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Piemonte e Svizzera, fidanzati da secoli

Costruita nel 1880, la fabbrica di birra Boringhieri era all'epoca uno degli edifici più imponenti di Torino Immagine messa a disposizione dagli autori del libro

Militari, architetti, artisti, artigiani, banchieri, industriali… Gli svizzeri che hanno lasciato una traccia in Piemonte sono molti. Questa eredità è ora raccolta nel volume intitolato "Svizzera – Piemonte, un confine che unisce".

“Quando ero piccola, mi ricordo che ero colpita dai nomi stranieri di alcuni dei nostri grandi produttori. Questi nomi facevano però talmente parte del nostro territorio, che la riflessione si fermava lì”. Le considerazioni di Mercedes Bresso, presidente della Regione Piemonte, sono probabilmente condivise dalla maggior parte dei piemontesi.

Che la storia della Svizzera occidentale e del Piemonte si siano intrecciate fin dalla notte dei tempi, malgrado gli ostacoli naturali che dividono le due regioni, è un fatto relativamente noto. Il ducato di Savoia, ad esempio, nel XV secolo dominava gran parte dell’attuale territorio della Svizzera francese.

Meno noto è invece il lascito dei vari Pictet, de Fernex, Geisser, Leumann, Abegg, Wild, Kind, Boringhieri, Caratsch… Personalità che, oltre ad aver segnato la storia del Piemonte e di Torino in particolare, avevano anche un’altra caratteristica comune: erano tutte di origine svizzera.

Colmare una lacuna

Una lacuna che ormai è stata colmata grazie ad alcuni membri della colonia elvetica di Torino. Il volume “Svizzera-Piemonte, un confine che unisce”, presentato l’8 febbraio alla Galleria civica d’arte moderna e contemporanea di Torino, ritraccia i rapporti secolari tra Confederazione e Piemonte e soprattutto illustra l’importante contributo di molti svizzeri in ambito architettonico, industriale, finanziario, militare, sportivo…

“Il nostro obiettivo era di riunire in un insieme organico varie informazioni sparse qua e là”, ha spiegato Gualtiero Büchi, coordinatore scientifico dell’opera.

Il volume racchiude i saggi di 18 autori, tra cui alcuni discendenti di queste famiglie svizzere stabilitesi in Piemonte.

“L’idea è nata qualche anno fa in modo casuale. Tra le altre cose, questa opera ha il pregio di basarsi anche su una documentazione spesso inedita, proveniente dagli archivi famigliari”, ha aggiunto la coordinatrice editoriale Carla Gütermann, pronipote di Napoleone Leumann, un imprenditore svizzero che nel 1875 fondò un cotonificio a Collegno, alle porte di Torino.

Mercenari…

Ad inaugurare la presenza elvetica su vasta scala in Piemonte furono, come in molte altre regioni europee, i soldati. La visita di Palazzo Reale di Torino inizia nel Salone degli Svizzeri.

Qui sostava la guardia del corpo del Duca di Savoia, i cosiddetti Cent Suisses de la Garde, la prima unità permanente composta da mercenari elvetici istituita nel 1597 da Carlo Emanuele I e sciolta nel 1831.

Questa piccola truppa d’élite era solo la punta dell’iceberg: nel 1748 ben quattro reggimenti di mercenari svizzeri – per un totale di 10’600 uomini – erano al servizio del Re di Sardegna.

Tra i militari illustri va ricordato in particolare il brigadiere ginevrino Gabriel Pictet, a cui nel 1774 re Vittorio Amedeo III affidò l’incarico di istituire un nuovo corpo per la sorveglianza delle frontiere e il controllo delle dogane, che prese il nome di Legione delle truppe leggere. Un corpo destinato a un brillante avvenire, diventato oggi la Guardia di Finanza.

… artisti ed artigiani

In ambito architettonico, l’impronta lasciata a Torino dalle maestranze svizzere e luganesi in particolare è considerevole.

Nel suo saggio, Maria Vittoria Cattaneo ricorda che nel XVII secolo, stando ad una ricerca di Giuseppe Dardanello nel 1995, il 70% degli appalti controllati dall’amministrazione ducale erano affidati ai luganesi.

Le decorazioni in stucco di Palazzo Reale, di Villa della Regina e di diversi altri edifici importanti, ad esempio, furono effettuate in gran parte dai luganesi Pietro e Pietro Filippo Somasso, mentre la ristrutturazione della Venaria all’inizio del XVIII secolo fu affidata all’architetto di Bissone Michelangelo Garove.

Anche in ambito gastronomico, diversi svizzeri svolsero un ruolo di primo piano, in particolare esercitando i mestieri di confettieri e cioccolatieri.

Banchieri ed industriali

In tempi più recenti, la colonia elvetica ha contribuito in maniera importante al decollo industriale del Piemonte, come ha ricordato Mercedes Bresso.

