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Adesione all’Unione europea: NOMES decide se ritirare o meno la propria iniziativa

Sì all'Europa Keystone

Dopo il no del parlamento al controprogetto del governo, questo sabato a Berna il Nuovo Movimento Europeo Svizzero (NOMES) è riunito in assemblea straordinaria per decidere se ritirare la controversa iniziativa «Sì all'Europa».

In seguito al rifiuto di qualsiasi compromesso alle Camere federali, e nell’attesa che il Governo fissi la data della votazione popolare, i delegati del movimento NOMES sono chiamati oggi a prendere una difficile decisione. Devono pronunciarsi sull’opportunità o meno di ritirare il testo dell’ iniziativa che chiede l’apertura immediata di negoziati con Bruxelles per l’adesione della Svizzera all’Unione europea (Ue).

Avendo però da tempo vincolato l’ipotesi di un eventuale ritiro dell’iniziativa all’adozione da parte del parlamento di un controprogetto che riaffermi con forza l’obiettivo strategico dell’adesione all’Ue e con chiarezza i suoi tempi, la testardaggine dei senatori ha finito per ridurre al minimo i margini di manovra, condannando i promotori dell’iniziativa a restare arroccati sulle loro posizioni, seppur consapevoli dei rischi che comporta una votazione popolare da tutti considerata persa in partenza. Non fosse altro che per mantenere vivo nel paese il dibattito sulla questione europea ed assicurargli l’attenzione dei mass media.

Dopo la votazione del 21 maggio, vero e proprio spartiacque nel processo di integrazione europea, quando a stragrande maggioranza (67,2 percento) il popolo ha approvato gli accordi bilaterali con Bruxelles, il parlamento si era ritrovato sul tavolo questa iniziativa, detta anche «dei giovani». Lanciata sulla scia dell’ormai storico rifiuto di aderire allo Spazio economico europeo (SEE) del 6 dicembre 1992, è stata presentata ufficialmente nel 1996 e chiede al Consiglio federale di riattivare la domanda di adesione all’Ue depositata nel maggio del 1992 e sospesa all’indomani del «no» popolare.

Tre scuole di pensiero si sono allora ritrovate a confronto. La prima, sostenuta oltre che da NOMES, con differenti sfumature da socialisti, ecologisti e sindacati è quella dei cosiddetti «euroturbo» che chiedono l’apertura di negoziati prima della fine della legislatura (quindi già nel 2002 o comunque non più tardi del 2003), con il governo tenuto a redigere un elenco delle riforme politiche e sociali necessarie.

La seconda, definita degli «eurorealisti», proposta dai cristiano-democratici e sostenuta in parlamento da sinistra, verdi, due terzi dei cristiano-democratici, un terzo dei radicali e liberali, ricerca un compromesso che spinga i giovani a ritirare la loro iniziativa. L’idea è che rafforzando il pallido controprogetto indiretto del Consiglio federale con un calendario che fissi le date del processo d’integrazione, si forzerebbe l’esecutivo ad accelerare i tempi dell’apertura di negoziati, auspicati nella prima metà della legislatura seguente (2004-2005). Con il vantaggio di poter inoltre ponderare l’esperienza fatta con i primi anni di applicazione degli accordi bilaterali.

Infine la variante del Consiglio federale che, alla ricerca di una proposta che consenta al popolo di respingere l’iniziativa senza che il risultato suoni come un nuovo «no» all’Europa, riafferma l’obiettivo strategico di aderire all’Ue, scongelando però la domanda di adesione al momento politicamente più propizio. Nell’ipotesi più audace la prossima legislatura. Nella più prudente, a dopo il referendum facoltativo sulla libera circolazione delle persone previsto per il 2008. Considerato che la procedura dovrebbe durare circa 4 anni e mezzo, il voto definitivo del popolo sull’adesione slitterebbe dunque ad una data compresa tra il 2008 ed il 2012.

Ci si aspettava che le Camere si allineassero alla posizione del Governo, oppure alla proposta dei cristiano-democratici, partito chiave su tale questione. Il sostegno popolare agli accordi bilaterali ha però messo le ali ai piedi ai sostenitori dell’adesione.

Cogliendo un po’ tutti di sorpresa, lo scorso mese di giugno, la commissione di politica estera del Consiglio Nazionale ha deciso di sostenere l’iniziativa dei giovani e sollecitato il Consiglio federale ad avviare trattative con Bruxelles ancora durante l’attuale legislatura.

Mentre il Governo ribadiva di considerare prematura una votazione popolare sull’adesione in un contesto giudicato poco favorevole, la commissione esteri del Consiglio degli Stati respingeva a larga maggioranza e senza controprogetto l’iniziativa, ritenendo prerogativa dell’esecutivo la scelta dei tempi in cui avviare le trattative con l’Ue.

Ancora nella sessione estiva il parlamento discuteva pure il controprogetto indiretto presentato dal Consiglio federale nel gennaio del 1999, che colloca l’adesione tra gli obiettivi strategici, ed anche quello proposto dal Partito Cristiano-Democratico, che chiede di scongelare la domanda di adesione alla fine di questa legislatura così da poter avviare trattative in quella seguente.

Al termine di un dibattito durato più di dieci ore, i deputati hanno infine respinto con 113 voti contro 61 e 9 astenuti l’iniziativa “Sì all’Europa” ed accolto con 99 voti contro 84 il controprogetto proposto dai cristiano-democratici, che lascia al Governo la libertà di decidere il momento più opportuno in cui proporre l’adesione all’UE, ma fissa un calendario suscettibile di accelerarne i tempi. Più prudenti, i senatori concludevano il dibattito bocciando con 29 voti contro 16 anche questa alternativa.

Contrariamente alle aspettative, la pausa estiva non ha modificato le posizioni. Andati a vuoto i tentativi di calmare le acque e convincere la Camera dei cantoni a cambiare idea, nella sessione autunnale ai deputati non è restato altro da fare che confermare (praticamente con lo stesso risultato, 97 i voti favorevoli, 83 quelli contrari) il proprio sostegno ad un Consiglio federale alla ricerca di una risposta all’iniziativa dei giovani in grado di evitare il referendum senza legare le mani al governo su di un tema tanto importante quale l’adesione all’Unione europea. Decidendo per la non entrata in materia, a fine settembre il Consiglio degli Stati ha però puntualmente e definitivamente affossato (questa volta con 26 voti contro 15) il controprogetto, aprendo di fatto le porte alla votazione popolare sull’iniziativa «Sì all’Europa».

Come detto, il Nuovo Movimento Europeo Svizzero deve ora giudicare se sia opportuno mantenere l’iniziativa o, tenuto conto del contesto politico, ritirarla perché non ha alcuna possibilità di riuscita. Se le previsioni più positive accreditavano un eventuale controprogetto di una possibile maggioranza del popolo ma non dei cantoni, queste danno a favore dell’iniziativa al massimo un 35 percento dei voti e non più di 6 cantoni.

Entro stasera si attende dunque una raccomandazione definitiva indirizzata al comitato che ha proposto l’iniziativa «Sì all’Europa» e che formalmente è il solo autorizzato a ritirarla. Nel lento processo d’apertura della Svizzera al mondo due date sono intanto però già state fissate. L’appuntamento con le urne del settembre 2001, quando sarà posta in votazione la legge militare che consente di inviare in «missioni di pace» all’estero militari armati, e quello del marzo 2002, quando si voterà sull’adesione della Svizzera all’ONU.

Stefano Castagno

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