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Lo strano comportamento del ministro di giustizia elvetico

Dalla Turchia Blocher ha sollevato un nuovo polverone politico in Svizzera Keystone

Il ministro di giustizia Christoph Blocher avrebbe dovuto difendere e non criticare l'articolo antirazzismo elvetico durante il suo viaggio in Turchia. Lo afferma un noto giurista svizzero.

Intervistato da swissinfo, Marcel Niggli, professore all’Università di Friborgo, dice di trovare bizzarro che affermazioni simili siano state fatte durante un viaggio ufficiale all’estero.

Mercoledì, durante il suo viaggio ufficiale in Turchia, il consigliere federale Christoph Blocher ha apertamente criticato l’articolo 261bis del Codice penale svizzero (CP) che reprime la discriminazione razziale e la negazione dei genocidi. Dopo avere dichiarato che la suddetta norma gli fa venire «il mal di pancia», il ministro di giustizia e polizia elvetico ha aggiunto di considerarla in contraddizione con la libertà d’espressione.

In patria, queste affermazioni hanno sollevato un vero e proprio polverone politico.

Giovedì, il ministro degli interni Pascal Couchepin ha giudicato «inaccettabile» la presa di posizione di Blocher. Dal canto suo, il presidente della Confederazione Moritz Leuenberger, si dichiara sorpreso e assicura che il governo discuterà della vicenda durante la sua prossima seduta, prevista fra due settimane.

La giustizia elvetica ha aperto due procedure contro altrettante personalità turche che hanno negato il genocidio armeno del 1915 per presunta violazione dell’articolo 261bis, in vigore dal 1994.

«Nessuno avrebbe immaginato che a causa di questa norma un eminente storico sarebbe finito davanti ai giudici», ha detto Blocher al suo omologo turco Cemil Cicek, aggiungendo che il Dipartimento federale di giustizia e polizia (DFGP) «esaminerà come fare per evitare che in futuro altri casi del genere si ripetano» ma che spetterà comunque al parlamento e al governo decidere le eventuali modifiche da apportare all’articolo.

swissinfo: Christoph Blocher ha affermato che l’articolo antirazzismo è in contraddizione con la libertà d’espressione. Qual è la sua opinione?

Marcel Niggli: Si sbaglia, visto che in più occasioni la Corte europea dei diritti dell’uomo ha deciso che i casi di razzismo non sono protetti dalla libertà d’espressione.

swissinfo: Non trova strano che l’articolo 261bis CP provochi il mal di pancia al ministro di giustizia?

M.N.: Sì, mi sembra un’affermazione alquanto sorprendente, soprattutto perché fatta all’estero. Generalmente, quando si è contrari a una norma, si fanno delle proposte a livello nazionale per modificarla. Ma fintanto che le modifiche non sono state effettuate, essa deve continuare ad essere applicata.

swissinfo: Non spetterebbe proprio al ministro di giustizia difendere la legge invece di criticarla come ha fatto Blocher?

M.N.: Sì, perché la legge è stata discussa in parlamento, poi accettata in votazione dal popolo elvetico. L’Unione democratica di centro (UDC – destra nazionalconservatrice, ndr.), il partito di Christoph Blocher, ha tentato a più riprese di fare stralciare questo articolo dal CP ma non ci è mai riuscita. È quindi chiaro che la maggioranza nel paese vuole che la norma antirazzismo rimanga in vigore e il ministro dovrebbe difendere questa posizione.

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swissinfo: In quale misura pensa che il ministro elvetico, con le sue dichiarazioni volesse attirare le simpatie della Turchia?

M.N.: Effettivamente questo elemento ha avuto un certo peso. Da parecchi decenni la Turchia insiste nell’affermare che non vi è stato alcun genocidio di armeni. Ma in Svizzera, stando ai criteri legali di definizione del genocidio, tale domanda non dovrebbe nemmeno essere posta perché appare evidente che il genocidio c’è stato.

swissinfo: Quali ripercussioni vi saranno su Blocher?

M.N.: Non credo che queste affermazioni avranno importanti conseguenze. Il ministro di giustizia elvetico non è nuovo a simili proteste. Eppure questo suo comportamento non ha mai avuto particolari conseguenze.

swissinfo: Crede che Blocher sarà disposto a rassegnare le dimissioni dal Consiglio federale se vi saranno degli appelli in tal senso?

M.N.: No, perché il comportamento mostrato in Turchia è lo stesso di sempre. Blocher rappresenta più gli interessi del suo partito che quelli del governo nel suo insieme.

swissinfo: La situazione che è venuta a crearsi in Svizzera in seguito a questo affare è negativa per il paese?

M.N.: Con un governo composto da sette ministri trovo giusto che nel caso in cui al suo interno non si trovi un consenso, non si mostrino poi all’esterno queste divergenze. Non è certo positivo che un ministro di giustizia critichi una legge elvetica durante un suo viaggio ufficiale all’estero.

Intervista swissinfo: Robert Brookes
Traduzione: Anna Passera

L’interpretazione storica di quanto accaduto alla popolazione armena tra il 1915 e il 1919 è da anni all’origine di tensioni tra la Turchia ed altre nazioni europee, tra cui la Svizzera.

I parlamenti di diversi Stati – tra gli altri Francia, Russia e Italia – hanno riconosciuto il massacro come genocidio.

Nel 1987 è stato il turno del Parlamento europeo. Nel 2003, il Consiglio nazionale (Camera bassa del Parlamento svizzero) ha fatto altrettanto. Il Governo elvetico ha preferito parlare di “deportazione” e “massacro”.

La norma penale antirazzista è stata adottata nel 1994, in particolare per prevenire atti di revisionismo.
Nel 2005, le autorità elvetiche hanno aperto due inchieste contro lo storico turco Yusuf Halacoglu e il politico Dogu Perinçek, accusati di avere negato il genocidio armeno del 1915.
Per gli armeni le vittime di questa tragedia sono state 1,8 milioni. I turchi parlano invece di 200’000 morti.
In Svizzera, chi nega, minimizza o cerca di giustificare un genocidio viola la legislazione antirazzista.

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