni

Il fatto che il chatbot si concentri sulla violenza domestica è legato alle conversazioni che Spring ha avuto con molte donne: il problema è urgente. “La violenza domestica esiste in ogni Paese, in ogni forma di società, in ogni classe sociale”, dice Rhiana Spring. Molte vittime tacciono e, per paura o vergogna, non cercano aiuto. “Con Sophia vogliamo abbattere queste barriere.”

Discutiamone insieme:

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L’impegno di Rhiana Spring per i diritti umani ha radici profonde. Già da bambina, mostrava un forte senso di giustizia. E presto si è rivelato anche il suo spirito imprenditoriale: a 17 anni ha imparato a programmare da autodidatta e ha fondato una propria azienda IT.

Dopo la laurea in giurisprudenza in Inghilterra, ha lavorato come esperta di diritti umani nelle Filippine, in Etiopia e in Senegal. “Solo chi vive a lungo all’estero impara a conoscere davvero la propria cultura”, afferma Spring.

Un’app contro i commenti sessisti

Torniamo al chatbot premiato. Finora Sophia ha raggiunto oltre 41’000 utenti in 172 Paesi. “Il riconoscimento dell’ONU ci dà slancio. Ora vogliamo portare Sophia in tutto il mondo”, dice Rhiana Spring.

La Confederazione sta lavorando all’introduzione di un numero di emergenza per le vittime di violenza domestica. Inizialmente, il servizio avrebbe dovuto essere operativo da novembre 2025. Ora, per motivi legali e tecnici, l’avvio è stato posticipato almeno a maggio 2026.

Nel frattempo, Rhiana Spring e il suo team internazionale stanno lavorando in parallelo al prossimo progetto: un’app che aiuta a rispondere in modo breve e ironico ai commenti sessisti. “Sophia combatte la violenza domestica come sintomo”, spiega Rhiana Spring. “Ora voglio fare un passo avanti, arrivare alle radici della violenza contro le donne.”

Per Rhiana Spring, questo significa affrontare il sessismo quotidiano. Anche qui, sottolinea, c’è ancora molto da fare.

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