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Due ticinesi alla testa di SEI e FLMO

Renzo Ambrosetti, nuovo presidente della FLMO, a sinistra, e Vasco Pedrina, presidente del SEI Keystone

I due più grandi sindacati elvetici saranno guidati da ticinesi. Vasco Pedrina è stato riconfermato presidente del SEI, mentre alla testa della FLMO Renzo Ambrosetti è stato preferito ad André Daguet.

I rispettivi congressi li hanno designati all’indomani dell’approvazione del «piano guida» per la creazione congiunta di un sindacato interprofessionale. Il tandem ticinese potrebbe tuttavia faticare a trovare il ritmo giusto per far avanzare il progetto: mentre Pedrina vorrebbe pedalare a tutta velocità, Ambrosetti ha la mano pronta sul freno.

I risultati scaturiti sabato a Lucerna dal segreto delle urne, hanno confermato la linea programmatica adottata per alzata di mano nei primi due giorni di lavori dal congresso del Sindacato edilizia e industria (SEI). Il congresso ha infatti eletto al primo turno, con risultati netti, i candidati che sostengono il progetto – da realizzarsi in due fasi – per l’istituzione, insieme alla FLMO, di un sindacato interprofessionale, la cui forma e contenuti saranno stabiliti in via definitiva nel 2004. In pratica il congresso ha dato fiducia alla direzione uscente.

È invece uscita sconfitta la corrente critica, anche se si è detta ugualmente soddisfatta per il dibattito approfondito che c’è stato al congresso e per l’appoggio ricevuto su questioni centrali. Ma sabato i suoi leader sono stati seccamente eliminati già al primo turno. I tre candidati «outsiders» non hanno nemmeno ottenuto il sostegno di tutti i loro proponenti: Beat Jost ha raccolto 48 voti, Pino Sergi 47 e Jean Kunz 46. Il bottino più magro – 45 voti – è andato a Roland Schiesser.

Quest’ultimo era sostenuto dai tre «dissidenti», che a sua volta appoggiava, ma figurava anche sulla lista dei candidati ufficiali. L’Assemblea nazionale dei delegati (ADN) non raccomandava tuttavia di votarlo: lasciava libertà di scelta al congresso fra Schiesser e Hans-Ueli Scheidegger, che lo ha nettamente superato ottenendo 156 suffragi. Oltre a Pedrina, sono stati riconfermati anche gli altri due uscenti: il cassiere centrale Michael von Felten (187 voti) e il segretario Franz Cahannes (162). Come nuovi membri del Comitato esecutivo sono stati designati Bernard Jeandet (179) Andreas Rieger (161), Jacques Robert (174), Hans-Ueli Scheidegger (156) e Rita Schiavi: con 199 voti, l’unica rappresentante femminile in gara ha conseguito il miglior risultato in assoluto. È inoltre la prima donna a diventare vice-presidente del SEI.

Un segnale di cambiamento rivolto alle lavoratrici, che il SEI aspira ad avere nettamente più numerose nei suoi ranghi nei prossimi anni. In questa prospettiva il congresso ha anche soddisfatto le rivendicazioni di introdurre quote femminili per il lavoro politico nelle sezioni e di un posto al minimo al 30 per cento in ogni regione per l’organizzazione del lavoro per le donne.

A Friburgo invece il risultato è stato meno schiacciante: Ambrosetti ha battuto André Daguet per 123 voti contro 106. È il primo ticinese ad accedere alla presidenza del Sindacato dell’industria, della costruzione e dei servizi (FLMO). Con la sua designazione, la maggioranza del congresso ha optato per un presidente disponibile alla creazione di un sindacato interprofessionale in collaborazione con il SEI, senza tuttavia considerarla l’unica ipotesi percorribile, e in ogni caso nettamente contrario ad una fusione fra le due federazioni.

Presentandosi al congresso, Renzo Ambrosetti ha precisato di essere convinto della necessità di cambiamenti all’interno del sindacato per adeguarlo alle necessità presenti e future. Si è pure detto fautore della ricerca di sinergie e dell’eliminazione di doppioni, laddove è possibile. Ma ha messo in guardia dal voler precipitare le cose, «sacrificando sull’altare di una presunta unità» le competenze specifiche e i valori della FLMO. Egli ha insistito sull’importanza di stilare puntualmente dei bilanci dei progetti che si intraprendono, valutando attentamente i risultati: se sono negativi, si devono esplorare altre vie.

Aperto a una fusione con il SEI, il suo rivale André Daguet ha invano tentato di convincere il congresso che le «mezze misure non servono a nulla, ma costano tempo e denaro». Il bernese ritiene che i sindacati elvetici abbiano già perso troppo tempo in discussioni e che adesso occorra agire concretamente per adeguarsi alle trasformazioni avvenute negli ultimi decenni nel mondo del lavoro. Ma la maggioranza non ha condiviso le sue preoccupazioni.

Il congresso si è congedato da Christiane Brunner, che dopo otto anni di presidenza, a norma statutaria, ha dovuto cedere il mandato, sulle note della «Carmen». Werner Funk, decano del comitato direttivo, ha paragonato la ginevrina all’eroina di questa opera che lei adora: passionale, determinata e coraggiosa. Le donne sono salite alla tribuna per offrirle un girasole, simbolo della lotta femminile.

swissinfo e agenzie

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