Aborto: neppure il Nazionale vuole l’obbligo di consultazione
La donna che intende abortire non dovrà presentarsi obbligatoriamente ad un centro di consultazione. Il Nazionale ha adottato giovedì la soluzione elaborata dagli Stati. Il PPD si prepara a lanciare il referendum.
Dopo circa 8 anni di ping pong tra le due Camere, la controversa questione riguardante la depenalizzazione dell’aborto sembra arrivata ad una conclusione, almeno a livello parlamentare. Allineandosi alla decisione presa in settembre dal Consiglio degli Stati, anche il Consiglio nazionale ha respinto, con 116 voti contro 40, il modello di consultazione obbligatoria in caso di interruzione di gravidanza. Sostenuta dai democristiani, il modello chiedeva che almeno tre giorni prima dell’intervento la donna che ha fatto domanda di abortire si sottoponesse ad un centro di consultazione riconosciuto dallo Stato.
Secondo il parere della commissione una simile soluzione è eticamente, giuridicamente ma anche praticamente, inaccettabile. “Non vi possono essere consigli imposti: la libertà responsabile è la sola realtà con cui la donna deve fare i conti”, ha spiegato il portavoce della commissione Jean-Simon Eggly. Una consultazione del genere, oltre a trasformarsi in una pura formalità, entrerebbe inoltre in collisione con i diritti fondamentali, tra cui quello all’autonomia dell’individuo, sanciti nella Costituzione, ha sottolineato la liberale-radicale Dorle Vallender.
Ma per il democristiano Jean-Michel Cina attraverso l’obbligo di una consulenza si tratta di rispettare il principio costituzionale della difesa della vita, un diritto che si deve riconoscere all’embrione. Il modello del PPD non intaccherebbe in nessun caso il diritto all’autodeterminazione della donna alla quale è in ogni caso garantita la libertà di decidere. Una frangia ultraconservatrice, composta da esponenti dell’UDC, ha addirittura avanzato la proposta, nettamente bocciata dalla Camera, di una consulenza medica e psicologica obbligatoria e di permettere l’aborto soltanto nei casi di estrema necessità.
Dopo un lungo dibattito una maggioranza composta da sinistra e PLR ha sostenuto la soluzione della commissione, soluzione che ha fatto propria anche la proposta degli Stati di consentire l’aborto entro le prime 12 settimane e non più 14 come inizialmente proposto della socialista Barbara Häring-Binder, promotrice del progetto di depenalizzazione risalente al 1993. L’unico obbligo previsto ora è quello per il medico che dovrà informare dettagliatamente la donna sulle possibilità alternative all’aborto.
Alcune divergenze tra le due Camere dovranno ancora essere eliminate, ma le decisioni di principio sono ormai prese. L’ultima parola spetterà con ogni probabilità al popolo. Il PPD ha infatti da tempo annunciato, e mercoledì il suo presidente l’ha ancora confermato, che se le proprie rivendicazioni non fossero state accolte avrebbe lanciato un referendum.
Luca Hoderas
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