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Al lavoro, compagni! Congresso del partito socialista a Lugano

La nuova presidente del PSS, Christiane Brunner, tra i suoi due vice, Christine Goll e Hans-Jürg Fehr. SP-PS

Elezione di Christiane Brunner alla presidenza e dei vice-presidenti Goll e Fehr: è il risultato scontato del congresso del PSS. Ma il vero leitmotiv è stata la volontà di riportare la politica al centro dell’attività del partito.

“AHV statt Statuten“: queste parole, espresse dal delegato ginevrino Albert Rodnik durante la discussione sulla revisione degli statuti del partito, sono esemplari dello spirito che ha dominato sabato e domenica il congresso ordinario del Partito socialista svizzero a Lugano. L’Avs invece degli statuti, vale a dire la discussione politica prima di quella interna. E lo stesso spirito si può leggere nell’appello domenicale della consigliera federale Ruth Dreifuss: “Al lavoro, compagni!”

Dopo due anni di lotte intestine, nel PSS la voglia di ritrovare la coesione necessaria all’azione politica è grande. Le ferite non sono del tutto rimarginate, ma la base è stanca di personalismi e litigi. Non lo è meno la direzione. In Svizzera la destra dell’UDC continua ad occupare l’arena politica, imponendo temi e tempi della discussione politica – e lo spettro di Christoph Blocher aleggia sul congresso, permettendo agli oratori di strappare fin troppo facili applausi. Le riforme strutturali imposte della globalizzazione e dalle innovazioni tecnologiche sconvolgono il mondo del lavoro. E il PSS non intende stare a guardare.

Così, la parte più prettamente politica del congresso, sabato pomeriggio, è stata dedicata alle trasformazioni in atto nel servizio pubblico. Posta, Swisscom, FFS, impiego pubblico stanno subendo trasformazioni radicali, altre sono in cantiere, e il PSS non può certo esimersi dal prendere posizione, tanto più che una buona fetta della sua clientela politica proviene proprio dal servizio pubblico.

In discussione tre risoluzioni: la prima, formulata dal romando Pierre-Yves Maillard, volta ad una conservazione del ruolo prioritario dello Stato nel servizio pubblico; la seconda, di Simonetta Sommaruga, segnata da un atteggiamento positivo verso le privatizzazioni entro certi limiti; la terza, di Susanne Lautenegger e Werner Marti, orientata ad una valorizzazione del ruolo dello Stato nell’ottica però di lasciare al partito lo spazio di manovra necessario di fronte alle riforme ineluttabili.

L’ha spuntata la proposta che meglio ha saputo coniugare principi socialdemocratici e realismo politico, quella di Marti/Lautenegger. Ma la votazione ha reso palese una spaccatura piuttosto netta tra Svizzera romanda e tedesca, tra atteggiamenti assai diversi nei confronti dello Stato: i delegati romandi hanno votato a grande maggioranza la risoluzione Maillard. Una divisione che certo darà da fare alla nuova presidenza.

Senza dubbio soddisfatto il consigliere federale Moritz Leuenberger, che aveva aperto il dibattito sul servizio pubblico: un partito attestatosi alla sua sinistra, ma che non si è arroccato sulla difesa ad oltranza del ruolo dello Stato, è tutto sommato lo scenario più favorevole al suo lavoro in un governo a maggioranza borghese.

Come da copione si è svolto il secondo giorno di congresso, dedicato alle riforme interne del partito e alle elezioni di tre membri del Comitato direttivo e della presidenza. Approvata la revisione degli statuti proposta dal Comitato direttivo, con poche modifiche. In futuro un’Assemblea dei delegati affiancherà le altre strutture del partito, assumendo funzioni che erano del Comitato centrale, ridotto ora a “Commissione di coordinamento” tra sezioni cantonali e PSS. Il numero dei membri del Comitato direttivo sarà ridotto.

Eletta, senza sorprese e addirittura per acclamazione, la nuova presidenza. Toccherà ora a Christiane Brunner e ai suoi vice Christine Goll e Hans-Jürg Fehr tradurre nella quotidianità del lavoro di partito la voglia di politica della base socialista. I presupposti sono buoni, la volontà non manca ed è stata espressa più volte negli interventi dei congressisti. Ma le divisioni interne al PSS, sia ai vertici sia alla base, non sono certo svanite nel nulla. Solo il futuro potrà dire se esse saranno riassorbite in una nuova progettualità politica socialdemocratica.

Andrea Tognina

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