I banchieri ginevrini de la Rüe e i sangallesi Geisser, ad esempio, furono tra i finanziatori di Camillo Cavour nella costruzione di diverse opere importanti, come le linee ferroviarie Torino-Alessandria o del canale artificiale per l’irrigazione della pianura tra il Po e il Ticino.

La prima ondata di imprenditori confederati, attivi in particolare nel settore dell’industria cotoniera, si insediò in Piemonte nella prima metà dell’Ottocento. La seconda ondata giunse dopo l’appello lanciato nel 1865 dalle autorità torinesi, che per il timore suscitato dal trasferimento della capitale a Firenze avevano invitato i capitalisti stranieri ad avviare attività nella regione.

In Piemonte si assistette così a tutta una fioritura di stabilimenti svizzeri: la Stamperia Ackermann a Omegna e Crusinallo (1876), il Cotonificio Leumann a Collegno (1876), la Filatura Vittorio Bass (1884), il Cotonificio Wild & Abegg a Borgone Susa (1881), la Tessitura F.lli Büchi a Caluso (1884), per citarne alcuni.

E per opera di uno svizzero, l’engadinese Giacomo Bosio, nacque pure nel 1845 la prima vera e propria fabbrica di birra. Sul finire del XIX secolo la birreria, divenuta Bosio & Caratsch, era famosa a livello mondiale, da un lato per il metodo di fabbricazione basato sull’uso di luppolo e orzo senza aggiunte di alcol, dall’altro per l’introduzione della bottiglia.

E dalla birra iniziò la sua avventura un’altra famiglia svizzera di Torino passata alla storia, i Boringhieri, conosciuta soprattutto per l’omonima casa editrice specializzata nella divulgazione scientifica fondata nel 1957 da Paolo Boringhieri.

Una sfilata di nomi illustri che il console svizzero a Genova Hans-Ulrich Tanner ha commentato così: “Recentemente ho letto una frase che diceva che un paese come la Svizzera difficilmente può influenzare gli eventi nel mondo. Mi ha disturbato molto, perché ho pensato a tutti quei cittadini elvetici diventati un pilastro dei paesi che li accoglievano. Questo libro si riferisce precisamente a questi svizzeri”.

Ed oggi?

I legami tra Svizzera e Piemonte sono tuttora vivi, anche se, come ha indicato Mercedes Bresso, “negli anni più recenti si sono un po’ allentati, forse anche a causa del difficile processo di adesione della Confederazione all’Unione Europea”.

Secondo Giacomo Büchi, professore di economia all’Università di Torino e console onorario di Svizzera nel capoluogo piemontese, le relazioni transfrontaliere sono comunque sempre intense, in particolare a livello economico.

“Proprio in questi giorni avremo un incontro con la Camera di commercio perché c’è la volontà di organizzare presto un convegno tra aziende svizzere e piemontesi per determinati settori di punta. Nel mio ruolo di professore universitario mi sono occupato ad esempio dell’incubazione di un’impresa che collabora con il CERN presso l’Università di Torino e credo che sia proprio in questi ambiti dove conta molto la ricerca e lo sviluppo che si possa instaurare una collaborazione proficua”.

Daniele Mariani, Torino, swissinfo.ch

Il volume “Svizzera-Piemonte, un confine che unisce” dedica anche due saggi ai piemontesi che hanno cercato rifugio in Svizzera dopo l’armistizio del settembre del 1943.

Uno dei rifugiati più illustri fu Luigi Einaudi, eletto presidente della Repubblica nel 1948, un sostenitore del federalismo che in Svizzera trovò “un modello per la futura Federazione europea”, come scrive Francesca Pozzoli.

La Svizzera rappresentò anche la salvezza per circa 6’000 ebrei, tra cui 300 piemontesi. Tra di essi anche molte personalità famose, tra cui ad esempio Giulio De Benedetti, redattore politico de La Stampa, Anna Levi Montalcini, sorella di Rita Levi Montalcini, Adriano Olivetti, proprietario dell’omonima azienda, il filosofo Umberto Segre…

Tra gli svizzeri entrati di diritto nella storia del Piemonte vi è anche Adolfo Kind, figlio di un pastore protestante, giunto a Torino nel 1891.

Proprietario di una fabbrica di lucignoli e stoppini, Kind era anche un grande appassionato di montagna. Nel 1897 fu uno dei primi a calzare degli sci – o meglio degli ‘ski’, come si diceva all’epoca – nella regione.

Kind fece rapidamente dei proseliti e nel dicembre del 1901 fondò il primo Ski Club Torino, di cui divenne presidente.

Chi desidera il volume “Svizzera-Piemonte, un confine che unisce” può rivolgersi al Consolato di Svizzera a Torino.

L’indirizzo è il seguente:

Consolato di Svizzera
Via della Consolata 1 bis
10122 Torino

Tel: 0039 011 59 55 09
Fax: 0039 011 436 52 74
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